03 novembre 2006

Un grido d'allarme

Di chi sono i miei dati?

Da Topolino ai nastri lunari perduti

Altro che eterni: i supporti digitali (CD, DVD, dischi, nastri) diventano illeggibili nel giro di pochi anni, e i formati segreti dei file rendono illeggibili i documenti elettronici se non si paga il dazio al proprietario dei segreti. Come i nostri dati rischiano di perdersi: casi vissuti e semplici tecniche di difesa.

Questo testo è accompagnato da una presentazione in formato Impress (OpenDocument).


© 2003-2006 Paolo Attivissimo. Documento liberamente distribuibile purché intatto. Versione 1.1 del 2/11/2006.


Alcuni dei link citati nel testo possono essere diventati obsoleti. Se ne trovate uno che va aggiornato, segnalatelo all'autore presso topone@pobox.com.

1. Abstract

Non abbiamo mai generato, nel corso della storia, tanta cultura quanta ne generiamo adesso. Ma quasi tutta è in formati digitali che saranno illeggibili tra qualche decennio. Viene presentata un'analisi di come tecnologia e leggi attuali stanno paradossalmente rendendo impossibile garantire la trasmissione della nostra eredità culturale a chi verrà dopo di noi e persino già adesso ai nostri figli.

Un CD marcisce dopo vent'anni. Viene già venduta musica con data di scadenza incorporata. Le attuali leggi antipirateria e sul copyright non ostacolano la pirateria ma impediscono la legittima conservazione storica, a livello istituzionale quanto personale.

Il confronto impietoso fra le tecnologie del passato e la rapidissima obsolescenza di quelle attuali impone una riflessione sulle decisioni da prendere per evitare che l'archivio storico del ventunesimo secolo sia, in gran parte, una catasta di bit illeggibili.

2. L'attuale tecnologia digitale...

Non abbiamo mai generato, nel corso della storia, tanta roba digitale quanta ne generiamo adesso. Letteratura (Web), cinema, televisione, fotografia, arte grafica, musica.

In teoria, questo boom tecnologico dovrebbe permetterci di lasciare ai nostri discendenti un patrimonio culturale ricco come non mai.

3. La stessa tecnologia ci ostacola

In realtà, questa tecnologia sta rendendo impossibile garantire la trasmissione della nostra eredità culturale a chi verrà dopo di noi e persino già adesso ai nostri figli.

Se non agiamo subito, rischiamo che la cultura del ventunesimo secolo – le nostre vite, i nostri ricordi, le nostre passioni – semplicemente non sia raccontabile. Non perché cancellata, ma perché illeggibile, sepolta in archivi marciti o di cui nessuno più ha le chiavi.

Questo accadrà – anzi no, sta già accadendo – a causa di una tragica combinazione di tecnologia e leggi. Le stesse leggi e la stessa tecnologia create per stimolare, salvaguardare e tramandare la cultura la stanno in realtà soffocando. Ecco come.

4. L'effimero tecnologico

Siamo abituati a pensare alla tecnologia moderna, specialmente quella digitale, come ad una garanzia di eternità. Una volta portata nel regno elettronico, la nostra cultura – si dice – è protetta per sempre contro il deterioramento e l'invecchiamento. Un bit è un bit e sarà sempre un bit anche tra diecimila anni.

Le vecchie "tecnologie" – se vogliamo chiamarle così – non possono competere con la purezza del digitale. La carta si disintegra, le foto sbiadiscono, le pellicole si sbriciolano, i nastri magnetici si sfaldano, il vinile si deforma piano piano (è un liquido superraffreddato). Il bit è eterno.

Questa è la teoria ripetuta ossessivamente, al punto di diventare un luogo comune. Comperate un CD per sostituire il vecchio disco di vinile perché credete di procurarvi un supporto più durevole e inalterabile.

Purtroppo la pratica dimostra che è vero il contrario.

Nella realtà, finora i documenti dell'era low-tech si sono dimostrati di gran lunga più duraturi di quelli moderni.

Non solo più duraturi, ma anche più facilmente tramandabili, perché i "dispositivi di lettura" necessari per consultarli sono agevolmente disponibili o ricreabili all'occorrenza – e spesso non servono affatto.

Una delle ragioni di questo apparente controsenso è che il bit è sì eterno, ma non lo sono il suo supporto e soprattutto i dispositivi necessari per consultarlo.

Vi chiedo di fare un piccolo esperimento mentale. Se doveste preparare un messaggio per i vostri pronipoti, in modo che possano sicuramente fruirne fra diciamo cinquant'anni, che sistema usereste? Una videocassetta? Un DVD? Un file MP3? Una pagina Web? Oppure.... una busta con dentro un biglietto scritto a mano?

Eh già. Ora il controsenso comincia ad avere senso, vero?

Permettetemi di raccontare qualche episodio a dimostrazione di quanto il problema sia già attualissimo.

5. Il Domesday Book 1

Il Domesday Book è il primo catasto in Europa, fatto compilare da Guglielmo il Conquistatore per censire in dettaglio le proprie terre in Inghilterra a scopo fiscale, nel 1086, come dicono i cronisti dell'epoca, "fino all'ultimo maiale". Un monumento alla burocrazia di 913 pagine, due milioni di parole in latino a censire oltre 13000 località dell'Inghilterra e del Galles.i

6. Il Domesday Book 2

Nel 1983, la BBC e il governo britannico pensarono di celebrare il novecentenario del Domesday Book creandone una versione multimediale, hi-tech, che fotografasse l'Inghilterra del tempo. Un'opera notevole, con mappe interattive, filmati, dati del censimento, descrizione di 24000 località,ii basato su due videodischi (LaserVision ROM) e i primi microcomputer dell'epoca (Acorn BBC Master).

