30 giugno 2008

In Cecenia tutto è cambiato adesso? E come no...

Arrestato senza lasciare traccia

In Cecenia gli uomini delle strutture armate [1] sequestrano la gente come prima

Ai primi di maggio il principale difensore dei diritti umani ceceno Nuchadžiev ha comunicato che quest’anno nella Repubblica Cecena non è stato registrato alcun caso di sequestro. Una dichiarazione affrettata. Se non altro perché le circostanze del sequestro a Mosca dell’autorità criminale cecena Movladi Atlangereev sono già diventate di dominio pubblico – in seguito l’hanno visto in Cecenia. E un amico di Atlangereev – Zajndi Šachbiev – è stato sequestrato a febbraio per strada nel villaggio nativo di Šalaži [2]. A ben vedere, il garante della Repubblica Cecena si basa esclusivamente sui dati ufficiali ricevuti dalle forze dell’ordine, i cui agenti, com’è noto, nella maggior parte dei casi risultano anche essere sequestratori.

La “Novaja gazeta” ne ha scritto per molti anni, in particolare del fatto che uno dei posti più terrificanti in cui scompaiono le persone era l’ORB-2 (operativno-rozysknoe bjuro [3]), sottoposto al distretto federale meridionale [4], con sede a Groznyj. Ma a luglio dello scorso anno là è cambiato il capo: il colonnello Achmed Chasanbekov è stato sostituito dal colonnello della polizia Isa Surguev. E la situazione in qualche modo è cambiata.

Ma il 27 maggio di quest’anno è scomparso il ventiseienne Isa Chalitov.

Quel giorno, al mattino, in casa Chalitov (quartiere Oktjabr’skij [5] di Groznyj) sono giunti degli agenti di polizia. Hanno comunicato alla madre di Isa di essere dell’ORB-2 e che erano venuti per via dell’automobile VAZ-21124 che stavano cercando e che appartiene a suo figlio. Da casa Chalitov hanno portato via le chiavi, il libretto di circolazione e la patente di Chalitov.

L’agente operativo della RUBOP [6] Ruslan Ajubov ha telefonato al padre di Isa Leče Chalitov e gli ha chiesto di comparire immediatamente da lui presso l’ORB-2. Leče è arrivato, ha mostrato i propri documenti al KPP [7] e ha detto di essere stato chiamato da Ajubov.

Dopo qualche tempo è comparso un uomo sui quarant’anni, corporatura media, capelli neri, si è presentato come Ruslan Ajubov e ha condotto Chalitov-senior sul territorio dell’ORB-2. Nell’edificio dove si sono recati si trovava un giovane di 25-27 anni, che si è qualificato come il capo del SOBR [8] Timur Sattuev e ha comunicato che con la macchina di Chalitov-junior si erano dati alla fuga dei criminali che avevano sequestrato una ragazza. Un sequestratore era stato arrestato e Isa Chalitov doveva deporre al riguardo e fino al suo arrivo Leče sarebbe rimasto sul territorio dell’ORB-2 sotto sorveglianza. Leče Chalitov ha passato sul territorio dell’ORB-2 12 ore – praticamente in ostaggio. L’hanno rilasciato verso mezzanotte.

Ha cercato di chiamare alcune volte il figlio a Čerkessk [9], dove questi si stava sottoponendo a esami clinici. Allora Leče non sapeva ancora che suo figlio Isa era già stato arrestato da agenti di polizia verso le 22 presso il posto di blocco federale “Terskij chrebet” [10] a circa 50 km da Groznyj. Isa era con degli amici a bordo della loro macchina, gli agenti di polizia hanno preso solo lui e l’hanno portato via su una Niva di colore chiaro. Da allora nessuno ha più visto Isa Chalitov. Gli agenti dell’ORB-2 dichiarano di non aver sequestrato nessuno.

Chalitov-senior, per convincersene, ha tentato di entrare con un avvocato sul territorio dell’ORB-2. Non gliel’hanno permesso. Allora ha scritto una dichiarazione sulla scomparsa del figlio ai difensori dei diritti umani di Memorial [11] e anche alla procura e alla sezione per la sicurezza personale del ministero degli Interni del distretto federale meridionale.

Sia la procura, sia l’USB [12] lavorano su questa dichiarazione. Dal rappresentante del presidente russo nel distretto federale meridionale Vladimir Ustinov è giunta una risposta scritta.

Dalla risposta del capo dell’ORB-2, tuttavia, si evince che Isa Chalitov “non è stato registrato” sul territorio dell’ORB-2. Il colonnello Isa Surguev il 27 maggio si trovava a Rostov [13] a una riunione. Questi dice, che per lui personalmente è molto importante chiarire tutto sulla scomparsa di Isa Chalitov e che se l’USB e la procura si metteranno al lavoro sul caso, scopriranno la verità.

Ma ormai già da un mese Isa Chalitov è considerato scomparso senza lasciare traccia. E la questione della partecipazione alla sua scomparsa di agenti dell’ORB-2 e del SOBR resta per noi attuale.

Vjačeslav Izmajlov
osservatore militare della “Novaja gazeta”

26.06.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/45/11.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] In russo siloviki (da sila, “forza) uomini delle strutture autorizzate all’uso della forza – l’esercito, il ministero degli Interni e quello per le Situazioni di Emergenza.

[2] Villaggio della Cecenia centrale.

[3] “Ufficio Operativo di Ricerca di Latitanti”.

[4] Putin ha diviso la Federazione Russa in sette distretti con a capo uomini di sua fiducia dotati di ampi poteri.

[5] “Dell’Ottobre” (non tutto è stato rinominato).

[6] Rajonnoe Upravlenie po Bor’be z Organizovannoj Prestupnost’ju (Direzione Provinciale per la Lotta contro il Crimine Organizzato).

[7] Kontrol’no-Propusknoj Punkt (Punto di Controllo dei Lasciapassare).

[8] Special’nyj Otrjad Bystrogo Reagirovanija (Reparto Speciale a Reazione Rapida), una sorta di Celere del RUBOP…

[9] Capitale della repubblica caucasica di Karačaevo-Circassia.

[10] “Catena montuosa del Terek”. Il Terek è il principale fiume ceceno.

[11] Associazione nata per difendere la memoria delle vittime del regime sovietico, in prima linea nella difesa dei diritti umani nella Russia post-sovietica.

[12] Upravlenie Sobstvennoj Bezopasnosti (Direzione per la Sicurezza Personale).

[13] Città della Russia meridionale.

29 giugno 2008

Euro-2008

Della grande Spagna Campione d'Europa (e dell'Italia tanto discussa eppure unica squadra a non subire gol dai Campioni d'Europa nei tempi regolamentari) si parlerà tanto. Propongo invece la sequenza più simpatica di Euro-2008.

Secondo minuto di recupero di Repubblica Ceca-Turchia. Mentre la Turchia sta vincendo 3-2 dopo un'incredibile rimonta, il portiere turco Volkan viene espulso per un violento spintone al ceco Koller. La Turchia ha esaurito le sostituzioni e in porta va l'attaccante Tuncay. Tuncay ha l'aria di non essere stato in porta neanche da bambino in cortile e una volta indossati maglia e guanti del portiere, si rivolge al Cielo: invocazioni? imprecazioni? semplici grida?





