30 aprile 2007

Cinema che fa pensare

La spia tedesca e la pietà che vince l'odio


di Andrea Monda da Avvenire 25 aprile 2007

Ogni tanto i giudici degli Oscar del cinema indovinano. Il film del tedesco Florian Henckel von Donnersmarck «Le vite degli altri» è davvero un bel film, struggente e dolente ma anche pieno di profonda consolazione. Mentre guardavo la parabola di questo agente della Stasi che inizia a spiare con disprezzo la vita di uno scrittore e finisce per commuoversi e diventarne l'angelo custode, ecco che una serie di scene, battute, frasi di altri film e romanzi hanno cominciato ad
affollare la mia mente. Innanzitutto mi sono ricordato brano tratto da uno dei grandi romanzi del '900, «Il Potere e la Gloria» di Graham Greene e in particolare la scena in cui il prete protagonista si trova in prigione insieme a una massa di persone tutte ammucchiate al buio.
C'è una donna, una pia donna tutta casa e chiesa che si scandalizza perché un uomo e una donna si stanno accoppiando, quasi animalescamente, in un angolo della grande cella. La donna si lamenta con il prete che, però non riesce a risponderle, a consolarla. Scrive Greene: «Egli non poteva vederla nell'oscurità, ma poteva ricordare una quantità di volti dei tempi passati che si adattavano alla sua voce.
Considerando con attenzione un uomo o una donna, si poteva sempre cominciare a provarne pietà... Era una qualità insita nell'immagine di Dio... Quando si erano vedute le rughe agli angoli degli occhi, la forma della bocca, il modo in cui crescevano i capelli, era impossibile odiare. L'odio era semplicemente una mancanza di immaginazione. Di nuovo egli cominciò a risentire una responsabilità enorme per quella pia donna…». Il senso del film tedesco infatti mi sembra possa essere lo stesso: se guardi il volto di un uomo non puoi restare indifferente.
Quindi mi è venuto in mente un altro bel film, «Collateral», con Tom Cruise che fa la parte del killer, cioè uccide dietro compenso alcune persone che nemmeno conosce. C'è un dialogo che più o meno suona così, quando uno gli chiede: «Come fai a uccidere persone che nemmeno conosci?», il killer risponde: «E come si fa a uccidere persone che già conosci?». Poi ho pensato al bellissimo film «Tucker» di Francis Coppola: c'è una battuta del film quando lo zio Abe, amico e sostenitore di Tucker, gli dice: «A forza di stare accanto a te mi hai contagiato il tuo sogno». Ecco, il film tedesco dice proprio questo: un uomo si trova accanto (anzi, nell'appartamento di sopra) a un altro uomo e inevitabilmente si trova ad esserne «contagiato». Infine mi è venuto in mente un passo del Vangelo: il giovane ricco. Sta scritto infatti che quando il giovane chiede a Gesù cosa debba fare per ottenere la vita eterna, Gesù «fissatolo, lo amò». Mi sembra che in queste tre parole ci sia il senso di tutto: non si può amare senza fissare, non si può fissare senza amare. La contemplazione è l'azione più difficile ma l'unica che dà senso alle nostre altrimenti assurde
esistenze. Le vite degli altri è un film che prende spunto dal tragico non-senso del regime poliziesco della Germania Est prima della caduta del Muro, ma conduce lo spettatore verso qualcosa di più profondo, a quel sentimento di pietà che nasce dalla contemplazione della bellezza, non a caso nella scena-chiave ascoltiamo, insieme al protagonista, una musica struggente e il commenta è: «Sai cosa diceva Lenin dell'Appassionata di Beethoven? "Se continuo ad ascoltarla non finirò la rivoluzione". Può qualcuno che ha ascoltato, veramente ascoltato, questa musica essere davvero una cattiva persona?».

Famiglia

CARA FAMIGLIA

Certo che a sposarsi oggi bisogna proprio amarsi.

Una volta era più facile. C'erano un ragazzo e una ragazza, si
piacevano, e decidevano di passare la vita assieme, per sempre. E poi
c'erano i figli, e si sapeva che occorreva lavorare per tirare innanzi
la baracca. Ma è così che si era sempre fatto. Perchè sì, i soldi
spesso sono un problema, ma un problema da risolvere assieme, contando
l'uno sull'altro.

Adesso non è così semplice. No, non più. Perchè si parte già con
l'idea che non sarà per sempre. Ci si premunisce. E se va male, ci si
chiede? E così ci si riserva un pezzettino. E se il pezzettino non
basta? Allora il pezzettino diventa una bella fetta, e alla fine ognuno
si tiene la sua torta, perchè non si sa mai. I soldi sono importanti,
veramente importanti, e occorre pensarci. Per i figli c'è sempre tempo.
Prima faccio carriera e poi penso ai figli, hai visto quella, ha un
figlio e non ha più tempo di fare niente, e con due il tempo è ancora
meno, terrificante. Non ho tempo. E non ho soldi. E perchè quindi
dovrei sposarmi per dividere il mio tempo e i miei soldi con qualcuno
che sì, vabbè, amo, ma se adesso già a letto non va tanto figurarsi
dopo, e poi comunque mi metterà le corna? Per cui meglio non
impegnarsi, e allora il matrimonio a orologeria, la convivenza già
pronta al fallimento, stiamo insieme un po' così per provare?

No, sposarsi non conviene. Non conviene se quello che conta sono i
soldi, perchè chi è sposato è tartassato molto di più di chi non lo è.

No, sposarsi non conviene. Non conviene se quello che conta è il
sesso, perchè se sei sposato dovresti essere fedele, e addio sesso
libero, e se non lo sei perchè sposarsi?

No, sposarsi non conviene. Non conviene se quello che conta è il
potere, perchè chi è sposato deve dare il tempo alla famiglia e non
alla fabbrica o al partito, o non si trova più una famiglia.

Ma se chi vuole distruggere la famiglia (perchè c'è chi lo vuole, lo
vediamo, lo sappiamo) ha in mano la leva dei soldi, per cui gli sposati
sono come i dhimmi per i musulmani, devono pagare per potere essere
quello che sono; se chi vuole distruggere la famiglia pubblicizza sesso
sesso sesso e quell'amore cariiino che muore dopo un mese; se chi vuole
distruggere la famiglia ha in mano la leva del potere, per cui se non
fai carriera sei fallito...

Cos'è quella strana felicità per cui due giovani decidono di sposarsi,
e vivere insieme la loro vita, e avere figli? Cos'è quella strana
felicità che coloro che hanno come dèi solo i soldi, la lussuria e il
potere odiano e non sanno comprendere? Cos'è quella strana felicità che
dice che il cuore dell'uomo è fatto per quello, per il "per sempre"?

Se ci fate pagare caro l'essere famiglia, noi saremo famiglia lo
stesso. E daremo una mano a chi non ce la fa

Berlicche



Ringrazio A.N. per questo contributo

28 aprile 2007

Divertiamoci un po'...

Il mio amico blogger m1979, per me una fonte inesauribile :-) , segnala un gioco piuttosto interessante: Escapa! E' qui: http://m1979.blogspot.com/2007/04/metti-alla-prova-i-tuoi-
riflessi.html. Mette alla prova non solo i riflessi, ma anche il senso tattico e in generale la capacità di agire "quando non avrai tempo per pensare" (mi pare che fosse lo slogan pubblicitario di un corso di guida sicura, non ricordo bene, ma gli spot radiofonici erano molto carini). Ma state attenti, non riuscirete a smettere facilmente di giocarci! Un po' come capita a me con Tetris (vedi:
http://matteobloggato.blogspot.com/2006/12/tetris.html).

Che ve ne pare?

Ricevo dall'amico M.D.V. il seguente messaggio:


Cambiare il mondo con un click.. sembra una baggianata.

Eppure alcuni di voi hanno forse sentito parlare di "The Hunger Site" sito centrale di un multipla campagna di lotta alla povertà nel mondo ed ai suoi squilibri ecologici e sociali, sponsorizzata dalle Nazioni Unite.

http://www.thehungersite.com

Come funziona? Semplicissimo. Come detto, cliccate sul riquadro colorato dei vari link che vi si presenteranno e le aziende presenti, considerando il numero di visite ed il fatto che avete recepito la loro pubblicità finanzieranno automaticamente il progetto.