Nemmeno quindici anni dopo, il "moderno" Domesday Book era già illeggibile: i particolari lettori di videodischi e i microcomputer necessari per consultarlo non esistevano più.

Di recente è stato recuperato e trasferito in extremis ai computer odierni soltanto grazie all'eroico lavoro di un gruppo di ricercatori (ironicamente partendo in gran parte dai dati analogici originali su nastro video, non da quelli digitali). Tuttavia è rimasto a lungo praticamente inaccessibile al grande pubblico, non per ragioni tecniche, ma per motivi di copyright.iii Ora è disponibile online (www.domesday1986.com).

Il Domesday Book originale, quello a bassa tecnologia, è ancora perfettamente leggibile dopo quasi mille anni, e senza alcun requisito hardware (basta conoscere il latino, le cui "specifiche tecniche" sono ben documentate). E non ha restrizioni di diritti d'autore, per cui è liberamente consultabile e duplicabile per i posteri. Progresso?

7. I nastri lunari

Ad agosto 2006 si è diffusa la notizia che la NASA aveva perso le registrazioni dello sbarco sulla Luna, diceva Repubblica. In realtà le cose stanno ben diversamente. Seguitemi un attimo: ci vuole un preambolo tecnico.

E' la notte fra il 20 e 21 luglio del 1969. Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono i primi uomini a sbarcare sulla Luna nel LEM (modulo lunare) dell'Apollo 11. La sfida tecnica di farli arrivare fin lì, e di far vedere al mondo l'evento in diretta televisiva, usando la tecnologia dell'epoca, è davvero notevole.

La Luna è a 400.000 chilometri di distanza e gli astronauti hanno a disposizione un trasmettitore TV alimentato a batterie e con un'antennina parabolica da un metro di diametro (le missioni successive adotteranno una parabola più grande, che però richiede mezz'ora di montaggio, ma il primo sbarco è una missione "mordi e fuggi": due ore e mezza di passeggiata sulla Luna e poi si riparte). Il segnale che arriva sulla Terra è debolissimo e gli ingegneri devono fare i salti mortali per riuscire nell'impresa di trasmettere e ricevere le immagini storiche.

Per farcela con la tecnologia analogica dell'epoca, ricorrono a una serie di compromessi qualitativi: bianco e nero anziché colore, immagini a 320 linee di risoluzione anziché le 525 dello standard televisivo NTSC statunitense, e dieci fotogrammi al secondo invece dei normali 30.

Questo però produce un segnale televisivo fuori standard, che occorre convertire al formato televisivo normale. Poiché manca la tecnologia elettronica che oggi consideriamo banale, la conversione viene fatta presso le stazioni riceventi terrestri alla buona, ossia puntando una telecamera speciale verso un monitor che mostra le immagini fuori standard ricevute dalla Luna (un metodo simile a quello usato oggi dai pirati cinematografici più scadenti, che riprendono con la videocamera lo schermo del cinema durante la proiezione).

Fatto questo, il segnale è pronto per la distribuzione via satellite in tutto il mondo, o perlomeno nei paesi che usano lo standard NTSC, perché gli altri dovranno subire un'ulteriore conversione.

Tutto questo meccanismo e la catena di ritrasmissioni comportano un'ovvia perdita di qualità, come in ogni processo analogico, per cui le immagini effettivamente ricevute dalla Luna tramite le grandi antenne di Goldstone (California) Honeysuckle Creek e Parkes (Australia) sono molto, molto più nitide di quelle che arrivano alla fine sugli schermi dei telespettatori.

Di conseguenza, la NASA decide di registrare il tutto direttamente presso i centri di ricezione, usando un apposito videoregistratore in grado di registrare il segnale fuori standard che arriva dalla Luna: bobine di nastro da un pollice che durano quindici minuti l'una. Queste bobine, se decodificate con un apposito lettore, offrirebbero una visione molto più nitida dello sbarco rispetto a quella che siamo abituati a vederci proporre.

Per esempio, qui vedete la stessa immagine nelle condizioni nelle quali è arrivata a Houston (a sinistra) e nelle condizioni originali (a destra, tratta da una foto del monitor a Honeysuckle Creek). La differenza, come noterete, è enorme.

Fine del preambolo. Sono questi i nastri che la NASA ha "perso", o meglio archiviato malamente, nel senso che non sono stati buttati via: sono in archivio, ma non si sa dove di preciso. Non sono filmati inediti, ma semplicemente versioni ad alta qualità delle riprese sgranate già viste e pubblicamente disponibili. In tutto si tratta di circa 700 bobine scatole di bobine riguardanti varie missioni.