Vedi anche qui e qui

28 giugno 2008

Balliamo sul mondo



Si chiama come me, più o meno... E' Matt Harding, uno sviluppatore di videogiochi americano. Gira il mondo e ovunque va si fa filmare mentre esegue un curioso ballo. Ha un sito in cui parla della sua esperienza di giramondo professionista. A mio parere una delle figure più simpatiche della YouTube generation.



Ringrazio Ligabue per avermi involontariamente suggerito il titolo del post

GMG-2008

Qui Australia

Facciamo la valigia


DA BRISBANE
CINZIA AMICO

Se il biglietto è nel cas­setto, il passaporto è pronto e l'entusia­smo è ormai inconteni­bile, gli ingredienti ci so­no tutti! È giunto quindi il tempo della famosa checklist, ovvero, cosa mettere in valigia. Di si­curo abbigliamento pe­sante. In Australia è arri­vato l'inverno, soprattut­to a Sydney! Per il mo­mento le temperature so­no tra i 10 e i 20 gradi ma è prevista una drastica di­minuzione. Quindi mi raccomando maglioni di lana e scarpe chiuse oltre a una bella giacca a ven­to!
Potete portare qualcosa di più leggero se venite dal­le parti di Brisbane. Nelle ore calde della giornata è anche possibile fare il ba­gno, ricordate di mettere la crema solare e nuotate tra le bandierine gialle e rosse, queste zone infatti sono controllate dai bagnini. Il peso consentito per la valigia è di solito di 20 kg, per es­sere sicuri verificate con la vostra compagnia. In aereo, poco prima di atterrare vi verrà dato un foglio sul quale fare le vostre dichiarazioni doganali. Nel dubbio, dichia­rate! Le medicine si possono portare, dichiaratele. Le chi­tarre anche passano la dogana senza problemi. Armatevi di qualcosa di tipico se volete sorprendere le vostre fami­glie ospitanti: il parmigiano, ad esempio, si può portare, deve però essere sottovuoto e dichiarato all'arrivo. Anche i vostri biscotti preferiti passano la dogana purché siano confezionati. Per salsicce e insaccati invece niente da fare come anche per la frutta: banditi! Però qui si trova dav­vero di tutto. La multiculturalità di questo Paese si ri­specchia anche nel cibo. Ci siamo, abbiamo passato la dogana e ci troviamo in Australia! La moneta in vigore è il dollaro australiano; MasterCard e Visa sono le carte più comuni, se i circui­ti che utilizzate sono Plus, Cirrus e Visa incontrerete molte Automatic teller machines per prelevare. I telefo­nini funzionano, ricordate però di attivare il roaming in­ternazionale. Chiamare costa caro! Meglio mandare Sms o scrivere mail e utilizzare invece le schede internazio­nali per le chiamate, sono molto più economiche, so­prattutto dai telefoni fissi. Attenti a quello che fate, verrete multati se buttate cicche delle sigarette o carte per terra, se attraversate la strada con il rosso o se andate in bicicletta senza elmetto. E ancora, le zone per fumatori sono ridotte, prima di fumare in pub­blico accertatevi che sia una zona autorizzata. Lo status di pellegrini vi darà molte agevolazioni, portate comunque la vostra tessera da studenti, potrebbe infatti essere utile per ulteriori sconti. Questo è quanto! - 'That's it!' come direbbero qui! La valigia è fatta, noi vi aspettiamo.
Una volontaria: «Qui è inverno con temperature in calo. Urge l'abbigliamento pesante. Occhio al bagaglio in aereo, al costo dei telefonini e al rigido rispetto delle regole. Noi vi stiamo aspettando»

(Da "Avvenire")



Ringrazio F.F. per questo contributo

25 giugno 2008

500 (post)

La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo. Il nostro tempo.
Noi cresciamo e maturiamo collezionando queste esperienze.
Sono queste che poi vanno a definirci.
Alcune sono più importanti di altre, perché formano il nostro carattere.
Ci insegnano la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
La differenza tra il bene e il male.
Cosa essere e cosa non essere.
Ci insegnano chi vogliamo diventare.
In tutto questo, alcune persone e alcune cose si legano a noi in un modo spontaneo e inestricabile.
Ci sostengono nell'esprimerci e nel realizzarci.
Ci legittimano nell'essere autentici e veri.
E se significano veramente qualcosa, ispirano il modo in cui il mondo cambia e si evolve.
E allora, appartengono a tutti noi e a nessuno...

Il blog di Matteo appartiene a tutti noi?


Prima di andare via (come canta Neffa)

Lultima firma del presidente

Alle otto e mezza della sera del 6 maggio, lasciando il gabinetto presidenziale, Vladimir Putin ha firmato un decreto che può eliminare definitivamente l’indipendenza degli avvocati

Presto, precisamente a luglio, la Duma di Stato [1] dovrà esaminare in prima lettura l’ultima iniziativa legislativa del secondo presidente della Federazione Russa. Ciò deriva dalla decisione del Consiglio della Duma del 13 maggio. Il disegno di legge federale e la nota esplicativa ad esso acclusa sono giunti alla Duma dalla segreteria del presidente alle ora 21 e 17 minuti del 6 maggio 2008 (vedi timbro sul documento). I corrieri a questo livello corrono arditamente, il che significa che Putin nell’ultimo giorno della sua presidenza ha probabilmente firmato il documento alle otto e mezzo della sera.

Noi elettori russi avremmo capito se nelle ultime ore prima di lasciare il Cremlino Putin avesse proposto qualcosa di breve e di epocale allo stesso tempo, per esempio un disegno di legge sulla rimozione del corpo di Lenin dal mausoleo. Ma la sua iniziativa finale è risultata legata al cambiamento dei rapporti tra gli avvocati e gli organi statali di registrazione, cosa che come accordo finale è un po’ opaca – in ogni caso, a prima vista.

La trovata qui è solo per i conoscitori: solo un esperto vedrà dietro gli emendamenti di routine alla FZ [2] “Sull’esercizio dell’avvocatura e l’Ordine degli avvocati” [3] il colpo più duro alla difesa, al diritto costituzionale dei cittadini a un aiuto qualificato in tribunale e insieme a questo all’indipendenza del potere giudiziario in generale. Il senso degli emendamenti, per semplificare, consiste nell’attribuzione agli organi di registrazione del diritto di rivolgersi, per privare gli avvocati del loro status, non solo agli organi di autogoverno degli avvocati, come gli ordini regionali degli avvocati, ma anche, come si vedrà in pratica, direttamente al tribunale, passando sopra le loro teste [4]. Con l’attuale livello di indipendenza dei magistrati (Medvedev ha appena promesso di occuparsi di questo problema, ma crescere giudici indipendenti non è cosa tanto rapida) gli organi di registrazione (strettamente legati al ministero della Giustizia e attraverso questo anche alla Procura Generale e al ministero degli Interni) otterranno un tale mezzo di pressione sugli avvocati che ci si potrà dimenticare di una reale difesa in cause in cui l’interessamento dell’autorità è minimo. Un’altra opzione del disegno di legge propone di eliminare il segreto professionale: ai funzionari degli organi di registrazione sarà attribuito il diritto di ottenere spiegazioni dagli avvocati e di verificare se rappresentano bene gli interessi dei propri assistiti e fiduciari. A questo va aggiunto che il disegno di legge propone di privare gli avvocati, una volta riconosciuti colpevoli, del diritto di essere accolti anche in futuro nel collegio degli avvocati, il che si può definire un divieto di esercitare la professione – in tutto il mondo civile questo è considerato assolutamente inammissibile.