Non indugiate, costerà soltanto un minuto del vostro tempo ma con questa piccola azione gratuita potrete fare molto.. (spero)

Io ho inserito il sito come pagina di avvio del browser: sono mesi che quasi tutti i giorni clicco.. magari penso di cavarmela con poco ma sarà sempre meglio che continuare a dire "cosa posso fare" difronte ai servizi che periodicamente ci proiettano in tv!

Per gli scettici ho allegato dei link che approfondiscono i dettagli dell'iniziativa:

http://it.wikipedia.org/wiki/The_Hunger_Site
http://www.bper.it/noprofit/hunger.htm
http://www.unasperanzaperfrancesca.it/bambini/regaliamo_il_tempo.php


P.s. Ovviamente se condividete l'iniziativa.. FATE GIRARE!!!!

A presto (e grazie)



Non è una truffa. La cosa funziona davvero come è scritto sopra. Il problema è un altro. Certe iniziative vanno incentivate perché "è meglio che non fare nulla"? O vanno criticate e combattute perché di fatto invitano a non darsi troppo da fare e a "cavarsela con poco"?

26 aprile 2007

Un'iniziativa da sostenere

L'acqua non è una merce, l'acqua è vita. Come l'aria. Questo dovrebbe essere scontato, ma purtroppo non lo è. La privatizzazione dell'acqua è in marcia. Ma c'è chi sta cercando di fermarla e non con quelle petizioni telematiche che - lo ricordo sempre, anche se divento noioso - possono fare confusione, smuovere le acque, ottenere perfino dei successi (vedi la campagna per l'abolizione dei costi di ricarica dei cellulari), ma non hanno valore legale. Chi sostiene questa iniziativa raccoglie firme vere. Per saperne di più: http://www.acquabenecomune.org/.

25 aprile 2007

Bella ciao

Stamattina mi sono alzato,
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
Stamattina mi sono alzato
E ho trovato l'invasor.

O partigiano portami via
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
O partigiano portami via
Che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
E se io muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir.

E seppellire lassù in montagna,
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
E seppellire lassú in montagna
Sotto l'ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
E le genti che passeranno
Mi diranno o che bel fior.

E' questo il fiore del partigiano
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
E' questo il fiore del partigino
Morto per la libertà.

E' questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà.

24 aprile 2007

Concordo...

Posta prioritaria, M.Travaglio per "Annozero"

ANNOZERO II-7 – Classe operaia 19-4-07

Gentile Luca Cordero di Montezemolo,

lei ha detto che “la ripresa dell’Italia si basa fondamentalmente, se non esclusivamente, sugli imprenditori”, e che bisogna evitare di “disperdere il tesoretto in mille rivoli a scopi elettoralistici”. Poi ha aggiunto che l’aumento di 100 euro di stipendio per i lavoratori è impensabile perché ci metterebbe “fuori dal mercato”. Ora, non trova che fra le due affermazioni ci sia una lieve contraddizione? Se la ripresa è merito delle imprese, le imprese sono composte di lavoratori, non solo di manager. Eppure i manager in Italia guadagnano molto di più dei colleghi del resto d’Europa, i lavoratori molto di meno. E, come diceva l’Avvocato Agnelli: “Se i nostri operai guadagnano poco, le macchine che costruiamo chi se le compra?”.

In Italia un operaio guadagna in media, al lordo, 21 mila euro, contro i 29 mila della Francia, i 32 della Svezia, i 35 del Belgio, i 37 dell’Olanda, i 39,7 della Gran Bretagna, i 41 della Germania, i 42 della Danimarca. Non crede che in un mercato globale si dovrebbero equiparare queste sperequazioni? Tra il 2000 e il 2005, secondo l’Eurispes, in Europa gli stipendi sono aumentati del 20%, in Italia del 13,7. Sbagliano tutti gli altri, o sbagliamo noi? Perché da noi gli stipendi dei lavoratori aumentano ogni anno del 2,7%, mentre quelli dei manager del 17%, otto volte l’inflazione. Le stipendio medio dei primi cento top manager italiani è di 3,4 milioni all’anno: praticamente, 160 volte lo stipendio di un operaio. I manager guadagnano in due giorni quello che un operaio guadagna in un anno.

Lei è molto affezionato al mercato, anche se rappresenta un’azienda, la Fiat, e una corporazione, quella degli industriali, che sono sempre andate avanti a suon di aiuti, sovvenzioni, protezioni, paracadute di Stato. Tant’è che Grillo vi definisce “i veri comunisti”. In ogni caso la Fiat, con le sue mani e con la cassa integrazione, s’è rimessa in sesto grazie a un manager come Marchionne. Che dunque merita tutti i 7 milioni di euro che guadagna all’anno, poco meno di quelli che guadagna lei.

Ma, se il mercato ha un senso, chi ottiene risultati dovrebbe guadagnare molto e chi va male dovrebbe guadagnare poco, o farsi da parte. Mi sa spiegare allora perché il manager più pagato d’Italia è Carlo Buora della Telecom, con 18.860 milioni di euro nel 2006 tra stipendio e liquidazione Pirelli, visto come va la Telecom? E Perché Tronchetti Provera guadagna 7.144, addirittura più di Marchionne che ha risanato la Fiat? Perché Cimoli, che ha così ben ridotto l’Alitalia, guadagna 12 mila euro al giorno, lo stipendio annuo di un operaio, mentre il presidente di Air France guadagna un terzo, anche se la compagnia francese è in attivo mentre la nostra perde un milione al giorno? Per andarsene dopo due anni e mezzo disastrosi (il buco Alitalia del 2006 è 380 milioni di euro), invece di lasciar lì qualcosa, Cimoli ha pure preso 5 milioni di euro di liquidazione. Alberto Lina è l’amministratore delegato dell’Impregilo, l’azienda che ha smaltito così bene i rifiuti in Campania: guadagna addirittura più di lei, nell’ultimo anno ha incassato 7,3 milioni, cioè guadagna in un giorno quel che un suo operaio guadagna in un anno. E voi avete la certezza di restare vivi, mentre gli operai ormai muoiono come le mosche, al ritmo di quattro al giorno. Andare a lavorare, in Italia, è più pericoloso che andare in guerra. Ogni anno muoiono sul lavoro 1200 italiani, la metà delle vittime delle Torri gemelle, meno delle vittime che muoiono in tutto il mondo per attentati terroristici. E un milione restano feriti. Forse un aumento di stipendio potrebbe essere anche un’indennità rischio.

La prima regola del mercato è che tutti rischiano qualcosa, e chi sbaglia paga. Voi top manager, invece, non rischiate mai nulla. Quando avete successo, vi aumentate lo stipendio. Quando fallite, ve lo aumentate lo stesso e, se vi cacciano, ci guadagnate lo stesso con le superliquidazioni. E andate a far danni da un’altra parte. E se non garantite la sicurezza o la salute dei vostri dipendenti, non pagate voi, pagano loro con la vita. Per voi c’è l’indulto. Il 29-9-2000 il Parlamento dell’Ulivo varò la legge delega n.300 che impegnava il governo ad allargare la responsabilità penale non solo alle persone fisiche, ma anche a quelle giuridiche, cioè alle aziende, in caso di corruzione, truffa, reati ambientali e infortuni sul lavoro. Poi però il governo Amato esercitò la delega solo per truffe e corruzioni, non per reati ambientali e infortuni sul lavoro, perché Confindustria minacciava le barricate. Ora il governo prodi, con sette anni di ritardo, s’è deciso a ripescare quel progetto. Non potreste chiedere scusa per questi sette anni che ci avete fatto perdere?

Ora lei, dottor Montezemolo, è preoccupato che il tesoretto si disperda in mille rivoli. Giusto. Ma perché non si parla mai del tesorone dell’evasione fiscale, 200 miliardi l’anno? E del tesorone del lavoro nero e sommerso, il 27% del pil, cioè 400 miliardi? E del tesorone delle mafie, 1000 miliardi di euro? La legge sul falso in bilancio varata dal governo Berlusconi e finora confermata, in barba alle promesse elettorali, dal governo Prodi, consente a ogni impresa di occultare dai bilanci fino al 5% dell’utile prima delle imposte, al 10% delle valutazioni e all’1% del patrimonio netto. Sono le modiche quantità di falso in bilancio consentite, come per la droga, per uso personale. Nessuno sa che cosa ne facciano le imprese, i giudici non possono più mettere becco. Non vi vergognate di una situazione del genere, che vi rende tutti sospettabili? Il “mercato” è anche 25 anni di galera, come in America, per chi trucca i bilanci: non si può prendere solo quel che piace. Perché non avete detto una parola contro la depenalizzazione del falso in bilancio? Perché non chiedete al governo Prodi di abrogarla? Perché Confindustria non fa una grande battaglia per importare la legge americana sui reati finanziari? Vedrà che, recuperando un po’ di evasione, ci sarà di che aumentare lo stipendio al popolo dei 1000 euro al mese, senza toccare il tesoretto. Così magari i vostri operai, oltre a fare le macchine, potranno persino permettersi di comprarsene una.