Il problema non è soltanto scoprire dove sono finiti, ma di farlo in tempo utile per poterle leggere. Le bobine di nastro magnetico non durano in eterno, e sono passati già quasi quarant'anni. Cosa più preoccupante, siccome sono nastri registrati in formati fuori standard, occorre un lettore su misura: e al mondo ce n'è uno solo, un cimelio vecchio appunto di quasi quarant'anni, presso il Data Evaluation Lab (DEL) al centro spaziale di Goddard, nel Maryland (Stati Uniti). Ma il DEL chiuderà i battenti a fine 2006, se le autorità competenti non cambiano idea. Da qui nasce l'idea dei ricercatori, quasi tutti ex dipendenti NASA, di rendere pubblica la loro caccia ai nastri, che procede da vari anni, nella speranza di convincere le autorità a finanziare ancora il DEL e fornire risorse e permessi per la ricerca degli storici nastri originali.

In attesa che vengano recuperate le bobine (due sono già state trovate), ci sono gli spezzoni girati amatorialmente riprendendo un monitor presso la stazione ricevente di Honeysuckle Creek non su nastro video in chissà quale formato, ma su pellicola superotto (ve la ricordate?) dal tecnico video Ed von Renouard.

8. Media e durate a confronto

Insomma, i media tradizionali hanno ampiamente dimostrato di durare nel tempo per diversi secoli e anche millenni; i media moderni, per contro, hanno già ampiamente dimostrato di non reggere più di qualche decennio.

Durata dei media a confronto

· Testo su pietra: 20.000 (stimati); 4000 anni (verificati)iv

· Testo su papiro: 10.000 (stimati); 2300 (verificati)v

· Testo su pergamena: 5.000 (stimati) 1300 anni (verificati)

· Pellicola fotografica: 500 anni (stimati)vi; 170 (verificati)

· Disco analogico: 1000 (stimati); 130 (verificati)

· Dischetti e nastri magnetici: da 10 a 40 anni (stimati e verificati)

· CD: 100 (stimati); 25 (verificati, con riserva)

Già qui si nota la magra figura fatta dai media tecnologici. Sembra esserci una correlazione fra la sofisticazione informatica di un supporto e la sua deteriorabilità: più è alta la sofisticazione, meno dura il supporto, persino nelle stime. E lo stesso vale per i dispositivi atti a leggere questi supporti. E' inutile avere ancora il supporto se non esiste più la macchina per leggerlo.

Gli amanuensi possono sembrarci tanto primitivi, ma alla lunga hanno ragione loro e gli irresponsabili siamo noi. Verremo sconfitti dalla nostra superiorità tecnologica. Gran parte dell'attuale contenuto multimediale delle nostre biblioteche (quelle pubbliche come quelle domestiche di ognuno di noi) sarà inutilizzabile nel giro di qualche decennio.

La categoria più importante e più inquietante, in questo breve elenco, è costituita dai nastri magnetici. Rivela infatti che è a rischio, fra gli altri, un enorme tesoro culturale: quello costituito dagli archivi di tutte le stazioni radio e televisive del mondo.

Le testimonianze audiovisive registrate dai grandi e meno grandi della nostra epoca non ci sarebbero più fra trent'anni, se non si provvedesse rapidamente alla loro conversione. Una conversione dai costi enormi e non sempre sostenibili: soltanto la RAI, per esempio, deve gestire la conservazione e conversione di circa 600.000 ore di video e 400.000 ore di audio.

Molte emittenti commerciali in vari paesi del mondo hanno semplicemente rinunciato all'impresa per motivi di costo, e quindi il loro patrimonio culturale verrà perso per sempre (penso agli episodi perduti dalla BBC del famosissimo Doctor Who o quelli di Spazio 1999 persi dalla Rai. E' ironico pensare che quel patrimonio sarebbe più al sicuro se fosse stato registrato sulla cara vecchia pellicola cinematografica: una tecnologia analogica che risale a un secolo fa ed è tuttora leggibile.vii La recente riscoperta di alcuni filmati amatoriali di Marilyn Monroe, recuperati dopo decenni di giacenza in soffitta, la dice lunga sulla facilità di recuperare quello che si registra su supporto analogico. Lo stesso discorso vale per i nostri video domestici. Corriamo il rischio di non poter mostrare ai nostri figli i video di quand'erano piccoli. Un superotto, invece, resiste allegramente cinquant'anni.

9. Media a confronto

La situazione, insomma, è riassunta bene da quest'immagine. Il medium di pietra, la Stele di Rosetta al centro, ha già superato di oltre cento volte la durata di tutti gli altri media tecnologici che la circondano.

Lasciando da parte un momento i problemi dei grandi depositari della cultura come biblioteche e archivi televisivi, vorrei tornare a considerare il rischio tecnologico per la nostra cultura familiare già accennato.

A distanza di decenni, possiamo ancora ascoltare i dischi della nostra gioventù e quelli dei nostri padri e nonni. I giradischi, persino quelli a 78 giri, sono tuttora in vendita e comunque si basano su una tecnologia talmente elementare che è intrinsecamente più durevole e comunque facile da ricostruire (resistenze e condensatori si assemblano, i chip richiedono una filiera di produzione immensamente più complessa): l'importante è che il supporto, il disco insomma, non si deteriori col tempo, cosa che il vinile ha ampiamente dimostrato di fare.

Ma possiamo invece garantire che i CD o i DVD saranno ancora ascoltabili fra diciamo sessant'anni, ammesso che sia possibile trovare un dispositivo che li legga? No, perché le previsioni rosee di un secolo di vita si applicano ai dischi digitali preregistrati di alta qualità, conservati in condizioni ottimali. E' sufficiente l'esposizione alla luce, o a un'atmosfera inquinata come quella di molte nostre città, per far crollare quelle previsioni.viii Un test recente ha mostrato che molti dei CD vergini che acquistiamo hanno una durata di meno di due anni.ix

Quindi non potrete certo lasciare in eredità ai vostri figli i CD che vi siete masterizzati o che avete comprato – come dire – disinvoltamente all'angolo della strada. Anzi, molto presto dovrete probabilmente ricomprarli o ricrearli da capo. E intanto il caro vecchio long playing resisterà nel tempo. Meraviglie della modernità.