Sul tavolo del presidente della Duma Boris Gryzlov il documento è giunto il giorno dell’insediamento, il 7 maggio (vedi timbro), quando presidente della Federazione Russa non era già più Vladimir Putin, ma Dmitrij Medvedev. Forse prima di trasmetterlo al Consiglio della Duma il 13, Gryzlov avrebbe dovuto precisare al nuovo presidente: come si pone davanti a questa pensata?

Ma queste non sono già più parole, ma fatti e questi fatti minacciano di divergere nettamente dalle parole di Medvedev sul rafforzamento dell’indipendenza dei magistrati. Perché una giustizia senza una difesa indipendente (prima di tutto dallo stato) è un’automobile senza una ruota: anche se le altre tre sono assolutamente perfette, non può già più andare da nessuna parte. L’avvocatura, che pure adesso in Russia, probabilmente, è lontana dalla perfezione, così come la magistratura, va rafforzata e fatta crescere, ma dare da pascolare ai lupi impersonati dai funzionari degli organi regionali di registrazione quelle che pure non sono pecore significa perdere la giustizia in se e per se. A tal proposito è perfino noioso ripetere argomenti, questi sono stati riassunti già da tempo in opere storiche e internazionali, vedi: le disposizioni fondamentali sul ruolo degli avvocati accolte nel 1990 dall’ottavo congresso dell’ONU per la prevenzione del crimine tenuto a New York; il Codice di condotta per i giuristi della Comunità Europea, approvato il 28 ottobre 1988 ecc. Sui principi di autogoverno e indipendenza dallo stato si basa anche la vigente legge federale “Sull’esercizio dell’avvocatura e l’ordine degli avvocati nella Federazione Russa” del 31 maggio 2002, in cui si propone di inserire “emendamenti”.

E’ chiaro che il giurista Dmitrij Medvedev è stato fatto presidente da Vladimir Putin, il quale, evidentemente, ha fatto la propria scelta fra sostenitori della forza e sostenitori del diritto un po’ prima degli elettori, che hanno votato a marzo. Ma com’è allora che alle otto e mezza della sera del 6 maggio dal suo gabinetto è saltato fuori questo?

Davanti a noi si disegna questa immagine (chiedo scusa per il carattere caricaturale, ma non si può dirlo in altro modo): Putin libera il gabinetto al Cremlino, rastrella i fogli dal tavolo, toglie dai muri i riconoscimenti internazionali ricevuti da vari organi in 8 anni di presidenza. Entra di corsa Sečin [5] (Ivanov [6], Patrušev [7]). Il loro comune amico Ustinov [8], che non sopporta gli avvocati come classe, ha minacciato di allontanarli dalla Chiesa Ortodossa Russa, finché non firmeranno presso Putin un documento sulla distruzione degli avvocati come classe… Beh, no, non è possibile, non è un uomo del genere questo Vladimir Vladimirovič…

Non abbiamo una precisa spiegazione per questa contraddizione, ma abbiamo il diritto di elaborare una versione che si basa su fatti a noi noti. Ancora il 30 aprile il presidente ha firmato un decreto che regolamenta i poteri complementari del servizio federale di registrazione, che corrisponderebbero (notare il condizionale) agli emendamenti alla legge sull’avvocatura, se a quel tempo fossero già stati approvati. Putin si è preso qui, certamente, una certa libertà nei confronti del Consiglio Federale [9] della Federazione Russa: è il suo decreto che deve corrispondere alla legge e completarla, ma qui, in ogni caso in senso temporale, è il contrario. Questo decreto di Putin è stato pubblicato ufficialmente il 5 maggio, ma il 6 alle 20 circa, come già sappiamo, è successo qualcosa che lo ha costretto a staccarsi da occupazioni più consone a quella sera, per esempio, provare le cravatte per l’insediamento di Medvedev del giorno dopo. Ma che è successo? Secondo la nostra versione, un fatto assai inaspettato avrebbe potuto essere il rifiuto di Medvedev di firmare il disegno di legge mirato allo sfacelo dell’avvocatura dopo essere diventato presidente a pieno titolo.

Putin è più un sostenitore della forza che un giurista, Medvedev è più un giurista che un sostenitore della forza, ma il potere reale, a dar retta ai politologi, finora resta a Putin. Quale delle sue due mani vincerà sull’altra, quando e a che prezzo? Torneremo, come promette Medvedev, a uno stato di diritto o torneremo di nuovo a una “dittatura della legge”, annunciata all’inizio della presidenza di Putin e più aderente alla “democrazia sovrana” di Surkov [10]? Difficilmente la scelta si compirà in tempi lunghi. A breve si comprenderanno i risultati di una serie di “test”, sulla base dei quali potremo trarre delle conclusioni sulla fondatezza della retorica in tema di diritto di Medvedev – una delle “teste parlanti” dell’aquila bicipite russa [11]. Uno di questi test (insieme alla questione del nuovo mandato del presidente del tribunale cittadino moscovita - vedi “Novaja gazeta” n. 41) sarà il destino degli emendamenti alla legge sull’avvocatura delle otto e mezza della sera del 6 maggio 2008.

Leonid Nikitinskij [12]
osservatore della “Novaja gazeta”

23.06.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/44/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Tutte le assemblee legislative russe si chiamano “Duma”.

[2] Federal’nyj Zakon (Legge Federale).

[3] Le leggi russe vengono identificate dal titolo.

[4] L’eloquio contorto è nell’originale....

[5] Igor’ Ivanovič Sečin, vice capo dell’amministrazione presidenziale di Putin.

[6] Sergej Borisovič Ivanov, ex ministro della difesa, ritenuto un tempo il possibile “erede” di Putin.

[7] Nikolaj Platonovič Patrušev, capo dei servizi segreti russi.

[8] Vladimir Vasil’evič Ustinov, ministro della Giustizia sotto Putin.

[9] Sorta di Senato della Federazione Russa, formato dai rappresentanti dei soggetti della Federazione stessa (repubbliche autonome, regioni, ecc.) chiamato in genere “Consiglio della Federazione” – ho usato l’espressione “Consiglio Federale” per evitare un bisticcio.

[10] Vladislav Jur’evič Surkov, principale consigliere di Putin.

[11] L’aquila bicipite è il simbolo della Russia, ma qui è anche il simbolo della diarchia Putin-Medvedev.

[12] Leonid Vasil’evič Nikitinskij, presidente dell’unione dei reporter giudiziari russi.

24 giugno 2008

Da "Toscana Oggi"

TOSCANA OGGI, 22 giugno 2008

Vita apuana
Celebrazione conclusiva al termine dell'annuale percorso catechistico.
Comunità neocatecumenali: una settimana da ricordare

Di Geppe Nicotra

Particolarmente significativo quest'anno, per le comunità neocatecumenali della nostra diocesi, il momento in cui ha avuto luogo il tradizionale appuntamento con mons. Vescovo, al termine dell'anno catechistico.

Perché l'incontro con il Vescovo ha aperto una settimana decisamente da non dimenticare a causa di un altro evento che l'ha conclusa, ossia la consegna del decreto di approvazione definitiva degli statuti del Cammino Neocatecumenale: si è trattato, in effetti, di due eventi che si sono svolti. giusto nell'arco di sette giorni.

