10 dicembre 2007

Il Dalai Lama

INTERVISTA: «Peccato non vedere il Papa»

Il Dalai Lama: «Wojtyla mi manchi»

E chiede aiuto all'Italia: Pechino schiaccia il Tibet. «Barattare i diritti umani per gli affari è corruzione»

MILANO — L'incontro è quasi finito. Il Dalai Lama ha già una mano sulla borsa a tracolla amaranto tipica dei monaci tibetani.

Santità le manca Giovanni Paolo II?
«Oh John! Great», risponde d'un fiato. «Un grande, Giovanni. Un leader spirituale. Una persona straordinaria. Mi manca, molto». Forse perché anche lui «veniva da un Paese comunista», il Dalai Lama racconta che «dal primo incontro nacque un feeling speciale». Pausa. «E la sua determinazione! Non l'ha persa mai, anche quando è diventato fragile. Ha promosso i valori spirituali, e il dialogo inter- religioso. Mi manca». Un'altra pausa. «Anche con l'attuale Papa in passato ho avuto un incontro. Un uomo molto intelligente, un intellettuale. Il suo insistere che fede e ragione debbano camminare insieme... Meraviglioso».
E' un fantastico incassatore Tenzin Gyatso, 72 anni (48 in esilio), 14ma reincarnazione del Dalai Lama, guida del buddismo tibetano. Sorvola («non fa niente») sul mancato incontro con Benedetto XVI. Per il Vaticano non è mai stato in programma... «Quando vengo in Italia sento il dovere morale esprimere al Papa rispetto e fratellanza. L'ho fatto quasi sempre. Questa volta Sua Santità ha trovato qualche difficoltà, per mancanza di tempo o per altri fattori. Mi dispiace. Ma non è un problema». Quali possano essere gli «altri fattori» (l'opposizione della Cina?) non è nel suo stile dirlo: stilettate di buon umore, infradito di cuoio ai piedi nudi, diplomazia. Non si sofferma sull'«imbarazzo» delle massime istituzioni italiane: «C'è stato qualche disagio per la mia visita», d'altra parte «ovunque io vada i cinesi fanno problemi ai Paesi che mi ospitano». L'ospite scomodo parla ai giornalisti in una sala dell'hotel Principe di Savoia. Al bar nella hall, Beppe Grillo aspetta i suoi «8 minuti di beatitudine » («gli dirò dei problemi di Genova, scherzo: mettiamo il blog a disposizione della causa tibetana»). Il Dalai Lama si è alzato alle 5, si è versato l'acqua calda per la tsampa, la colazione tradizionale con farina d'orzo, a mezzogiorno assaggerà le mozzarelle di bufala («ah la cucina italiana, per noi monaci che digiuniamo la sera le vostre porzioni sono un toccasana, altro che la giapponese»). La tsampa: «Sapete che piace ai cinesi che vengono in Tibet? Tiene lontano il diabete».

Cercassero solo tsampa, i cinesi mandati a colonizzare il Tetto del Mondo. Santità, come sta il suo popolo? Nel '96 disse al Corriere che nel giro di 10 anni non sarebbe rimasta più traccia della cultura tibetana.
«La Cina governa il Tibet con qualcosa di simile alla legge del terrore. Ci impediscono di praticare la nostra religione. Lo sfruttamento minaccia l'ambiente. Non esiste libertà di espressione e di informazione. La violazione dei diritti umani è di importanza cruciale. E può avere conseguenze negative per l'unità e la stabilità della stessa Cina».

Il dialogo con Pechino?
«Dal 2002 abbiamo avuto sei incontri. Al 5˚ hanno riconosciuto che non cerchiamo l'indipendenza, ma un'autonomia reale come prescrive la Costituzione. Ho gioito: ci siamo. Ma a fine giugno 2007, marcia indietro: di nuovo hanno accusato di separatismo me e intensificato la repressione. Hanno detto: un caso Tibet non esiste più».

Cosa può fare l'Italia?
«Molto. Siete nell'Unione Europea, che promuove i valori umani fondamentali. Parlate di questi valori ogni volta che avete interlocutori cinesi. Non solo a livello governativo. Lo dico anche a studiosi e accademici. Agli uomini d'affari: sono importanti i rapporti economici con la Cina, ma barattare giustizia e verità per il denaro è una forma di corruzione».

Si sente un po' come Toro Seduto? I tibetani come gli indiani d'America oppressi nelle loro terre?
«Loro furono spazzati via. Noi non siamo a questo punto. Però, oggi, i pellerossa sopravvissuti in America sono liberi di coltivare la cultura originaria. In Tibet no».

Lei è un'icona del pacifismo progressista, ma negli ultimi tempi a volerla incontrare sono leader conservatori come Bush e Merkel.
«Non solo. A Vienna mi ha ricevuto il Cancelliere».

Michele Farina
07 dicembre 2007

http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_07/dalai_lama_
fec1c74a-a496-11dc-9c8e-0003ba99c53b.shtml

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