10. I formati proprietari

Siamo abituati a pensare che un file sia un documento a tutti gli effetti. In realtà non è così: un file è semplicemente la descrizione di un documento.

Per ricreare il documento a partire dalla sua descrizione digitale, occorre che il file venga letto dal programma che l'ha creato o da un suo equivalente.

Il programma, a sua volta, presuppone la disponibilità di un sistema operativo compatibile, e il sistema operativo presuppone la disponibilità dell'hardware compatibile.

E ci vuole una licenza, che magari il venditore non è disposto a concedere. Ci vuole anche, spesso, un codice di sblocco. Ma cosa succede se la società che gestisce i codici di sblocco non c'è più?

Solo quando tutti questi elementi si incontrano diventa possibile fruire del documento elettronico.

11. Formati proprietari, trappola culturale

Tutto questo, quindi, pone un altro ostacolo alla trasmissione della nostra cultura ai posteri. Se scrivete un documento con Word, per esempio, come faranno i vostri discendenti a leggerlo fra cinquant'anni? E' noto che qualsiasi software mantiene la compatibilità all'indietro (ossia è in grado di leggere documenti scritti da vecchie versioni) solo per qualche anno.

Lo stesso problema si pone per i certificati digitali e per tutta la digitalizzazione della burocrazia. I certificati digitali generati oggi saranno leggibili nel 2050? E nel 2200? Carta canta, ma il bit rischia di steccare.

E' inutile avere un bit eterno se poi il software necessario per leggerlo non esiste più e non è ricreabile perché segreto o soggetto a restrizioni di copyright.

Per analogia, non è ragionevole aspettarsi che Windows versione 2050 sia in grado di eseguire i programmi di oggi e quindi leggere, per esempio, un file Word di cinquant'anni prima.

Certo nel 2050 si potrebbe scrivere un nuovo programma compatibile con l'hardware e il sistema operativo del momento: ma per fare questo occorre che le specifiche tecniche del formato del documento siano note e liberamente utilizzabili, in modo da poterle implementare nel nuovo ambiente informatico.

Purtroppo la maggior parte dei documenti oggi in circolazione usa formati cosiddetti "proprietari", le cui specifiche non sono pubbliche o sono soggette a forti restrizioni d'uso. Di conseguenza, qualsiasi documento scritto oggi in un formato che non sia pubblicamente documentato corre un altissimo rischio di diventare permanentemente illeggibile, anche se il suo supporto fisico viene aggiornato costantemente.

E' da questa constatazione che nasce l'attuale spinta verso i formati cosiddetti "aperti", che non siano ostaggio di un singolo produttore di software, che fra cinquant'anni potrebbe anche non esistere più.

12. Protezioni anticopia

Come se non bastassero il deterioramento dei supporti, la rapida obsolescenza della tecnologia necessaria per leggerli e l'ostacolo dei formati proprietari, in tempi recenti sono esplose le protezioni anticopia sui media: videocassette, libri elettronici, musica su CD, film su DVD, videogame.

Sempre più spesso, la fruibilità di un libro, di un disco o di un film è soggetta a restrizioni imposte con l'intento futile di scoraggiare la pirateria. Gli e-book si sono dimostrati un fiasco clamoroso perché realizzati con restrizioni anticopia che impediscono di usarli, appunto, con la stessa flessibilità di un libro normale: non possono essere prestati, richiedono hardware costoso e incompatibile, e quindi di certo non sono tramandabili.

Lo stesso vale per la musica online offerta dai canali regolari delle case discografiche, come iTunes: è soggetta al Digital Rights Management, che la vincola a un unico utente e a un unico dispositivo di lettura. E' l'equivalente di vendere i vecchi dischi a 45 giri con un lucchetto che li lega a un unico giradischi: se si rompe quello, non suonano più.

Ci sono poi protezioni anticopia che danneggiano il computer e lo infettano: è il caso del sistema XCP presente in numerosi CD della Sony, che a fine 2005 ha installato di nascosto, nei computer degli acquirenti, un rootkit (una sorta di virus) che oltre a disattivare le funzioni di copia di CD previste dal costruttore del computer indeboliva le difese (già peraltro scarse) di Windows. E per rimuoverlo occorreva chiedere il permesso a Sony.x

Sono già stati commercializzati CD che contengono musica "a tempo", ossia fruibile solo fino a una certa data. Alcuni dischi vengono protetti introducendo difetti intenzionali nel supporto: difetti che vengono compensati dai lettori, ma riducono ulteriormente la durata già modesta del supporto.

I film su DVD sono cifrati e protetti da codici regionali che impediscono – almeno in teoria – di vederli al di fuori del territorio scelto dal detentore dei diritti. Le videocassette non sono riversabili a supporti più recenti perché protette da sistemi come Macrovision.

Addirittura ci sono console per videogiochi – e mi sembra di poter dire che i giochi elettronici sono ormai parte integrante della cultura – il cui funzionamento è interamente cifrato.