Distinti saluti Marco Travaglio



Ringrazio P.B. per questo contributo

Vogliamo parlare brevemente del genocidio armeno?

Pochi lo sanno, ma oggi per gli armeni è una terribile ricorrenza. Il 24 aprile 1915 segna l'inizio di una delle vicende più terribili di un secolo pur pieno di orrori: il genocidio armeno. I Giovani Turchi, in nome della purezza etnico-religiosa del nuovo stato turco, procedettero alla deportazione e allo sterminio del popolo armeno. Per una conoscenza sommaria dei fatti, si può leggere qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio_armeno. In Turchia è tuttora proibito parlarne... E' per questo (oltre che per la scarsa considerazione per i diritti umani e le regole della democrazia) e non perché sarebbe un "paese islamico" che nutro forti dubbi sull'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Dico questo pur essendo assolutamente agli antipodi di chi in Italia si è opposto ad esso con maggior forza. E' vero pure che isolare la Turchia non l'aiuterebbe a riformarsi, però... Che dire?

La questione è già chiusa?

In un post di appena quattro giorni fa (http://matteobloggato.blogspot.com/2007/04/la-radice-di-tutti-i
-mali.html
) traducevo in italiano chi avrebbe voluto chiedere a Boris El'cin che fine avesse fatto il suo decreto che prevedeva l'abolizione del servizio militare obbligatorio in Russia per il 2000. La sua attuazione ha portato duemila russi di meno di vent'anni a morire in Cecenia e tanti altri a prendere parte ad un crimine. Ma ormai Boris El'cin non può più rispondere. E il suo "erede", che ha preso la parte di eredità che più gli faceva comodo e ha lasciato il resto, si prepara a lasciare (ufficialmente) il potere. Io amo la Russia e tutto quello che di bello e di grande rappresenta. Do voce a chi la critica perché vorrei che portasse ben altro contributo all'umanità e resto sempre più perplesso. Chi muore giace e chi vive non si da di certo pace...

23 aprile 2007

Ma di chi sto parlando?

Una grande potenza subisce una serie di sanguinosi attentati, le cui modalità non sono mai state veramente chiarite. Ne ritiene responsabile uno stato islamico e lo attacca militarmente, definendo la guerra una "operazione antiterroristica". Quella che doveva essere un'operazione rapida e abbastanza indolore si rivela un pantano mortale, anche perché in quel paese, che si fonda storicamente sui clan, scoppia una lotta tra fazioni. La grande potenza si pone allora quasi come "arbitro" della contesa, facendo in realtà prevalere la fazione che gli fa più comodo. Nel frattempo in questa grande potenza un generale che si è fatto un nome in una "sporca guerra" da essa condotta lascia la carriera militare per quella politica, compie una rapidissima ascesa facendosi una paradossale fama di "colomba", ma alla fine viene marginalizzato ed esce di scena. Ma di chi sto parlando?

Un articolo "provocatorio"

Un editoriale di Giulio Meotti sul Wall Street Journal
di Giulio Meotti

Tratto da "Il Foglio" del 21 aprile 2007

In Vaticano circola una barzelletta. Il teologo svizzero progressista
Hans Küng si reca in Paradiso a discutere le proprie teorie con san
Pietro. Dopo l’incontro, esce in lacrime: “Come ho potuto sbagliare
tanto?”. Tocca al prete eretico Leonardo Boff ed esce in lacrime: “Come
ho potuto sbagliare tanto?”. Poi è la volta di Joseph Ratzinger, il
tedesco che è diventato Papa come Benedetto XVI. Alla fine dell’
incontro, è san Pietro che esce in lacrime: “Come ho potuto sbagliare
tanto?”.

Joseph Ratzinger è il primo “Papa teologo” da molto tempo. Uno
scrittore di cose vaticane una volta ha detto che nessun altro tedesco
dai tempi di Martin Lutero ha avuto un effetto così profondo sulla
chiesa. Mentre Karol Wojtyla era un grande prelato, Joseph Ratzinger è
l’autore dei manuali usati nei seminari e nelle università. Allo stesso
tempo, è capace di insegnare teologia agli umili e ai bambini. Nei suoi
venticinque anni come capo della congregazione per la Dottrina e la
fede, precedentemente nota come la Santa Inquisizione, il cardinale
Ratzinger era noto per le sue visioni ortodosse e tenaci. Ma a due anni
dall’elezione papale, e a pochi giorni dal suo ottantesimo compleanno,
ha stupito coloro che temevano il “Rottweiler di Dio”.

Benedetto XVI finora ha scritto un’enciclica, intitolata “Deus Caritas
Est”, Dio è amore – non esattamente il tema che ti aspetteresti da un
“Panzer Pope”. E’ uno dei documenti più inclusivi della teologia
cattolica. Non erano molti a creder che un pastore bavarese, il figlio
di un gendarme tedesco, sarebbe diventato, in soli due anni, uno dei
pontefici più popolari nella storia. I numeri non mentono. Raddoppiati
per quanto riguarda le persone che affollano piazza San Pietro rispetto
a quelli già alti di Giovanni Paolo II. Küng, uno dei più celebri
dissidenti del cattolicesimo romano, riconosce che “Benedetto è aperto
a idee nuove”. Entrambi insegnavano all’Università di Tubinga negli
anni Sessanta, una sorta di Mecca dei cattolici progressisti, e allora
Küng amava deridere il collega per le sue aule vuote. Joseph Ratzinger
non diceva ciò che gli studenti nel 1968 volevano sentire. L’ex
architetto del Kulturkampf di Giovanni Paolo II accetta serenamente le
sfide della secolarizzazione. Ha dimostrato di non essere quel “rigido
inquisitore” come lo chiamavano. Nel 1979 il Vaticano revocò a Küng la
licenza di insegnare teologia cattolica per aver messo in discussione l’
infallibilità del Papa. Giovanni Paolo II non ha mai incontrato o
parlato con Küng per un quarto di secolo. Papa Benedetto XVI lo ha
ricevuto dopo solo un anno.

Se il cardinale Ratzinger sorresse la fede, Papa Benedetto deve
diffonderla. Sa che non può sperare nelle conversioni di massa o nell’
evangelizzazione di intere popolazioni. Ma può lavorare per una
“cristianità visibile e orgogliosa”. Ovviamente non aprirà mai ai preti
sposati e alle donne, ma non è un Papa convenzionalmente conservatore.
E’ il Papa dell’inedita apertura al dialogo con i non credenti, il
pontefice della persuasione razionale. Dopo tutto era un giovane
peritus (consulente) al Concilio Vaticano II, che ha profondamente
modernizzato la chiesa cattolica, consentendo l’uso delle lingue
nazionali nella liturgia, aumentando la partecipazione del laicato e
aprendo al giudaismo, condannando l’antisemitismo. Ratzinger adesso
vuole aprire la chiesa ancora di più al mondo. Il suo approccio alla
crisi della cristianità non è difensivo, la sua riflessione sulla
marginalizzazione della religione è spesso basata sull’autocritica. Il
columnist Andrew Sullivan scrisse che Benedetto XVI è “immune dalla
ricerca razionale”. Non potrebbe essere più nel torto. Benedetto XVI è
noto come un “Papa illuminista” in un’era in cui la ragione ha pochi
difensori. Il Papa è terribilmente consapevole dell’oppressione portata
dall’irrazionalità: nell’infanzia, era il nazismo; fino al collasso
dell’Unione Sovietica era il comunismo; oggi, come dice, è la
“dittatura del relativismo”, il rifiuto di norme assolute, e l’islam
radicale.