La scorsa settimana, dunque, nel Duomo di Massa ha avuto luogo la celebrazione eucaristica a cui hanno preso parte le comunità della diocesi, da quelle di san Colombano a Pontremoli a quelle di san Domenico a Turano di Massa. In questa occasione, come di consueto, sono state presentate al Vescovo le comunità nate in seguito alle evangelizzazioni degli ultimi mesi.

Non scontate né formali le parole pronunciate da mons. Binini nella sua omelia.

Ha sottolineato Ia novità di un cristianesimo vissuto non individualisticamente per la propria salvezza personale, ma “l'intuizione di essere una comunità evangelizzante”. Ed ha ribadito: “Credo sia importante ed è geniale questa intuizione, arrivata in tempi non sospetti”.

Ha richiamato con forza e con insistenza i segni distintivi che Gesù ha dato come riconoscimento ai cristiani, i segni che interrogano e chiamano alla fede i lontani: “amatevi come io vi ho amato” e “siano perfetti nell'unità”, come sfida profetica nella società odierna ma anche come tesoro da proteggere e difendere, perché così “si realizza la preghiera di Gesù, si realizza la sua invocazione: "Che siano una cosa sola!", e - per fare questo - non c'è neanche bisogno della nostra buona volontà: basta che ci apriamo a lui e ci lasciamo trasformare da lui. Per questo la comunità solo se trova ostacoli non nasce, ma, se nasce nasce perché è Gesù che la fa nascere. Non perché siamo bravi noi. Non perché ci siamo organizzati bene”.

Quindi, riagganciandosi alla visione conciliare della Chiesa sacramento di salvezza, ha aggiunto: “È la comunità cristiàna che è sacramento di Gesù, che ti dà Gesù: lo dona, te lo mette nella testa, te lo mette nel cuore. E non per nulla Gesù dirà: "Dove due o più siete riuniti nel mio nome io sono lì, ci sono anch'io, io sono in mezzo a voi”.

E, concludendo, ha invitato fortemente ad abbandonarsi ai progetti del Signore, come Maria, icona della Chiesa: “Voi, dunque, che siete chiamati, dal progetto che vi guida in questo cammino di conversione, a fare esperienza viva di comunità, accettate di esprimere questa straordinaria forza capace di cambiarli gli uomini, di cambiare le loro istituzioni sociali, di cambiare perfino quella che è la struttura della vita del mondo.

È un progetto, che nel cuore di Dio c'è da sempre e noi dobbiamo saperlo accogliere e metterci a sua disposizione, al suo servizio.

Questa sera, dunque, io ringrazio il Signore di avermi fatto incontrare voi. Vi dico: avete uno strumento straordinario tra le mani!

Usandolo bene, nella nostra Chiesa voi avete una grande missione evangelizzatrice da compiere”.

Proprio le parole conclusive di mons. Binini aiutano a meglio capire l'importanza di quanto è avvenuto il venerdì seguente.

Il 13 giugno, nel giorno di sant'Antonio da Padova, il cui carisma essenziale fu quello della predicazione, presso l'Aula Magna del Pontifìcio Consiglio per i Laici, il Card. Stanislaw Rylko ha consegnato ai responsabili mondiali del Cammino Kiko Arguello, Carmen Hernàndez e padre Mario Pezzi, il decreto di approvazione definitiva degli Statuti del Cammino insieme al testo degli Statuti confermato dalla Santa Sede.

Non è stato un atto meramente burocratico e questo si nota anche dai dettagli. Se Giovanni Paolo II scelse nel 2002, per la firma dell'approvazione ad experimentum degli Statuti, la data del 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo. Benedetto XVI li ha firmati in data 11 maggio, solennità di Pentecoste, a sottolineare la considerazione del Cammino come un frutto dell'azione dello Spirito Santo, che così diviene patrimonio universale della Chiesa

Una coincidenza singolare: le parole conclusive di mons. Binini trovano corrispondenza nel comunicato diffuso dagli iniziatori del Cammino: “Davanti alle grandi sfide che attendono la Chiesa, siamo lieti di poterci offrire al Santo Padre e ai vescovi per la nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede alle nuove generazioni”.



Il Cammino Neocatecumenale. nato nel 1964 a Palomeras Altas, uno dei quartieri più poveri di Madrid, è diffuso in 107 paesi dei cinque continenti, con 19 mila comunità in 5.700 parrocchie di 1200 diocesi. In Italia è attivo dal 1968 e oggi ha oltre 4.500 comunità in duecento diocesi. Sostiene oltre 70 seminari diocesani missionari Redemptoris Mater, che hanno dato alla Chiesa 1260 presbiteri. 0ltre 600 famiglie sono partite per evangelizzare le zone più scristianizzate della terra, andando a vivere sopratutto tra i poveri.


Ringrazio D.N. per questo contributo

Il Giorno della Russia nel Caucaso "pacificato"

La pace è andata via per le festività

Aggravamento della situazione nel Caucaso settentrionale

Nel Giorno della Russia [1] e nelle festività ad esso collegate nelle repubbliche del Caucaso settentrionale hanno avuto luogo atti terroristici.

Così, verso le 6.40 del mattino del 13 giugno proprio nel centro della capitale del Daghestan Machačkala ha avuto luogo un’esplosione. Alcune persone sono rimaste ferite in modo più o meno grave ed una è morta. Sono state colpite soprattutto persone uscite a fare una corsetta mattutina.

Ma già verso mezzogiorno nel villaggio daghestano di Bajramaul nella provincia di Chasavjurt [2] a seguito di un’operazione speciale condotta con mezzi bilndati e armi pesanti è stato ucciso Sajpudin Ibragimov – il più vicino collaboratore del capobanda Aschab Bidaev. Sono morte pure la moglie diciottenne di Bidaev e la sorella di Ibragimov Džamilja. Lo stesso Aschab Bidaev, ricercato da 3 anni, non è stato ritrovato nella casa distrutta.

Nella stessa mattina l’ennesima esplosione è risuonata in Inguscezia a Nazran’ [3]. Quattro persone sono morte, sei sono rimaste ferite. L’esplosione ha distrutto due negozi che si trovavano sotto un unico tetto – uno di vini e liquori e uno di generi alimentari. Inizialmente i poliziotti si sono affrettati a comunicare ai propri superiori che era esplosa una bombola di gas. Ma poi è venuta fuori una versione valida, secondo cui questo era un atto terroristico pianificato.

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno nel villaggio di Benoj-Vedeno nella provincia di Nožaj-Jurt in Cecenia ha fatto irruzione un gruppo armato di forse 60 persone sotto il comando di Usman Muncigov e Aslanbek Vadalov. Sono morti il padre e due figli della famiglia Esaev – parenti dell’ex vice ministro degli Interni della Cecenia. Oltre a questo i banditi hanno bruciato cinque case. Una casa appartiene al capo dell’amministrazione del villaggio, due a uomini della polizia. E’ stato sequestrato l’ex capo dell’amministrazione di Benoj-Vedeno, che guidava questo villaggio sotto Maschadov [4].

Il 16 giugno 30 guerriglieri hanno attaccato una colonna di quattro automobili delle truppe di confine dislocate in Cecenia. L’attacco ha avuto luogo alle 11.45 nella zona del centro abitato di Čiški nella provincia di Urus-Martan [5]. Tre uomini delle truppe di confine sono morti (due ufficiali e un sergente a contratto), altri cinque militari hanno subito ferite più o meno gravi.