Anche la futura televisione ad alta definizione sarà controllata da restrizioni tecniche: il cosiddetto Broadcast Flag permetterà al proprietario del programma trasmesso di decidere se consentire o meno allo spettatore di registrare quello che sta vedendo.xi

Chiaramente tutto questo non aiuta a garantire la disponibilità di questi prodotti culturali per i posteri. Cosa succede se chi ha le chiavi per sbloccare i sistemi anticopia le perde (tutto può succedere in mille anni) o rifiuta di consegnarle? Come vi sentireste se per esempio Dante avesse protetto i propri capolavori in questo modo e ora sapessimo che esiste una "Divina Commedia", di cui tutti i contemporanei parlano con entusiasmo, ma che ora non possiamo più leggere?

E' possibile che in futuro la tecnologia progredisca tanto da poter scavalcare queste protezioni per forza bruta (molte lo sono già). Sarebbe quindi tecnicamente possibile "liberare" questi media dalle loro catene digitali e permettere agli storici del futuro di vedere e sentire cosa ci faceva ridere, piangere ed emozionare. Ma a questo punto entra in scena la legge, che blocca ogni tentativo tecnologico.

13. Leggi anti-futuro

Infatti scavalcare le protezioni anticopia è illegale, anche quando lo si fa per garantire la conservazione dell'oggetto regolarmente acquistato o per lasciarlo in eredità ai propri discendenti.

Siamo abituati a tramandare ai nostri figli le nostre foto, i nostri libri, le nostre canzoni, i nostri film preferiti. Ma la nostra generazione lo può fare sempre meno. Non perché non sia possibile tecnicamente, anzi, ma perché la legge lo vieta sempre più severamente.

Fra l'indifferenza generale, negli ultimi anni siamo infatti entrati in un'era di castigo senza delitto per quanto riguarda il copyright:

· abbiamo una tassa "antipirateria" sui CD vergini, che paghiamo anche quando non stiamo copiando la musica di nessuno. E' come se si fosse deciso che siccome non riusciamo a prendere i criminali, facciamo fare cinque anni di galera a tutti.

· abbiamo una direttiva comunitaria sul copyright, la EUCD, che ora vieta di copiare i propri dischi anche per uso personale, per esempio per proteggere l'investimento fatto con l'originale o per caricarlo in un lettore MP3 o suonarlo tramite il computer.xii

· la stessa direttiva vieta qualsiasi tentativo, anche il più banale, di aggirare i sistemi anticopia, per qualsiasi motivo, anche per uso personale.

· è illegale vedere un DVD pagato regolarmente ma acquistato al di fuori della zona alla quale appartiene il proprio paese: per esempio, un DVD comperato negli Stati Uniti non è legalmente fruibile in Italia.

· è illegale riprogrammare il proprio lettore DVD in modo che possa scavalcare le pubblicità messe da alcune case cinematografiche all'inizio del disco.

Si potrebbe obiettare che esiste un modo legittimo per passare il testimone ai propri discendenti: comperare il prodotto nel formato in cui è proposto di volta in volta. Noi l'abbiamo comperato in videocassetta? I nostri figli lo compreranno in DVD. E i loro figli in super DVD, e così via. Oppure aspettiamo che scadano i diritti e l'opera diventi libera.

Questo è un atteggiamento miope. Innanzi tutto, non tutto l'archivio musicale e cinematografico viene ripubblicato ad ogni cambio di formato. Alcuni dischi e film diventano semplicemente irreperibili, e se il detentore dei diritti non vuole distribuirli, non c'è modo di costringerlo.

In secondo luogo, è risaputo che le case cinematografiche "ritoccano" gli aspetti divenuti scomodi delle loro opere. Chiamiamola pure col suo nome: censura. Ecco alcuni esempi.

14. Knick-Knack

· Knickknack (1989) è stato ripescato e ripresentato in apertura di Alla ricerca di Nemo, il film di animazione digitale della Disney/Pixar. Con una differenza: la bellezza al bagno concupita dall'omino di neve ha subito una drastica riduzione delle proprie misure di petto ultrapneumatiche. L'effetto comico caricaturale è scomparso, sostituito da forme da lolita che fanno sospettare tendenze un po' pedofile nel candido pupazzetto di neve.

· In molte scene di E.T., i fucili sono stati sostituiti da microfoni.

15. Fantasia

· Persino Fantasia (1940) è stato sottoposto a pulizia in perfetto stile orwelliano perché conteneva un'immagine politically incorrect: una "centauretta" di colore che assiste servilmente un'altra centauretta dalla pelle bianca mentre si fa bella. Ripetete con me: Hollywood non è mai stata razzista.

· Vi ricordate Saludos Amigos, altro celebre cartone Disney? I personaggi che fumavano ora non fumano più.

· I cartoni animati di Tom e Jerry vengono ripuliti in modo da non mostrare più individui troppo riconoscibili come appartenenti a uno specifico gruppo etnico o religioso.

· Persino il primo cartone animato di Topolino, Steamboat Willie, ora circola tagliato: nell'originale prendeva un gatto per la coda e lo faceva roteare, ora non più. Bisogna essere politically correct.

· E che dire di Guerre Stellari, le cui riedizioni hanno cambiato completamente il senso di un personaggio? Han Solo, nell'originale, sparava per primo a Greedo.

E' insomma facile, per Hollywood, sfruttare la legge per alterare la nostra memoria del passato e rifarsi una verginità.