La sua “lectio magistralis”, tenuta all’Università di Ratisbona nel
settembre scorso, ha scatenato una polemica feroce non appena ha
esplorato le sue teorie sulla relazione fra ragione e fede. L’una
richiede l’altra, ha detto il Papa, se l’umanità vuole sfuggire a
quelle che ha chiamato le “patologie e malattie mortali della religione
e della ragione” – in altre parole, fanatismo politicamente e
religiosamente ispirato. Come Papa, Joseph Ratzinger guarda ad Atene e
Gerusalemme, dalla cui unione, dice orgogliosamente, è nato “l’
occidente”. “Il vicendevole avvicinamento interiore, che si è avuto tra
la fede biblica e l’interrogarsi sul piano filosofico del pensiero
greco, è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista
della storia delle religioni, ma anche da quello della storia
universale… Quest’incontro, al quale si aggiunge successivamente il
patrimonio di Roma, ha creato l’Europa”. In altre parole, un “islam
europeo” deve passare attraverso un simile processo di convergenza. Il
Papa ha suggerito che solo un islam temperato dal logos, che in greco
significa sia “ragione” sia “parola”, può prendere parte a un dialogo
interreligioso significativo. “Dio agisce attraverso il logos” e così
fa il suo rappresentante sulla terra. “Questo sarà un pontificato di
concetti e parole” ha detto il portavoce di Karol Wojtyla Joaquín
Navarro-Valls quando il cardinal Ratzinger fu eletto Papa. Il secolo
scorso non aveva conosciuto un pontefice con un linguaggio così chiaro.

Joseph Ratzinger è uno scrittore infaticabile così come Karol Wojtyla
era un attore e un viaggiatore. E’ un amante delle parole che rivolge
in modo rigoroso, ma sempre pacato, come un gentile pastore, a un
miliardo e ventisette milioni di fedeli. Non teme gli scandali, come
quando concesse udienza privata a Oriana Fallaci, la bellissima
provocatrice e flagello del fanatismo islamico. Usa parole forti contro
il nichilismo del terrore islamico e a favore dell’esistenza di Israele
come stato sovrano e “segno della libera scelta di Dio”. Questo timido
studioso, che durante i suoi giorni di Tubinga meditava sul detto di
sant’Agostino “in interiore homine habitat veritas”, non ha mai smesso
di cercare e battersi per la verità.

dal Wall Street Journal del 20 aprile 2007


Ringrazio A.N. per questo contributo

20 aprile 2007

La radice di tutti i mali...

Indagine

Di chi è questa firma, Boris Nikolaevič[1]?

I successori di solito dimenticano le promesse dei predecessori

El’cin comprensibilmente non ricorda a V. Putin il suo decreto[2] sull’abolizione del servizio di leva. Alle armi chiamano come prima. Come prima El’cin ama il tennis, l’operazione “Successore” è ricominciata.
E’ facile supporre che con un tale sistema russo di passaggio del potere, questo, il potere, non adempirà mai i propri solenni obblighi nei confronti della società.

Boris Nikolaevič, mi rivolgo a Lei per una precisazione. Nel 1996 Lei, presidente della Federazione Russa, promise di abolire il servizio di leva e di passare ad un esercito a contratto entro il 2000. Adesso siamo nel 2007 e il Suo successore V. Putin ha emesso un decreto per l’ennesima chiamata alle armi e Sergej Ivanov (ancora poco tempo fa ministro della Difesa) ha dichiarato pubblicamente che nessuno ha mai promesso di passare ad un esercito russo a contratto.

Boris Nikolaevič! Allora scherzava? O adesso ci ingannano consapevolmente?

Ricordo bene quei giorni di maggio del 1996. Io, ufficiale di comando della 205.a brigata di fanteria meccanizzata, ero membro della commissione elettorale delle forze armate federali unite nella Repubblica Cecena per l’elezione del presidente della Russia. Il 16 maggio Lei, Boris Nikolaevič, firmò il tanto atteso decreto n. 722 “Sul passaggio allo svolgimento delle funzioni di soldato semplice e di sergente nell’esercito e nelle altre forze armate della Federazione Russa su base professionale”.

Il punto 1° del Suo decreto suonava: “Passare dalla primavera del 2000 nelle forze armate… allo svolgimento delle funzioni di soldato semplice e di sergente sulla base dell’ammissione di cittadini volontari al servizio militare su contratto con l’abolizione del servizio di leva…”.

Se sapeste, Boris Nikolaevič, come si rallegrarono le madri dei futuri soldati, con quale sollievo quell’anno votarono per Lei – per il loro presidente!

Ricordo la giornata di sole del 28 maggio 1996, quando il Suo elicottero atterrò nello spiazzo presso il quartier generale della 205.a brigata di fanteria meccanizzata nella zona dell’aeroporto “Severnyj”[3] di Groznyj. E lei, il presidente russo Boris El’cin, parlando davanti ai militari promise: tra qualche mese i soldati di leva che prestano il loro servizio in Cecenia saranno sostituiti da soldati a contratto.
Boris Nikolaevič, il 3 luglio 1996 Lei è stato eletto presidente della Russia per un ulteriore mandato. Ma alla primavera del 2000 года, quando il Decreto n. 722 avrebbe dovuto essere attuato, non siamo arrivati – il 31 dicembre 1999 Lei ha ceduto anticipatamente il potere al suo successore – Vladimir Putin.

Probabilmente, Lei e lui avete valutato l’avvenire e non credo che abbiate dimenticato di valutare i problemi dell’esercito russo. Il Suo famoso decreto è stato gettato nella spazzatura.

In questi 7 anni – dalla primavera del 2000 – nelle nostre forze armate sono morti più di duemila militari che prestavano servizio di leva, alcune migliaia sono rimasti invalidi. Se il suo decreto fosse entrato in vigore, tutti questi ragazzini sarebbero sani e salvi.
Così chiarisca, Boris Nikolaevič, mi risponda: che è successo al Suo decreto n. 722? Chi si è fatto beffe delle madri che hanno perduto i loro figli?

Dalla redazione

Boris El’cin ha dimenticato le promesse fatte in pubblico in quanto è diventato il primo pensionato-oligarca[4]

El’cin non commenta alcun appunto sul fatto che la Russia ha abbandonato la via democratica di sviluppo. A questo silenzio siamo abituati. Ma in modo un po’ impaurito (il che non è abituale) ha dimenticato la sua principale promessa fatta al paese – rendere l’esercito professionale e abolire il servizio di leva nel 2000. Duemila perdite di persone “non da guerra” non lo scuotono più, perché capisce, di cosa è debitore e a chi.
A El’cin è stato conservato il solito business familiare.
Gli immobili.
Abramovič è sano e salvo.
(Come si erano accordati, questi è stato ereditato.)
Con l’amato tennis tutto è a posto.
I
suoi figli vivono e si arricchiscono a Londra.
Ci sono, a dire il vero, anche delle preoccupazioni: bisogna ristabilire i documenti perduti riguardanti altri quattro ettari di terra a Rublëvka[5]. Egli li ristabilirà, crediamo che gli riuscirà.
Noi, a nostra volta, aiutiamo Boris Nikolaevič a ristabilire nella memoria un altro documento – il n. 722. Anche sePerché fargli questo adesso? Un qualche servizio di leva, qualche ragazzo
Alla fin fine ha meritato il diritto di ammirare le gambe di Safin e non quelle del soldato Syčëv[6].
Anche a questo servono i “successori”, a vivere tranquillamente il futuro, senza temere per il passato.

Vjačeslav Izmajlov
capo della sezione Situazioni di Emergenza

05.04.2007, Novaja Gazeta, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/24/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Ai russi con cui non si ha confidenza bisogna rivolgersi chiamandoli per nome e patronimico (quella sorta di cognome che deriva dal nome del padre – quello dell’ex presidente russo si chiamava evidentemente Nikolaj El’cin).

[2] Secondo la Costituzione russa il presidente può emettere decreti legislativi che entrano immediatamente in vigore (non devono contrastare con la Costituzione e con le leggi federali, ma di come verificare ciò e come operare una volta verificato tale contrasto si parla molto vagamente).

[3] Settentrionale.

[4] “Oligarchi” sono detti in Russia i potentissimi miliardari come Abramovič.

[5] Zona d’elite alla periferia di Mosca.