Nella vicina provincia di Ačchoj-Martan, nel tristemente noto villaggio di Bamut [6], un BTR [7] russo è stato incendiato dai guerriglieri. L’equipaggio è riuscito a salvarsi.

Gli analisti fanno notare che l’attivazione dei guerriglieri nel Caucaso settentrionale è legata ai festeggiamenti del Giorno della Russia. Gli specialisti dei servizi segreti fanno notare che è presto per dichiarare la Cecenia in pace. Circa 200 persone negli ultimi tempi sono andati sulle montagne.

Vjačeslav Izmajlov
osservatore militare della “Novaja gazeta”

19.06.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/43/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Il 12 giugno, data in cui, nel 1990, il parlamento della Federazione Russa sancì la sovranità di questa sul proprio territorio e l’inizio della fine dell’URSS.

[2] Daghestan centro-occidentale, ai confini con la Cecenia. Chasavjurt è nota perché là fu firmato l’armistizio che nel 1996 pose fine alla “prima guerra cecena”.

[3] Città dell’Inguscezia centrale, fino al 2002 capitale della repubblica.

[4] Aslan Alievič Maschadov, primo presidente della Cecenia liberamente eletto, accusato poi di complicità con i terroristi e ucciso in un conflitto a fuoco nel 2005.

[5] Villaggio della Cecenia centrale.

[6] Luogo di terribili combattimenti nella “prima guerra cecena”.

[7] Mezzo blindato.

23 giugno 2008

La Russia e gli altri

Che differenza c’è tra la Russia e il criceto?

Ricordate la barzelletta: “Che differenza c’è tra il topo e il criceto? Praticamente nessuna, è solo che il topo ha un cattivo PR”. La barzelletta si può applicare totalmente al nostro paese. La Russia è l’eterno “topo” della storia del mondo (o perlomeno d’Europa). Solo per un tempo limitato o in uno spazio limitato lo stato russo – sovietico – di nuovo russo ha suscitato emozioni positive nella comunità mondiale. Adesso ci troviamo di nuovo in un periodo di negatività piuttosto forte. “La nuova guerra fredda” e cose del genere. Lo senti particolarmente forte quando a Santiago – sull’altra parte del globo terrestre – il cameriere di un caffè fa schioccare la lingua : “La Russia? Oh, da voi c’è una tale dittatura!”. E’ estremamente difficile credere che sia giunto ad avere questa opinione attraverso una seria conoscenza di tutte le contraddittorie particolarità dello sviluppo della Russia dopo El’cin. Semplicemente adesso anche i bambini piccoli in tutto il mondo sanno bene che “La Russia è tornata ad un regime autoritario”. Perché hanno concluso così? Beh, ma lo sanno tutti!

Non si può dire che il paese o il governo non siano consapevoli o ignorino questo problema. Infatti già da alcuni anni si annuncia ufficialmente la necessità di “migliorare l’immagine del paese” e si compiono i “necessari” sforzi in questo senso, compresa perfino la creazione di uno speciale canale TV – la nostra asimmetrica risposta alla CNN. Tuttavia i risultati di questi sforzi sono deludenti – non c’è alcun segno che il livello di simpatia per la Russia cresca in qualche modo. Non ci capiscono, non vogliono capirci”. Evero. Ma questo è un problema esclusivamente nostro. Se non capiscono la tua campagna pubblicitaria, la colpa è esclusivamente tua.

Quali sono i motivi di questa cronica incomprensione e come possiamo – se possiamo – lottare con essa? Prima di tutto è necessario esaminare la variante “Lasciare tutto com’è”. In generale la situazione non è così catastrofica da esigere azioni assolutamente improcrastinabili. Commerciano, fanno credito, danno i visti, non si preparano ad attaccarci – di cos’altro abbiamo bisogno? Gradualmente l’atteggiamento “Non ci capiscono, che vadano al diavolo” si comincia a notare nelle stanche dichiarazioni dei rappresentanti ufficiali della Russia. Effettivamente adesso siamo necessari all’“Occidente” ben più di quanto esso sia necessario a noi (qui appare una particolarità molto importante della coscienza russa – noi riteniamo sinceramente che la preoccupazione per l’immagine sia roba da deboli e da mendicanti). Comunque il problema non è nell’“Occidente”, è in noi . Poiché noi stessi vogliamo tanto che ci amino e ci capiscano e di offendiamo quando questo non succede. Per smettere del tutto di preoccuparci dell’immagine, avremmo bisogno prima di tutto di uccidere in noi quest’aspirazione inseparabile da noi all’amore di tutti. A mio giudizio questo è difficilmente possibile. Perché noi stessi amiamo il mondo circostante – Parigi, Londra, New York, Buenos Aires. La maggior parte di noi vuole sentirsi “al suo posto” in queste città. Noi vogliamo che anche da noi vengano intellettuali amanti dell’architettura e del balletto e non tifosi di calcio o cercatori di avventure. Per vivere come l’Iran, ignorando l’opinione di chi ti circonda, bisogna, come l’Iran, ritenere sinceramente che quelli che ti circondano non abbiano nulla che meriti attenzione.

La Russia ben prima di Pietro [1] era abituata a confrontare con invidia il proprio sviluppo con quello dell’Europa. Il Terribile [2] e Kurbskij [3] inviarono oltre frontiera una grande quantità di lettere, buona parte delle quali si può ricondurre alla domanda: “Dobbiamo essere simili agli stati europei?”. A quel tempo la Russia aveva già fatto una scelta importante: era stata rigettata l’unione di Firenze [4], con il risultato che non solo ci circondammo di una “cortina di ferro” religiosa che di divise dall’Europa cattolica, ma complicammo anche i rapporti con una parte degli ortodossi (ricordate gli epiteti utilizzati da Gogol’ contro gli uniati [5]). Tornammo a un’idea di “integrazione europea” sotto Pietro e i suoi eredi [6]. Ma anche in seguito periodi di isolazionismo si alternarono con una certa regolarità a quelli di “internazionalismo”, il che sembra un’ipotesi ragionevole: gli uni e gli altri sono organicamente necessari alla Russia per il suo sviluppo.

Purtroppo le radici dell’autocoscienza nazionale russa finora non sono state studiate a fondo (i liberali evitano accuratamente questo tema e i nazionalisti ritengono che ci sia sempre stata – quest’ultima ipotesi sembra antistorica in modo lampante [7]). Un serio tentativo fu intrapreso all’inizio del ХХ secolo da P. Miljukov [8] nei fondamentali “Saggi di storia della cultura russa” – notevoli come idea, ma non sempre validi come esecuzione. Tuttavia il principale, aprioristico assunto dell’occidentalista Miljukov è il radicale ritardo dello sviluppo della Russia in confronto all’Europa. Personalmente mi sembra che a questo postulato sia data troppa importanza e che sia troppo ardito per considerarlo degno di fede.