16. Copyright infinito

Anche la strada della scadenza dei diritti è impraticabile.

Negli Stati Uniti, la durata del copyright è stata portata dagli iniziali 28 anni a 95 e, in alcuni casi, anche a 120 anni dalla prima pubblicazione.xiii xiv Per esempio, il brano Tanti auguri a te, pubblicato nel 1935, è sotto copyright fino al 2030, e frutta ancora adesso alla Time Warner circa 2 milioni di dollari l'anno.xv Un film distribuito quest'anno (2006) può restare sotto copyright fino al 2126. Attendere la scadenza dei diritti è quindi impensabile.

Per come stanno le cose adesso – sottolineo adesso – un gruppo di magnati dei media ha le risorse non solo tecniche ma anche legali per decidere di che cosa possiamo conservare una copia e di cosa no. Vogliamo davvero che qualcuno possa dettarci cosa possiamo fare con il nostro videoregistratore? Come possiamo mantenere e tramandare le nostre memorie, le nostre esperienze, se non possiamo conservarle? Non è anche questa una forma subdola di totalitarismo?

Eccoci dunque alla conclusione del paradosso iniziale. La tecnologia e le leggi che dovevano liberare la cultura e tutelare chi la crea e tramanda sono oggi davvero avversarie di questa libertà e di questa tutela. Siamo di fronte all'assurdo che l'unico modo per poter tramandare intatta ai nostri eredi la cultura del 21° secolo è violare la legge, per esempio acquistando una copia pirata (che non ha protezioni anticopia o tagli di censura a posteriori) o realizzandola in proprio.

Ironicamente, i fuorilegge diventano insomma i nuovi conservatori della cultura. Il parallelo con Fahrenheit 451 di Ray Bradbury è inquietante.

Francamente, non so come si possa uscire da tutto questo pasticcio legal-tecnologico. Non ho soluzioni complete pronte da proporre, e di certo non raccomando un ritorno alle tavole di pietra incisa o alla pergamena, anche se c'è chi, nella comunità scientifica, ha già adottato soluzioni analoghe per progetti che per loro natura devono essere a lunghissimo termine.

Faccio solo un paio di esempi: la cartografia stellare ad alta precisione del progetto Hipparcos dell'ESA. In sintesi, questo progetto misura la lentissima variazione della posizione delle stelle e si basa su misurazioni da compiere nell'arco di decenni e poi secoli e addirittura millenni per ottenere risposte sempre più precise. Ebbene, per garantire di conservare i propri dati per secoli, Hipparcos ricorre sia a tecnologie digitali, sia alla stampa di tutti i dati su carta non acida con inchiostri di lunga durata.xvi

Ci sono anche organizzazioni come la Long Now Foundation (http://www.longnow.org), il cui scopo è trovare tecnologie che consentano di tramandare la cultura odierna per 10.000 anni e oltre – una sfida impressionante, a cui rispondono con opere come il Rosetta Disk (http://www.rosettaproject.org/live/disk): un disco di nichel microinciso con tecniche analogiche e leggibile con qualsiasi microscopio.xvii

17. Soluzioni?

Di certo però questa rapida esplorazione del problema rivela alcune strade da seguire:

· occorre prendere coscienza della vita brevissima degli attuali supporti, non solo a livello istituzionale ma anche a livello personale (per la tutela dei nostri archivi di famiglia), e della conseguente necessità di pianificare la migrazione dei loro dati a supporti più durevoli o costantemente rinnovati;

· occorre facilitare quest'opera di conservazione, mediante l'adozione di formati aperti e pubblicamente documentati che non comportino la dipendenza da un unico fornitore (che fra cent'anni potrebbe non esistere più), e in questo senso l'open source, i formati liberi e Linux sono fondamentali;

· occorre una drastica revisione delle leggi sul copyright, attualmente troppo sbilanciate a favore del detentore dei diritti e punitive nei confronti del fruitore, cioè noi;

· Occorre sostenere la "pirateria buona", quella che ci permetterà di tramandare la nostra storia, le nostre foto, le nostre canzoni, i nostri film (che sono nostri) ai nostri figli.

· occorre abbandonare i sistemi anticopia, perché hanno dimostrato di non fare nulla contro la pirateria e di costituire invece una minaccia per la legittima trasmissione della nostra cultura, ed evitare la tentazione del "per ora non fa male".

Conclusione

Il primo passo da compiere è creare la consapevolezza di questi problemi finora trascurati. Io spero di averla stimolata in voi e di avervi dato esempi alla portata dei non tecnici.

Ora sta a voi crearla negli altri, prima di lasciare ai nostri nipoti una catasta inutile di bit illeggibili al posto della nostra memoria storica.

Pensateci, e se il vostro lavoro vi consente di fare qualcosa di concreto in proposito – e so che per molti di voi è così – fatelo. E fatelo subito. Grazie.