[6] Il soldato diciannovenne Andrej Sergeevič Syčëv, nella notte di Capodanno del 2006, fu picchiato con incredibile violenza da un sergente e tre commilitoni. Non ricevette cure mediche fino al 4 gennaio e a causa di una cancrena diffusa dovette subire l’amputazione di entrambe le gambe, l’evirazione e l’asportazione dello sfintere.

19 aprile 2007

Tra cani non si mordono. Anzi, si premiano...

Circostanze

La difesa dei diritti umani e la spada[1]

Alcuni ex agenti segreti hanno creato un’organizzazione umanitaria e hanno consegnato un premio per la difesa dei diritti umani a Ramzan Kadyrov

Il Comitato internazionale per la difesa dei diritti umani (MKZPČ)[2] davvero a tempo, proprio per il suo insediamento, ha consegnato al presidente della Cecenia il suo premio più importante. In questa settimana a Ramzan Kadyrov verrà consegnata la “Stella d’Oro – Onore e Merito” e verrà attribuito il titolo di “Emerito difensore dei diritti umani”.

Anche in questo si può individuare il know-how. E’ apparso un trend nella politica russa: la creazione di organizzazioni per la difesa dei diritti umani “corrette”, che non fanno i “criticoni”, ma appoggiano gli sforzi intrapresi dallo stato per costruire una vera democrazia in Russia. Certo, queste organizzazioni per la difesa dei diritti umani sono fine a se stesse – create per profitto o per noia, – ma all’improvviso si sono rivelate opportune.

Di per se si potrebbe anche riderne – beh, hanno premiato Kadyrov in cambio di denaro (l’MKZPČ di certo non consegna sempre i premi per nulla) – se non si sapessero alcune cose: che il Comitato per la difesa dei diritti umani è stato fondato da ex čekisti[3] e da militari, che nei ruoli più importanti al suo interno figura il generale Kazancev (ex plenipotenziario del presidente e “pacificatore” della Cecenia), che alle decisioni del Comitato prende parte un altro comitato – la commissione sicurezza della Duma di Stato[4] della Federazione Russa e che ad uno dei massimi dirigenti dell’MKZPČ, nella chiesa di Cristo Salvatore[5], è stato consegnato, congiuntamente a Kobzon[6] e a Primakov[7], un premio quasi nazionale. In cambio sono stati momentaneamente premiati il presidente della Federazione Russa e quasi tutti i procuratori del Caucaso settentrionale.

La rimpatriata era meravigliosamente a luogo. E più precisamentea tempo.

E non conta tanto che i membri ufficialmente definiti tali del Comitato (Kofi Annan, Sophia Loren, Žirinovskij[8], Jakubovič e Žvaneckij[9]) neanche sospettino di avere rapporti con l’MKZPČ. Non importa che alcuni importanti politici dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, presi al volo da qualche parte per le scale, non avessero capito fino in fondo chi li premiava e per cosa. Adesso tutti questi, volenti o nolenti, sono nel grande gioco: garantiscono la legittimità del presidente Kadyrov e lavorano in tutto e per tutto per la creazione di una democrazia sovrana russa dal volto umano.
Ciò che era stato pianificato come un modo relativamente onesto di fare soldi si è trasformato in un progetto politico di successo, in un’operazione speciale di contropropaganda, il risultato della quale è stato fra l’altro la nascita di un grande difensore dei diritti umani – l’ex guerrigliero Ramzan Kadyrov.

E così, la sera del 26 marzo in uno dei portali di informazione compare la notizia che, il presidente della Repubblica Cecena Ramzan Kadyrov ha ricevuto il più importante premio del Comitato Internazionale per la difesa dei diritti umani – la “Stella d’Oro – Onore e Merito” con l’attribuzione del titolo di “Emerito difensore dei diritti umani”.

Controlliamo il calendario – forse è il primo di aprile… Ma il nome dell’organizzazione e dei premi non si associano a nulla. Fra l’altro nel comunicato si dice che il Comitato è rappresentato in 42 paesi.
Cerchiamo in Internet, chiariamo: il Comitato Internazionale per la difesa dei diritti umani (MKZPČ) è stato creato nel 2001 in Ucraina. Riunirebbe 247 organizzazioni non governative. La quantità di paesi in cui agisce il Comitato varia da 42 a 46, ma ne sono membri Kofi Annan, Leonid Kravčuk[10], Aleksandr Gapon[11], l’arcivescovo Pavel[12], Leonid Jakubovič, Vladimir Žirinovskij, Sophia Loren, Michail Žvaneckij e altre non meno conosciute personalità. Compito del Comitato è “impedire la creazione di un mondo unipolare” e “prevenire l’applicazione di una politica del duplice standard”.

Queste notizie sono state comunicate dal rappresentante degli interessi del Comitato Internazionale presso i mezzi di comunicazione di massa – la casa editrice “Prestiž-Info”.

Tra gli ultimi aggiornamenti del sito dell’organizzazione stessa c’è un comunicato stampa, datato maggio 2004. In esso si dice che “durante la sessione autunnale dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sono entrati nell’MKZPČ tutti le più alte cariche del Consiglio d’Europa e dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa” e poi segue un’impensabile quantità di fotografia di tutte queste “alte cariche”, che (a giudicare dall’ambientazione delle fotografie) sono state prese al volo da qualche parte nei corridoi e per le scale per consegnargli onorificenze e medaglie. Tra i nuovi membri, che sono elencati per nome: il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Álvaro Gil-Robles, il presidente della Corte Europea di Strasburgo Lucius Wildhaber, il deputato dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa Hanna Severinsen. Tutti i nuovi membri hanno ricevuto immediatamente il titolo di “Emerito difensore dei diritti umani” ed è stato consegnato loro il simbolo aureo d’onore “Onore e merito”. Molti di loro, a dire il vero, sono già alti funzionari di spessore europeo.

In uno dei suoi comunicati stampa il Comitato comunica anche che i primi a ricevere simili premi sono stati L.D. Kučma[13], quando era presidente dell’Ucraina, il presidente della Federazione Russa V.V. Putin, l’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa in Ucraina V.S. Černomyrdin[14] e l’ex presidente dell’Ucraina L.M. Kravčuk.

Non meno interessanti sono risultate le interviste ai dirigenti di questa organizzazione. Per esempio Igor’ Danilov, presidente dell’MKZPČ dice che i giuristi della loro organizzazione aiutano le persone scomparse di cui si effettuano ricerche. A dire il vero, non precisa se facciano questo gratuitamente o per denaro.

Per denaro, pare. Ecco cosa ha raccontato al centro “Demos”[15] Antonina Taranovska (Amnesty International, Kiev) sull’attività del Comitato sul territorio dell’Ucraina: “In realtà non fanno niente. Così asseriscono che in mezz’ora possono ritrovare una bambina che qualcuno ha venduto all’estero e riportarla in Ucraina. Negli ultimi tre mesi più di una volta hanno fatto simili azioni “da pubbliche relazioni”. Per tutto questo prendono soldi dalla gente: per esempio, c’è bisogno di cercare qualcuno – paga tremila in valuta[16] e noi lo ritroviamo. L’organizzazione è in rapporti di amicizia con la polizia delle regioni, di essa si parla nei giornali della polizia”.

La base russa dell’organizzazione è a Rostov sul Don[17]. A dire il vero, i nostri conoscenti delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani di Rostov non sanno nulla dell’attività del Comitato, ma in Internet ci è riuscito di trovare alcune interviste molto interessanti (che sono corredate dalla nota: “a titolo di pubblicità”) del signor Boroncov-Berežnoj Dmitrij Leonidovič, grande principe[18], primo vicepresidente dell’MKZPČ, Gran Maestro del Sovrano Ordine ortodosso maltese di san Giovanni di Gerusalemme[19]. Dmitrij Leonidovič dice di essere un convinto sostenitore della forma di governo monarchica, che la Russia deve essere governata da un signore assoluto e che i funzionari vanno nominati, senza spendere soldi statali in elezioni.

Egli stesso collabora da tempo con le autorità locali e in particolare, basandosi sui principi dell’organizzazione, ha diretto l’ufficio regionale di Viktor Germanovič Kazancev nel periodo in cui era il rappresentante plenipotenziario del presidente della Federazione Russa nel distretto federale del Caucaso settentrionale[20]. (Fino ad allora il “difensore dei diritti umani” Kazancev aveva comandato le forze federali unite nel Caucaso settentrionale.) L’amicizia e la stretta collaborazione vanno ancora avanti – Viktor Kazancev è rappresentante straordinario e plenipotenziario dell’MKZPČ per questioni particolarmente importanti.