Alla storia della Russia si può guardare anche in altro modo: in alcuni importanti aspetti dello sviluppo sociale ci siamo mossi in sincronia con i paesi europei più avanzati e fra l’altro siamo giunti a questo in modo assolutamente indipendente. Questo si può applicare pienamente all’autocoscienza nazionale e all’idea di stato. Nella maggior parte dell’Europa Occidentale questa concezione non si è formata prima del XVIII secolo. Effettivamente: cos’è la Francia fino all’unione con la Bretagna e la Borgogna? Cos’è la Gran Bretagna fino al completamento dell’unione di Inghilterra, Galles e Scozia? Italia e Germania come stati sono un frutto della seconda metà del XIX secolo (fra l’altro la Germania non è mai stata del tutto uno stato nazionale – buona parte della popolazione di lingua tedesca è rimasta in Austria e in Svizzera, mentre fino alla Seconda Guerra Mondiale nella stessa Germania c’erano regioni di popolazione tradizionalmente slava [9]). La Russia ha cominciato ad aver coscienza di se come stato nazionale molto prima: quando la Moscovia conquistò Novgorod [10], liquidando al tempo stesso una potenziale “diarchia” tra i territori di lingua russa. Tra i paesi europei solo la Spagna e il Portogallo all’incirca in quel tempo cominciarono ad aver coscienza della propria identità nazionale. Questi avevano motivi simili – la contrapposizione a un’altra cultura espressa con forza, quella degli arabi (nel nostro caso erano i mongoli). Subito dopo la lunga e complessa reconquista [11] due giovani nazioni europee di sintesi (nella misura in cui avevano assorbito e accolto buona parte degli arabi insieme ad elementi della loro lingua e della loro cultura – cfr. le influenze organiche tatare nella lingua russa, ma anche i numerosi principi tatari al servizio russo [12]) hanno cominciato un processo di espansione coloniale. Di per se i suoi primi stadi – gli avamposti dall’altra parte di Gibilterra – furono la logica prosecuzione delle guerre con il califfato di Granada. All’incirca allo stesso tempo la liberazione dei russi dai mongoli altrettanto logicamente e senza scossoni sfociò nella colonizzazione delle terre uraliche e siberiane. A tal proposito, a mio parere, la precoce espansione coloniale ebbe analoga influenza sulle forme interne della vita politica in Russia e nei paesi iberici: per alcuni secoli per la parte politicamente ed economicamente più attiva dei cittadini fu più semplice e comodo dirigersi verso la periferia che cercare di influenzare la situazione della metropoli. Qua e là il risultato fu il conservatorismo e l’immobilismo del potere centrale, rivelatisi catastrofici per la Spagna dopo la perdita delle colonie all’inizio del XIX secolo.

A quei tempi il resto dell’Europa era troppo lontano dalla percezione della nazione come base dello stato – questa percezione era impedita dalla presenza di un “altro” espresso con forza. In enorme grado la moderna autocoscienza dell’“Occidente” – la stessa idea dell’esistenza di una cultura più o meno comune da qualche parte ad ovest del Danubio e della Vistola – fu formata dalla pressione degli Ottomani e dall’espansione della Russia. Lo stabilimento e il mantenimento di una frontiera con queste grandi potenze era alla base delle prime idee di “mondo occidentale”. Da questo punto di vista non c’è niente di particolarmente stupefacente nel fatto che di distinguiamo dall’“Occidente” – la sua determinazione si è creata proprio per separarsi da noi.

Bisogna considerare che questa costruzione del russo come altro si è avuta in tempi in cui l’attuale idea di multiculturalità sarebbe apparsa una follia. L’“Altro” poteva essere solo “inferiore”, in caso contrario tutta la costruzione avrebbe portato in se avrebbe portato in se un complesso d’inferiorità. Giungendo in paesi come la Cina o l’India, gli europei sapevano a priori di andare verso culture inferiori – sia pure sviluppate “perversamente” (vedi la classificazione dei popoli di Taylor [13]). Per amor di giustizia notiamo che i cinesi rispondevano ricambiando sinceramente, a dire il vero con maggior fondamento – ancora all’inizio del XIX secolo si dava il caso che dalla Cina venisse un terzo della produzione industriale mondiale, mentre dalla Gran Bretagna – il 4,3%! La Russia si trovava sul confine tra questi mondi, ma comunque nel “secondo” (anche dal punto di vista economico, fino all’inizio del XIX secolo eravamo la maggiore potenza industriale d’Europa secondo la ricostruzione di Paul Kennedy [14] nell’“Ascesa e la caduta delle grandi potenze”).

L’idea diffusa della continua e storicamente evidente arretratezza della Russia rispetto all’“Occidente” alla prova dei fatti risultano non più che un’ipotesi, fra l’altro un’ipotesi discutibile. L’unicità della nostra situazione sta nel fatto che, a differenza della Cina, da molto tempo concordiamo con essa, l’abbiamo “interiorizzata” (un po’ come buona parte dei rappresentanti delle minoranze razziali negli USA accetta una posizione subordinata rispetto ai bianchi – nella sociologia americana questo fenomeno viene descritto con il termine “oppressione interiorizzata”).

Questa “interiorizzazione dell’arretratezza” è cominciata senza dubbio sotto Pietro. Fra l’altro, pare, il tratto principale del giovane zar era l’ammirazione per “lo stile di vita occidentale” in grado ben maggiore che l’analisi comparativa oggettiva dei pregi e dei difetti dei sistemi politici e delle tecnologie russi ed europei. I successi militari sugli svedesi furono in gran parte conseguenza dell’idea, applicata per la prima volta, di “guerra totale” – con la mobilitazione globale delle risorse dello stato, delle organizzazioni (la chiesa) e della popolazione – un’idea in quel momento originalmente russa (l’Europa ci giungerà quasi cent’anni dopo, durante la difesa della Rivoluzione Francese dall’intervento straniero). Curiosamente negli anni ’70-‘80- anche l’URSS perse non tanto “la corsa agli armamenti”, quanto “la corsa allo stile di vita”: teoricamente il paese era in grado di reggere la competizione militare con gli USA ancora abbastanza a lungo, tuttavia nessuno voleva continuare questa competizione a questo prezzo – a prezzo di scaffali vuoti, televisori che cadono a pezzi, abiti miseri ecc.

Sotto Pietro per la prima volta la differenza russa nel livello di comfort (in quel momento molto relativa, se si considera la gran massa della popolazione) era spiegata all’interno con l’arretratezza generale del paese. Questa spiegazione si rafforzò nel corso di tutto il XVIII secolo in forza di circostanze ulteriori, cioè il dominio di piccoli stati tedeschi nella politica matrimoniale e dinastica della corte russa. La cultura politica russa moderna fu formata in grandissima misura proprio allora – da principesse europee di secondo piano e dai loro consiglieri. Da questo materiale storico Spengler [15] trasse l’idea della “pseudomorfosi” delle culture – l’inserimento della più forte nelle forme della più debole. In modo particolarmente evidente questo si è mostrato nella politica esterna, strumento chiave per la formazione dell’immagine storica della Russia. La Russia è stata guidata molto spesso – e viene guidata adesso – con una mentalità da piccolo paese. Per cui sono caratteristici: il breve orizzonte temporale, il gonfiare piccole diatribe a dimensioni universali e una facile tendenza alla paranoia.

Questa politica si è sempre trovata in contrasto con il livello oggettivamente evidente di risorse del paese. Di conseguenza la Russia ha spesso profuso tutti i propri enormi sforzi per la soluzione di problemi politici di secondo piano (cfr. la nostra attuale “contrapposizione” nei confronti della Georgia con la probabile leggenda su come Nicola I [16] minacciò un intervento militare contro i francesi dopo essersi offeso per una frivola piece su sua nonna – Caterina II), creando nei politici europei una sensazione di grande inadeguatezza. Trovandosi alla periferia geografica d’Europa ed essendo in grado di risolvere i propri problemi con la forza, la Russia ha formato la propria cultura interna senza tener conto degli interessi degli altri.