Approfondimenti

· Il mito del CD che dura 100 anni: test di durata dei CD e DVD. http://www.rense.com/general52/themythofthe100year.htm

· Consigli per la scelta dei CD registrabili e per la loro conservazione: http://www.cix.co.uk/~davedorn/computing/storage/cdrlifespan.htm

· Test scientifici sulla durata dei CD: http://www.mscience.com/longev.html

· Documento sulla longevità dei CD pubblicato dalla Biblioteca del Congresso USA: http://www.loc.gov/preserv/study%20of%20CD%20longevity.pdf

i http://www.pro.gov.uk/virtualmuseum/millennium/domesday/book/default.htm

ii http://www.atsf.co.uk/dottext/domesday.html, http://www.si.umich.edu/CAMILEON/domesday/domesday.html

iii http://www.si.umich.edu/CAMILEON/domesday/rescue.html; http://www.nationalarchives.gov.uk/preservation/research/rescue.htm

iv http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/middle_east/521235.stm: "US scientists believe they have found the earliest surviving alphabet in ancient Egyptian limestone inscriptions. The letters in a Semitic language, carved in stone cliffs west of the Nile, were found by Yale University Egyptologist, Dr John Darnell. He says they are nearly 4,000 years old, dating from around 1800 to 1900 BC. Dr Darnell and his wife Deborah first found the letters in 1993, carved into soft limestone cliffs in a valley called Wadi el-Hol, beside an ancient road that linked Thebes and Abydos, west of present-day Luxor."

vGuinness Book of Records 1979, p. 94: "The Samarian papyri, written in Aramaic, found 8.5 miles north of Jericho are dated 375-335 BC".

viCreating permanent and Durable Information, Physical Media and Storage Standards, Steven Puglia, National Archives and Records Administration, http://crm.cr.nps.gov/archive/22-2/22-02-10.pdf. "Accelerated aging studies indicate that digital optical media will last between 30 and 200 years... However, the system obsolescence of digital data may be only 5 to 10 years (often less) and is the critical factor in migrating data to new technologies or systems.... A large market is emerging for computer output microfilm for all companies that were early adopters of optical disk storage. These companies are finding the cost of maintenance and migration of optical digital storage prohibitive.

vii 1928 George Eastman demonstrates first color movie.

viii http://palimpsest.stanford.edu/byform/mailing-lists/amia-l/2000/03/msg00126.html: "During the Joint Technical Symposium (JTS2000) in Paris, France a few months ago, results of scientific research were shared that indicate that potentially many CD-R media are not adequately protected by their so-called protective lacquer coatings, causing premature oxidation and the disappearance of the reflective layer in large parts of the CD-R media tested. The primary researcher was Leon-Bavi Vilmont at the Centre National de la Recherche Scientifique (National Center of Scientific Research) in Paris, France.His presentation was entitled "The effect of atmospheric pollutants SO2 and NO2 on CD-ROM and CD-R". [...] the tests were done at 23 degrees C and at 50% relative humidity, which are conditions that match the human comfort zone. The discs were exposed to SO2/NO2 (sulfur dioxide/nitrogen dioxide) at levels of 20/40 ppm and 10/20 ppm. Test results showed that the edges of the reflective layer are attacked first. Aluminum is very sensitive. (We should note that it is also used in DVD 5 (60 nm); DVD 10 (60 nm) on the A side and the B-side). Types of CD-R discs that were tested were: CD-R -1 Phtalocyanine (gold au); CD-R-2 Cyanine (gold au); CD-R -3 AZO (silver ag); CD-R-4 ? (gold au); CD-R-5 ? (silver ag). Question marks denote that the researchers could not determine the material used. The researchers measured BLER, the discs affected turned transparent. Interestingly, some inks and varnishes actually protected the reflective layers visibly, which demonstrates the minimal protection provided by the standard lacquer coating which is on the label side of the discs. After only 25 weeks of exposure there was a significant elevation of BLER to an average of 650 in CD-R 1, with an average BLER of 40 in only 12 weeks, and the data written on it was impossible to read. For CD-R-3 it was also impossible to read data back after 25 weeks, it had an average BLER of 10 after 12 weeks. Only CD-R 4 ? and gold, was unaffected and remained readable. CD-R -2 had an average BLER of 2 and was readable. The duration of the tests was only 25 weeks maximum. This indicates that the ability of reflective materials used to resist oxidation is important but is useless if the protective coating is flawed. Although some researchers like to think that we are dealing with pinholes in the protective coating or the reflective layer, the samples exhibited did not support that assumption. Large areas were affected, turning the disc transparent from the outer edges inward. It also demonstrates that the so-called protective coatings even when UV dried continue to be worthless, and certainly do not provide a hermetic seal as is claimed. [...] If such relatively short exposures to air pollutants caused severe damage in half the discs sampled, we may conclude that the so-called protective layer is insufficient and results in very short archival life expectancy for any content recorded on CD-R and DVD-R media."

ix http://www.cdfreaks.com/news/7751: "The Dutch PC-Active magazine has done an extensive CD-R quality test. For the test the magazine has taken a look at the readability of discs, thirty different CD-R brands, that were recorded twenty months ago. The results were quite shocking as a lot of the discs simply couldn't be read anymore: Roughly translated from Dutch: The tests showed that a number of CD-Rs had become completely unreadable while others could only be read back partially. Data that was recorded 20 months ago had become unreadable. These included discs of well known and lesser known manufacturers. It is presumed that CD-Rs are good for at least 10 years. Some manufacturers even claim that their CD-Rs will last up to a century. From our tests it's concluded however that there is a lot of junk on the market. We came across CD-Rs that should never have been released to the market. It's completely unacceptable that CD-Rs become unusable in less than two years." (PC-Active september 2003, http://www.pc-active.nl/toonArtikel.asp?artikelID=508)

x http://attivissimo.blogspot.com/2005/11/ixt-i-cd-della-sony-infettano-windows.html

xi http://www.wired.com/news/digiwood/0,1412,53835,00.html: "The current fight centers on the "broadcast flag," an application embedded in a digital television signal. When television broadcasts all go digital, movies and television shows will come pre-packaged with meta-tags that allow devices like Tivos and PCs to parse, reshape and share files with relative ease. The broadcast flag would trigger technological roadblocks, preventing digital files from leaving the home."