In un’altra sua intervista Dmitrij Voroncov-Berežnoj dice che tra i premiati con riconoscimenti del Comitato ci sono il governatore della regione di Rostov V.F. Čub, il presidente dell’assemblea legislativa della stessa regione Popov A.V., il procuratore della regione di Rostov Char’kovskij A.I., il presidente del tribunale regionale di Rostov Tkačëv V.N., il presidente della Camera Arbitrale di Rostov Fëdorenko N.V. e molti altri funzionari, che si sono messi in luce, evidentemente, nel campo della difesa dei diritti umani.

Anche Voroncov-Berežnoj, che è uno dei dirigenti di un’organizzazione, il cui scopo è “la difesa dei diritti inalienabili dei cittadini che sono perseguitati per motivi politici, razziali, religiosi e di altro genere”, parlando dei suoi rapporti con il cristianesimo e con l’islam, dice che “è difficile trovare un posto sulla Terra, dove la gente non soffra a causa degli attacchi dei musulmani e dove sullo sfondo dell’islam militante le altre religioni e credenze non cristiane non rappresentino una chiara minaccia al cristianesimo, all’umanità, alla civiltà”. Nella stessa intervista riflette sul modo in cui “contrapporsi all’islam mondiale”.

E poi ancora sui riconoscimenti: il 15 dicembre 2006 nella sala dei concili della chiesa di Cristo Salvatore ha avuto luogo la quarta cerimonia di conferimento dell’alto riconoscimento “Orgoglio della Russia”[21]. Fra i cavalieri decorati con la “più alta onorificenza sociale della Federazione Russa” ci sono: Primakov Evgenij Maksimovič, Kobzon Iosif Davidovič, Bokerija Leo Antonovič[22], Voroncov-Berežnoj Dmitrij Leonidovič – rappresentante straordinario e plenipotenziario del Comitato Internazionale per la difesa dei diritti umani presso l’ONU.


Persone interessate

Vladimir ŽIRINOVSKIJ è venuto a conoscenza dell’esistenza dell’МКЗПЧ grazie a un corrispondente della “Novaja Gazeta”: “Non sono mai entrato a far parte di tale organizzazione, – ha risposto. – E’ probabile che vogliano dare maggior peso alla loro organizzazione utilizzando cognomi noti”.

Il conduttore televisivo Leonid JAKUBOVIČ, dopo aver sentito le domande della “Novaja Gazeta” riguardo alla sua partecipazione al Comitato e al modo in cui questo avesse votato per Kadyrov, ha reagito laconicamente: “Che sciocchezze sono? E’ una totale assurdità! Non faccio parte di alcun Comitato”.

Neanche Michail ŽVANECKIJ ha mai sentito parlare dell’esistenza dell’MKZPČ, di cui farebbe parte. “Sento parlare per la prima volta dell’esistenza del Comitato, – ha detto. – Ricevo e conosco la “Novaja Gazeta”, ma del Comitato non so nulla. Sarebbe terribile, se solo acconsentissi ad avvicinarmi a quel Comitato”.

La redazione non ha ritenuto necessario disturbare con simili domande gli altri “membri” dell’MKZPČ, cioè Kofi Annan, l’arcivescovo Pavel ecc., soprattutto Sophia Loren.

Redatto sulla base del materiale del centro “Demos”.

02.04.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/23/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Il titolo originale riecheggia Ščit i meč (Lo scudo e la spada), titolo di un romanzo dello scrittore sovietico Vadim Michajlovič Koževnikov.

[2] Abbreviazione del nome dell’associazione in russo (Meždunarodnyj Komitet Zaščity Prav Čeloveka).

[3] Čekisty erano detti gli agenti della ČK (Črezvyčajnaja Komissija po bor’be z kontrrevoljucej i sabotažem – Commissione Straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio, la cui abbreviazione si legge čeka), il primo servizio segreto sovietico e per estensione sono chiamati così gli agenti segreti in generale.

[4] La “camera bassa” del parlamento russo.

[5] La principale chiesa ortodossa di Mosca insieme a san Basilio, distrutta sotto Stalin e ricostruita negli anni ’90.

[6] Iosif Davidovič Kobzon, cantante e “poeta laureato” dell’Unione Sovietica e della Russia putiniana.

[7] Evgenij Maksimovič Primakov, politico russo, già primo ministro e adesso a capo di un’associazione di imprenditori.

[8] Vladimir Vol’fovič Žirinovskij, politico nazionalista russo, leader del sedicente Partito Liberal-Democratico di Russia.

[9] Michail Michajlovič Žvaneckij, comico e scrittore satirico russo.

[10] Leonid Makarovyč Kravčuk, discusso politico ucraino, già presidente dell’Ucraina.

[11] Oscuro comandante della polizia di Kiev, divenuto sottosegretario degli Interni.

[12] Arcivescovo di Vyšgorod, nei pressi di Kiev (al secolo Pëtr Dmitrievič Lebed’).

[13] Leonid Danylovyč Kučma, secondo presidente dell’Ucraina, accusato di aver limitato la libertà di stampa e di aver fatto uccidere il giornalista Heorhij Ruslanovyč Gongadze.

[14] Viktor Stepanovič Černomyrdin, primo ministro sotto El’cin e imprenditore plurimiliardario.

[15] Centro per la difesa dei diritti umani e per la promozione della società civile fondato a Mosca nel 2004.

[16] Dollari, forse, ma ultimamente anche l’euro è apprezzato da quelle parti…

[17] Città della Russia meridionale.

[18] I titoli nobiliari sono stati riesumati nella Russia post-sovietica, ma mi pare che quello di “grande principe” competesse solo alla casa regnante (gli antichi sovrani russi erano detti “grandi principi”, il primo a fregiarsi del titolo di “zar” fu Ivan il Terribile).

[19] Sorta di “Cavalieri di Malta” ortodossi.

[20] Putin ha diviso la Russia in sette distretti capeggiati da plenipotenziari di sua fiducia.

[21] Si potrebbe perfino annotare che per la più pura spritualità ortodossa l’orgoglio è uno dei peccati più gravi…

[22] Famoso cardiochirurgo.

15 aprile 2007

Cose che mi lasciano alquanto perplesso

BERTINOTTI E SANTA MARIA DELLA VITTORIA

di Antonio Socci

“Chi controlla il passato” diceva Orwell “controlla il futuro”. Per questo i comunisti sono sempre stati molto disinvolti nel riscrivere la storia a proprio uso e consumo e magari nello “sbianchettare” le immagini scomode del passato. Il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha “rimosso” dalla sala di Montecitorio dove riceve le delegazioni una tela rappresentante la battaglia di Lepanto, quella vittoria cristiana che nel 1571 ci salvò dall’invasione turca.

Pare che Bertinotti ne fosse imbarazzato per spirito pacifista. Ma che accadeva se nessuno si opponeva ai musulmani? Lo si vede nella cattedrale di Otranto, in Puglia, dove si conservano le ossa degli 800 uomini (per primo il vescovo Stefano Pendinelli) a cui i saraceni di Maometto II, 90 anni prima di Lepanto, tagliarono ferocemente la testa, mentre i loro figli e le loro mogli finirono in schiavitù. Il 15 marzo 1570, alla vigilia di Lepanto, l’impero turco, smanioso di conquistare tutto il Mediterraneo, dichiarò guerra anche alla Serenissima invadendo Cipro, territorio di Venezia: “Nicosia” scrive Alberto Leoni “si trasformò in mattatoio dove furono trucidate con crudele fantasia 20 mila persone. I superstiti, 2 mila donne e ragazzi, vennero destinati all’harem”. E l’altra città dell’isola, Famagosta, subì lo stesso macello con il comandante, il grande Marco Antonio Bragadin, che fu torturato orrendamente. Gli tagliarono orecchie e naso e infine fu scorticato vivo: “non emise un lamento, mormorando il ‘Miserere’ fino a che il cuore cedette quando il coltello del boia era arrivato all’ombelico”. E’ la storia gloriosa di Venezia cristiana.