Il modo russo di fare alleanze è stato caotico ed incoerente (a differenza della Gran Bretagna : Churchill aveva tutti i motivi per affermare nelle proprie memorie che per 300 anni la politica britannica in Europa si è retta su un’unica concezione – l’alleanza con la seconda potenza politica continentale per arrestare la prima). E’ possibile che, dopo gli insuccessi dell’inizio del XIX secolo, finiti con la sconfitta di Austerlitz, abbiamo deciso che la politica europea era insensatamente complessa, intricata e ipocrita e che era necessario sforzarsi di risolvere tutti i propri problemi in modo totalmente autonomo. Per questo ci punirono con forza nella guerra di Crimea (anche la guerra con la Turchia del 1877-78 e la guerra russo-giapponese le portammo avanti in una situazione di neutralità a noi nemica). Periodicamente cercano di punirci anche adesso, ma sinceramente non capiamo perché. Continuiamo a ritenere che la nostra sopravvivenza e il nostro benessere dipendano solo dalla nostra forza e che non siano in alcun modo legati alla capacità di piacere agli altri e di aiutarli – sia pure con fini pragmatici. Non sentendo di avere un proprio posto nel mondo, la Russia si è trovata priva di una missione positiva in esso. Personalmente questo mi ha particolarmente colpito alla lettura di “Dalla Rus’ [17] alla Russia” di Lev Gumilëv [18]. Spiegando la storia russa, questo non cerca neanche di porsi due domande elementari: “In che modo la Russia è stata necessaria al mondo? Cosa gli ha dato?” (perfino i messicani a suo tempo si sono impegnati a far uscire il bel libro “Cos’ha dato il Messico al mondo ХХ secolo”). Per qualche tempo ci siamo ritenuti i difensori dell’ortodossia (che noi stessi abbiamo pure creato nel suo aspetto attuale), poi i liberatori degli oppressi. Entrambi le missioni hanno polarizzato l’atteggiamento verso di noi nel mondo, ma anche nella nostra ristrettezza ci hanno garantito una certa quantità di amici. Per il russo laico moderno la questione “Perché siamo al mondo?” resta completamente aperta. E’ difficile che tu possa aspettarti amore dagli altri o quanto meno rispetto, se tu stesso non pensi a qualcosa da proporre in cambio.

Questi fattori, che di per se non ci rendono particolarmente simpatici, si assommano alla crisi interna della società occidentale. L’idea del carattere monolitico dei “valori occidentali moderni” è piuttosto un modello da esportazione. Invece gli studiosi seri a volte si trovano in una situazione prossima al panico. “...Io sento che l’uomo dell’Occidente si trova nel pieno di una crisi senza precedenti dei valori del diritto e della riflessione su di esso” – dall’introduzione al notevole lavoro di Harold Berman sulla precedente tradizione occidentale del diritto. Questo autore non è affatto l’unico a percepire cose del genere. Il pensiero occidentale si completamente confuso nell’aspirazione da un lato ad assicurare l’uguaglianza e la felicità generali, dall’altro a mantenere e a moltiplicare i “valori umani”. Il compito, in effetti, appare insolubile – come, per esempio, far convivere l’esigenza di parità dei diritti delle donne con il rispetto delle culture tradizionali? Dire che il dominio esercitato dagli uomini è un relitto storico non si può, in quanto sarebbe una manifestazione di eurocentrismo. Neanche acconsentire alla dominazione si può, in quanto corrobora “tentativi essenzialisti (nuovo insulto alla moda nelle scienze sociali che sta a significare l’ipotesi che le differenze tra le persone possano avere fondamenti oggettivi – n.d.a.) di dare un fondamento al maschilismo”. Non perdiamo molto, restando del tutto al margine di tali discussioni. Immergendosi in esse – tra l’altro – diventerebbe chiaro che per diventare parte del mondo civile, ci tocca aspettare che questo mondo chiarisca finalmente cos’è.

Per quanto riguarda i nostri rapporti con gli USA – particolarmente complessi per recenti motivi storici – la situazione si complica per la presenza negli americani di problemi psicologici interni del tutto speculari ai nostri. Parrà strano, ma anch’essi sentono istericamente una catastrofica caduta del loro significato nel mondo e una perdita del rispetto generale. Negli ultimi vent’anni noi ci siamo già rassegnati alla disgregazione del mondo post-sovietico, essi pure entrano nello stadio doloroso della presa di coscienza della disgregazione di quello post-americano, trovandosi pure ad essere un paese senza una missione positiva. All’improvviso è risultato che avevano acquistato la maggior parte dei propri amici capeggiando l’anticomunismo mondiale, ma dopo la caduta dell’URSS la necessità dell’amicizia con gli USA è diventata tutt’altro che evidente.

Per molti versi perciò l’America sente in modo particolarmente doloroso tutte le deviazioni dei russi da ciò che ritiene la “giusta” via, poiché queste deviazioni mettono a rischio il loro più caro successo in politica estera – “la vittoria nella guerra fredda”. Per noi, d’altra parte, è molto difficile capire perché il Giappone, con la sua economia semichiusa e la sua democrazia poco trasparente (e anche con la storia dei suoi difficili rapporti con il mondo), non è indicato come una minaccia all’opinione pubblica mondiale, mentre con la Russia non passa l’idea di “particolarità”. E’ paradossale, ma il motivo principale è il fatto che negli ultimi 200 anni siamo diventati simili all’“Occidente” in modo irritante. Negli studi sugli scambi multiculturali viene descritto questo fenomeno – l’incomprensione delle culture vicine. Nei confronti degli stessi giapponesi e cinesi gli occidentali spesso dimostrano molta più tolleranza di quanto siano pronti a mostrarne a un rappresentante di uno stato vicino. Nel primo caso partono dalla “presunzione di alterità”, nel secondo ritengono indubbiamente che quella persona debba essere uguale. La Russia in gran parte è ostaggio di questo paradosso. Noi viviamo del tutto secondo le stesse logiche dell’“Occidente”. Se si legge la descrizione di ciò che è ritenuto il modello della mentalità americana, i paralleli con noi sono semplicemente sconvolgenti (è difficile che sia un caso: dimensioni e risorse simili hanno insegnato a pensare e ad agire secondo paradigmi simili). Tanto più irritanti appaiono le differenze. Mi permetto di proporre una metafora: c’è la geometria di Euclide e la geometria di Lobačevskij [19]. Queste sono del tutto equivalenti. Il loro apparato di teoremi è equivalente. Lobačevskij nelle sue costruzioni ha seguito la logica di Euclide se possibile in modo ancor più severo, distinguendosi solo in un assioma fondamentale – ha supposto che le rette parallele si incontrino all’infinito (cercando di dimostrare questo postulato, come teorema, a partire da quello contrario). Di conseguenza, per esempio, la somma degli angoli del triangolo per Lobačevskij non è uguale a 180 gradi ed è garantito che la figura con tale somma di angoli non sia un triangolo. Le nostre differenze rispetto all’“Occidente” sono molto simili alla comparazione delle geometrie: la logica è la stessa, ma una qualche differenza data storicamente muta le conseguenze dell’applicazione di questa logica. Noi ci stupiamo, che i nostri triangoli abbiano una somma di angoli “erronea”, non capendo che proprio questo “errore” li renda triangoli nel nostro spazio.