xii http://news.bbc.co.uk/1/hi/technology/3256945.stm: "For this month, the European copyright directive has come into force in the UK. This puts in place legal protection for companies that try to protect copyrighted products with what is known as a digital rights management (DRM) system - examples include putting errors in music CDs so computer drives can't play them, or locking software until the customer registers online to prove they have permission to use it. The UK's version of the directive is called the Copyright and Related Rights Regulations 2003, and it is being implemented 10 months late. Controversy over the scope of the directive has delayed its implementation in many other European nations, and nine member states have yet to introduce their own versions. The new copyright laws also mean that many of the things we are used to doing, such as playing a music CD on a computer drive or copying tracks to an MP3 player, now fall into a legal grey area. Before the directive was passed, circumventing the copy-protection device - which could be as simple a matter as putting a black pen mark around the edge of the disk - was tolerated. But now that is a breach of the law, even though you otherwise have the right to listen to that CD. Some have pointed out that fast-forwarding through the ads at the start of a DVD now contravenes the law. And using a file-sharing service is an infringement, although one that, as yet, is likely to go unpunished."

xiii"If it is a work-for-hire produced by a corporation, the term is 95 years from publication or 120 years from creation, whichever is shortest. The 120 years would apply to works that had not been published."

xiv http://www.bitlaw.com/copyright/duration.html

xv Happy Birthday to you, by Mildred and Patty Hill, pubblicato nel 1935 e sotto copyright fino al 2030. http://www.snopes.com/music/songs/birthday.htm: "The Chicago-based music publisher Clayton F. Summy Company, working with Jessica Hill, published and copyrighted 'Happy Birthday' in 1935. Under the laws in effect at the time, the Hills' copyright would have expired after one 28-year term and a renewal of similar length, falling into public domain by 1991. However, the Copyright Act of 1976 extended the term of copyright protection to 75 years from date of publication, and the Copyright Term Extension Act of 1998 added another 20 years, so under current law the copyright protection of 'Happy Birthday' will remain intact until at least 2030. Who does own the publishing rights to 'Happy Birthday to You'? They were acquired by a New York accountant named John F. Sengstack when he bought the Clayton F. Summy Company in the 1930s; Sengstack eventually relocated the company to New Jersey and renamed it Birch Tree Ltd. in the 1970s. Warner Chappell (a Warner Communications division), the largest music publisher in the world, purchased Birch Tree Ltd. in late 1998 for a reported sale price of $25 million; the company then became Summy-Birchard Music, now a part of the giant AOL Time Warner media conglomerate. According to David Sengstack, president of Summy-Birchard, 'Happy Birthday to You' brings in about $2 million in royalties annually, with the proceeds split between Summy-Birchard and the Hill Foundation. (Both Hill sisters died unmarried and childless, so the Hill Foundation's share of the royalties have presumably been going to charity or to nephew Archibald Hill ever since Patty Hill passed away in 1946.)"

xvi This was the approach that the Hipparcos Project http://astro.estec.esa.nl/Hipparcos/hipparcos.html, a satellite mission to measure the positions and motions of stars to unprecedented accuracy, chose for their long term archive. As well as electronic storage, they published a paper catalog in books using acid free paper, long duration inks, and a font specially designed to make OCR easy, and then made sure that lots of different libraries, scattered over the world, had copies (http://www.cosmobrain.com/bookstore/atlas.html).

xviiThe design consists of an Earth map at the center with spokes radiating outward holding 27,000 language data pages- 27 pages for each language. The center Earth map has the geographic origin of each language marked with a number that corresponds to the location of the language data in the spokes. An external band of Genesis texts in 8 major world languages (English, Russian, Hindi, Spanish, Hebrew, Mandarin, Arabic, and Swahili) begins at eye-readable scale and slowly tapers down to nano-scale. This tapered ring of major regional languages is intended to maximize the number of people that will be able to read something immediately upon picking up the disk, as well as implying the directions for using the disk - "get a magnifier and there is more". The visual image of the disk will be laser etched, with the data pages micro-etched between the spokes with a process by Norsam Technologies. The Rosetta Disk is held in a four inch spherical container that both protects the disk as well as provides additional functionality. The container is split into two hemispheres with the three inch Rosetta Disk sitting in an indent on the flat meeting surface of the two hemispheres. The upper hemisphere is made of optical glass and doubles as a 6X viewer, giving visual access deeper into the tapered text rings. The bottom hemisphere is high-grade stainless steel. We have machined a hollow cylinder into the bottom hemisphere that holds a stainless steel ribbon for disk caretakers to etch their names, locations, and dates - hopefully creating a unique pedigree for each Rosetta object as it travels through time and human hands. A small punch tool is included for future caretakers to add additional information.



Ringrazio Paolo Attivissimo per questo intervento tanto chiaro quanto inquietante. Le immagini a cui fa riferimento sono scaricabili dall'indirizzo

http://attivissimo.blogspot.com/2006/10/2810-linuxday-cinisello-ci-sono-anchio.html#links

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