Non rendendo onore a questo passato, l’attuale sindaco di Venezia, Cacciari (oltretutto post-comunista), è arrivato a dichiarare che è stata la religione cristiana, non l’Islam, che “si è imposta agli altri con la violenza” (parole che fanno indignare). Queste carneficine musulmane preannunciavano cosa sarebbe capitato all’Italia se i turchi fossero riusciti a invaderla. Senza la battaglia di Lepanto e senza quella vittoria dei cristiani non ci sarebbe oggi nessuna democrazia in Italia (ma avremmo qualche sultano al potere). Senza quella vittoria cristiana non ci sarebbe neanche il Parlamento in Italia. Soprattutto – e questo dovrebbe far meditare Bertinotti – senza quella vittoria cristiana non ci sarebbe la sua poltrona di Presidente della Camera. Né la libertà di essere comunisti.

Insomma quella tela sulla battaglia di Lepanto è simbolo della libertà italiana almeno quanto la festa del 25 aprile (in entrambi i casi il Paese era sotto invasione barbarica). Si vuol forse abolire anche il 25 aprile? Hanno dichiarato che la decisione di rimuovere la tela “è stata presa in sintonia con la linea di dialogo e di pace”. Con questa filosofia pacifista Bertinotti rischia di prospettare pure l’abolizione del 25 aprile che celebra la liberazione armata dell’Italia da parte dei partigiani e degli Alleati.

Perché la vittoria militare del 25 aprile deve essere ricordata con una festa nazionale e di quella di Lepanto imbarazza perfino una tela? Forse perché la prima fu una vittoria (anche) dei comunisti, mentre quella di Lepanto fu una vittoria tutta cristiana sulla minaccia islamica. Dunque via la tela. Così – fa sapere Bertinotti – “si è voluto mandare un segnale di novità e diversità”.

E quale novità? L’ostilità anticattolica dei comunisti è una novità? E’ roba stravecchia. Arrivare a rimuovere la tela su Lepanto è un gesto di fanatismo ideologico. I comunisti ormai da tempo cercano di usare l’argomento “musulmani” in modo strumentale, per dare addosso ai cristiani. Nessun islamico aveva chiesto la rimozione di quella tela (e, nel caso, doveva rassegnarsi: ci volevano invadere! Casomai dovrebbero chiedere scusa). Per non urtare gli islamici dovremmo forse abolire la Divina Commedia (rea di parlar male di Maometto) e poi cancellare tutte le immagini sacre perché l’Islam le ritiene “blasfeme”?

Il problema in realtà è la Sinistra. Che evoca il “dialogo” con i musulmani per cancellare la memoria cristiana, ma non certo quando lancia battaglie laiciste come quella sui Dico. “Come mai”, si è chiesto padre Samir, “quando si è trattato di togliere alcuni segni visibili della tradizione cristiana (il crocifisso, il presepio, ecc…) hanno utilizzato l’argomento dei musulmani da non offendere (come se il presepio fosse un offesa per loro!), e quando si tratta di questioni così fondamentali per loro (come la famiglia e i Dico) non se ne parla?”. Questo mondo progressista “li sta strumentalizzando, utilizzandoli per confortare una sua opinione solo quando fa comodo. Questo non è rispetto, ma manipolazione”.

Peraltro “censurare” Lepanto è pure sintomo di ignoranza storica. Un celebre protagonista di quella battaglia, Miguel de Cervantes, disse che quel 7 ottobre fu uno dei giorni più grandi della storia del mondo. Lo storico Fernand Braudel scrive che “la vittoria segnò la fine di una miseria. La vittoria cristiana sbarrò la strada a un avversario che si annunziava molto oscuro e vicino. Prima di far dell’ironia su Lepanto, seguendo le orme di Voltaire, è forse ragionevole considerare il significato immediato della vittoria. Esso fu enorme”.

Lepanto è diventato un tabù per i comunisti perché ricorda 14 secoli di minaccia islamica e di tentativi di invasione dell’Europa. E perché a opporsi oggi all’aggressione islamica (che punta sempre a fare di noi l’Eurabia) sono gli odiati (dalla Sinistra) “amerikani”. Inoltre perché nel 1571 era stato il papa Pio V a coalizzare i (divisi) sovrani dell’Europa nella Lega Santa e a organizzare la difesa. E fu lui a organizzare anche un immenso esercito di preghiere con le Confraternite del Rosario. Il Papa – che seppe misteriosamente della vittoria quel giorno stesso (si dice che ebbe una visione della Vergine) – proclamò da allora il 7 ottobre “Festa della Madonna del Rosario” o anche “Santa Maria della Vittoria”.

Un evento storico clamoroso: il Papa letteralmente salvò l’Italia (e l’Europa) grazie all’aiuto della Madre di Dio. Fu una delle “ingerenze” con cui la Chiesa ha protetto da secoli l’Italia e l’Europa dall’orrore e dalla distruzione (come nelle elezioni italiane del 1948). Dev’essere questo che urta oggi i comunisti che accusano di nuovo il Papa e la Chiesa di “ingerenza”. Sì, è vero: la Chiesa ha sempre difeso l’Italia.

Proprio mentre scrivevo queste note ho ricevuto una mail da un certo “Centro culturale Lepanto” che, con toni assai polemici, afferma: “In questi ultimi tempi, le forze laiciste hanno lanciato una nuova e più grave campagna di odio contro la Santa Chiesa Cattolica ed il suo Pastore Benedetto XVI. Giornali, libri, televisioni, pellicole cinematografiche, cartelloni e spot pubblicitari rovesciano continuamente torrenti di calunnie, accuse, insulti e derisioni sul Papa, sul Clero e sull’intera Chiesa, pretendendo d’isolarla, emarginarla e metterla a tacere… Questa campagna di odio cerca d’intimidire i cattolici, spingendoli a relegarsi nel chiuso delle chiese e a rinunciare a testimoniare e difendere la Fede nella vita pubblica. E' una campagna che potrebbe preludere a quella persecuzione violenta descritta nell'ormai noto ‘terzo segreto’ di Fatima”.

Infine però gli estensori ricordano la protezione della Madonna. Certa come nel passato. Post scriptum: per il 30 aprile prossimo, festa di S. Pio V, pare che Benedetto XVI voglia promulgare il “Motu proprio” che restituisce alla Chiesa la sua grande liturgia latina, detta appunto “di S. Pio V”. Il Papa di Lepanto, che salvò l’Italia anche con la forza del Rosario. Storia da meditare anche per i cattolici.

Da “Libero”, 13 aprile 2007


Ringrazio D.N. per questo contributo

14 aprile 2007

Russia e Georgia, orrori e paure

Dettagli

Senza contesto politico?

La Georgia ha denunciato la Russia alla Corte Europea per i diritti umani

La denuncia a nome dello stato è stata presentata il 26 marzo alla corte di Strasburgo dal rappresentante della Georgia nel Consiglio d’Europa Zurab Čiaberašvili. In tal modo la Georgia conta di ottenere risarcimenti per i danni morali e materiali subiti dai cittadini georgiani che sono stati deportati dal territorio della Federazione Russa negli ultimi mesi.

La denuncia presentata al tribunale internazionale consta di 200 pagine di testo e 30 minuti di filmati. La parte più importante di questo materiale sono le conclusioni di quattro mesi di lavoro della commissione parlamentare provvisoria d’inchiesta sulle violazioni dei diritti dei cittadini georgiani nella Federazione Russa. La commissione ha studiato le testimonianze dei cittadini georgiani deportati dalla Russia e dei dipendenti dell’ambasciata e del consolato georgiani a Mosca.

Nel complesso in nove mesi sono stati deportati dalla Russia circa cinquemila cittadini georgiani. Nel corso della deportazione, in varie circostanze, sono morte alcune persone.

A quanto risulta alla commissione parlamentare, i rappresentanti delle forze dell’ordine e del controllo dell’immigrazione russi hanno stracciato i passaporti di cittadini georgiani o hanno semplicemente ignorato il loro status legale, hanno separato dai genitori bambini in tenera età, hanno trattenuto in condizioni disumane persone arrestate, hanno rifiutato loro cure mediche e parte dei decreti di deportazione sono stati emessi dai tribunali in assenza degli imputati. Le autorità georgiane non hanno dimenticato di inserire nella denuncia il noto episodio riguardante la stesura di liste di alunni di etnia georgiana.

Come ha notato il rappresentante della Georgia presso la Corte Europea Besarion Bochašvili, questa denuncia “è un documento giuridico e non va inquadrato nel contesto politico”. Non di meno in Georgia la questione della presentazione della denuncia è diventata tema di dibattito politico. Il fatto è che, secondo le regole della Corte Europea il termine per la presentazione della denuncia scadeva il 27 marzo. Tuttavia il ministero della Giustizia georgiano, che ha studiato i lavori della commissione parlamentare, ha trascinato la questione fino all’ultimo. Il ministro di Giustizia Gija Kavtaradze ha dichiarato che presentare una denuncia alla corte di Strasburgo ha senso solo quando sono state raccolte abbastanza prove convincenti. L’opposizione parlamentare ha valutato questa posizione “mancanza di principi” e “incoerenza”. Secondo gli oppositori, le autorità della Georgia temevano di irritare troppo la Russia. In un modo o nell’altro, la rinuncia a presentare la denuncia difficilmente avrebbe migliorato di molto i rapporti russo-georgiani e nel frattempo avrebbe fortemente danneggiato la reputazione delle autorità della Georgia agli occhi dei propri cittadini.

Dmitrij Avaliani
Tbilisi

“Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/22/11.html

29.03.2007 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

A quando il varo?


Cantieri navali nel parco fluviale "Di la d'Arno" di Lastra a Signa (FI). Ringrazio C.M. e A.C. per questa immagine.

Mitico!

Grazie a una segnalazione della newsletter di "Frasistoriche" (http://www.vogliaditerra.com/frasistoriche/), ho trovato una vera chicca: la batteria virtuale! Buon divertimento: http://www.kenbrashear.com/.

13 aprile 2007

Non solo Cecenia

Il nodo del Caucaso

Fuoco a tutto spiano sui diritti[1]

Il progetto comune di Memorial[2] e della “Novaja Gazeta”. Gli uomini delle forze armate mascherati si sono attivizzati in Inguscezia

Ci rifacciamo di nuovo ai fatti avvenuti in Inguscezia. Con il passaggio in questa repubblica dell’“operazione antiterroristica” sono iniziati i sequestri di persona da parte di agenti delle forze armate: 2002 – 28 sequestri, 2003 – 52, 2004 – 48, 2005 – 47, 2006 – 35, in meno di tre mesi del 2007 – 9 sequestri.
Ma negli ultimi mesi le “operazioni speciali” nella repubblica somigliano di più ad esecuzioni extragiudiziali.

1 marzo 2007. Nel villaggio di Sagopši nella provincia di Malgobek[3] gli uomini delle forze armate hanno sequestrato un abitante, Visingiri Gatagažev, anno di nascita 1964. Dove sia non è dato finora sapere.

L’11 marzo nella città di Karabulak[4] gli uomini delle forze armate hanno arrestato il cittadino ceceno Ali Chil’dicharoev, anno di nascita 1985. Sua madre Zajnap dice di aver visto uno degli agenti mettere qualcosa sotto il materasso dopo di che lì “hanno trovato” una granata. Adesso Ali si trova nel GOVD[5] di Karabulak.

15 marzo. Verso le 6 del mattino nella casa dei Mutaliev, residenti nella città di Malgobek, hanno fatto irruzione gli uomini delle forze armate (20-25 persone) mascherati. Non si sono presentati e non hanno mostrato documenti, hanno perquisito la casa, non hanno trovato niente, ma hanno portato via Chusejn Mutaliev, anno di nascita 1980, l’hanno trascinato in cortile, l’hanno avvicinato alla macchina e hanno cominciato a picchiarlo. Mutaliev si è liberato e ha cercato di fuggire. Su di lui hanno aperto il fuoco a tutto spiano, Chusejn è rimasto ferito. I militari l’hanno messo a bordo della Volga[6] e sono partiti in direzione ignota. Il fratello di Chusejn Chasan è corso dietro a loro con la sua macchina. All’incrocio Kantyševskij[7] la colonna è stata fermata dagli agenti del GIBDD[8]. Gli uomini delle forze armate hanno mostrato un permesso speciale del GROU (Gruppa Operativnogo Upravlenija[9] del Caucaso settentrionale) e hanno proseguito per l’Ossezia Settentrionale.
Ma nel pomeriggio del 15 marzo l’Interfax ha diffuso la notizia: “Nel corso di un’operazione speciale degli agenti delle forze dell’ordine dell’Inguscezia e dell’Ossezia Settentrionale svoltasi a Malgobek (Inguscezia) è stato eliminato[10] il membro attivo di una NVF[11] Chusejn Mutaliev, come ha comunicato una fonte delle forze dell’ordine dell’Inguscezia: “Durante il tentativo di arrestare Chusejn Mutaliev, su cui pendeva un mandato di arresto federale per sequestro di persona (ai sensi dell’art. 126 del Codice Penale della Federazione Russa), questi ha fatto resistenza armata e ha tentato di far esplodere una granata. In quel momento ha ricevuto dei colpo di arma da fuoco grazie ai quali si è potuta evitare l’esplosione. Il guerrigliero è stato trasportato all’ospedale locale, dove è deceduto a causa delle ferite subite”. Mutaliev, secondo informazioni di servizio, era il leader ideologico di formazioni armate illegali ispirate al wahhabismo[12] e anche membro attivo delle bande del comandante in campo Chasmagomed Bogatyrëv. Oltre a questo si sospetta che abbia preso parte all’attacco contro l’Inguscezia del giugno 2004”.

Il giorno dopo, il 16 marzo, ai familiari fu comunicata ufficialmente la morte di Chusejn e fu consegnato loro il suo corpo. I parenti spiegarono che Mutaliev ferito non fu portato in un ospedale dell’Inguscezia. Inoltre allo ROVD di Malgobek fu detto loro che Chusejn non era ricercato, non aveva legami con i guerriglieri e non faceva parte di formazioni armate illegali.
A fare un “terrorista” di Chusejn avevano già provato l’anno scorso. Gli agenti della polizia lo arrestarono e lo tennero tre giorni nel GOVD di Malgobek.

Il 5 febbraio 2007 Chusejn Mutaliev si era rivolto al PC[13] di Memorial: “Mi hanno arrestato nel settembre 2006, mi hanno picchiato e hanno tentato di costringermi ad assumermi la responsabilità di crimini che non avevo commesso. Poi mi hanno rilasciato. Ma anche adesso mi perseguitano. Che devo fare? Sono pronto a rispondere a tutte le domande, ma che si rivolgano a me normalmente”.

Mutaliev e alcuni suoi amici erano intenzionati a scrivere una lettera aperta per dire che erano pronti a rispondere alle domande delle autorità, ma che esigevano il rispetto dei loro diritti costituzionali riguardanti la libertà di coscienza. Non hanno fatto in tempo.

“Novaja Gazeta”, http://novayagazeta.ru/data/2007/21/19.html

26.03.2007 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Il gioco di parole originario (strel’ba na poraženie v pravach) è assolutamente impossibile da tradurre. Strel’ba na poraženie significa “fuoco a tutto spiano” e poraženie v pravach significa “privazione di diritti” (in conseguenza di un atto giudiziario).

[2] Associazione nata per perpetuare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e attualmente attiva nella difesa dei diritti umani.

[3] Città dell’Inguscezia settentrionale.

[4] Città dell’Inguscezia centro-settentrionale.

[5] Gorodskoj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Cittadina degli Affari Interni), in pratica la sede della polizia cittadina.

[6] Marca di automobili russa.

[7] Località di Nazran’, ex capitale dell’Inguscezia.

[8] Gosudarstvennaja Inspekcija Bezopasnosti Dorožnogo Dviženija (Ispettorato Statale della Sicurezza del Traffico Stradale), in pratica la polizia stradale russa.

[9] Gruppo della Direzione Operativa.

[10] Letteralmente “annientato”, termine che gli organi di informazione russi usano senza problemi quando parlano dell’uccisione di terroristi o presunti tali da parte delle forze armate.

[11] Nezakonnoe Vooružënnoe Formirovanie (Formazione Armata Illegale).

[12] Corrente dell’islam radicale (va detto che, secondo la stampa ufficiale russa, tutti i terroristi caucasici o presunti tali sono wahhabiti).

[13] Pravozaščitnyj Centr (Centro per la Difesa dei Diritti Umani).