In tal modo il problema dell’immagine russa consiste in: а) differenze oggettivamente chiare di punti di vista e sistemi e b) incapacità nostra e dell’“Occidente” с «Западом» di agire e comunicare in termini mutuamente comprensibili, senza prediche e offese. Proprio la soluzione della seconda parte del problema è nelle nostre mani. L’ostacolo principale è la mancanza di coscienza del fatto che possiamo essere parte del mondo solo se gli siamo banalmente utili. Sì, alla mentalità russa repelle l’idea di una traduzione dei rapporti “personali” in “commerciali”. Tuttavia da parte del resto del mondo questo pare semplice egoismo. La nostra attuale immagine è utile anche ad alcuni gruppi della società occidentale: ci amano molto avventurieri e politici. Agli uni e agli altri diamo modo di confermare il proprio punto di vista, che si può leggere bene nel giornalismo occidentale che si occupa della Russia: autori abbastanza superficiali si permettono i più stupidi errori quando parlano di fatti, si sentono portatori della più alta conoscenza, irraggiungibile agli “incivili” russi (perfino in confronto al vittoriano Taylor si nota un sostanziale regresso).

Il guaio è che questo “amore” si basa sullo sfruttamento di tutti quei nostri tratti di cui noi stessi preferiremmo liberarci. E buona parte del mondo ci giudica secondo queste descrizioni – vedi sopra la storia del cameriere cileno. Abbiamo bisogno di cercare altri gruppi di sostegno e di capire cosa possiamo dargli. Quasi non sfruttiamo la grande risorsa del business mondiale – e questo non si affretta a farci pubblicità. Questo sembra strano: posso affermare con convinzione che, nonostante le voci diffuse sulla difficoltà di fare affari in Russia, le compagnie internazionali fanno soldi qui, compensando praticamente in toto qualsiasi difficoltà. Del fatto che non vogliano parlare di questo siamo colpevoli noi stessi con la nostra fissazione per l’autosufficienza economica. Il segnale che di fatto mandiamo adesso è: noi vi sopportiamo come male inevitabile, ma non appena la nostra economia si solleverà, ci assicureremo tutto da soli. Una prospettiva del genere difficilmente rallegra qualcuno all’estero. Inoltre è utopica e dannosa per il paese: l’esperienza dell’URSS ha mostrato che un economia può, di principio, produrre tutto – dal chiodo allo Sputnik – ma lo farà con poca qualità e ad alto prezzo.

Ci converrebbe riformulare il messaggio al business mondiale in questo spirito: più forte sarà la Russia, più ci potrà guadagnare il capitale internazionale (e al contempo in modo analogo potrà mutare la propria concezione di se). Allo stesso tempo ci uniremmo per i nostri scopi a un gruppo d’influenza dalle grandi risorse. Forse acquisiremmo una nuova missione. Perché non guardare a noi stessi come una delle locomotive della crescita economica mondiale, capaci di creare posti di lavoro da Città del Capo a Helsinki ? Di fatto questo già accade e accadrà in misura crescente, se potremo mantenere i nostri standard di consumo. Se parleremo o no di questo, praticamente non avrà influenza sui processi reali dell’economia, ma la differenza per l’immagine del paese consiste in questa differenza difficile da cogliere tra il criceto e il topo.

Vladimir Korovkin

06.06.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/color21/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Lo zar Pietro il Grande, che regnò agli inizi del XVIII secolo, ritenuto (anche da molti russi) colui che aprì la Russia all’Europa.

[2] Ivan il Terribile (ma sarebbe meglio dire “tonante” o “minaccioso”) regnò sulla Russia nella seconda metà del XVI secolo e si attribuì per primo il titolo di zar.

[3] Andrej Michajlovič Kurbskij, principe russo che fu consigliere di Ivan il Terribile e poi suo oppositore.

[4] L’unione della chiesa ortodossa con quella cattolica siglata a Firenze nel 1445.

[5] Nome dato agli ortodossi che accettarono l’unione con la chiesa cattolica.

[6] Nell’originale l’autore specifica, come non si può fare in italiano, che furono eredi maschi e femmine. Dopo Pietro il Grande per molti anni il trono russo non passò in linea dinastica e regnarono figlie e consorti di zar.

[7] Letteralmente “urlante”.

[8] Pavel Nikolaevič Miljukov, storico e politico liberale, fuggito in Francia dopo la Rivoluzione d’Ottobre.

[9] In realtà in Lusazia (Germania orientale) sono presenti minoranze di Sorabi – o Sorbi –, popolazione slava imparentata con i Serbi.

[10] Città della Russia settentrionale retta da un regime repubblicano oligarchico fino alla conquista da parte del regno moscovita.

[11] Corsivo mio.

[12] Va detto che i russi di stripe tatara (dallo scrittore Ivan Sergeevič Turgenev al portiere di calcio Rinat Fajzrachmanovič Dasaev) sono sempre stati molto fieri delle proprie origini nonostante i Russi abbiano combattuto per secoli per liberarsi dal “giogo tataro”.

[13] Edward Bennett Taylor, antropologo inglese del XIX secolo.

[14] Storico inglese.

[15] Oswald Spengler (1880-1936), storico tedesco.

[16] Zar di Russia dal 1825 al 1855.

[17] Rus’ è il nome antico della Russia, che dall’epoca di Pietro il Grande si chiama invece Rossija.

[18] Lev Nikolaevič Gumilëv, storico russo, figlio dei poeti Nikolaj Stepanovič Gumilëv e Anna Achmatova.

[19] Nikolaj Ivanovič Lobačevskij, matematico russo, uno dei principali rappresentanti della geometria non euclidea.

22 giugno 2008

Ho cavato fuori un diamante?

Ho cavato fuori un diamante
Ho cavato fuori un diamante
Raro e fine
Ho cavato fuori un diamante
In una miniera profonda e oscura
Se solo potessi restare attaccato
Alla mia bella scoperta
Ho cavato fuori un diamante
In una miniera profonda e oscura

La mia gemma è speciale
Inestimabile
Forte come qualsiasi metallo
O pietra sulla terra
Affilata come qualsiasi rasoio
O lama che tu possa comprare
Luminosa come qualsiasi laser
O stella nel cielo

Forse una volta nella vita
Ne terrai una in mano
Una volta nella vita
In questa terra
Dove il viaggio finisce
In un'inutile rivendicazione
Una volta e ancora
Nel gioco minerario

Ho cavato fuori un diamante
Raro e fine
Ho cavato fuori un diamante
In una miniera profonda e oscura
Giù nell'oscurità
Nella sporcizia e nel sudiciume
Ho cavato fuori un diamante
In una miniera profonda e oscura

(traduzione di Matteo Mazzoni)





Mark Knopfler - Emmylou Harris "I dug up a diamond"

20 giugno 2008

Ancora sulle leggende metropolitane

Ma come funzionano le "leggende metropolitane"? Una spiegazione è stata data, con un linguaggio accessibile e in modo spiritoso, dallo psichiatra napoletano Claudio Ciaravolo nella sua introduzione al libro "Leggende Metropolitane" di Franco Serra, pubblicato da Piemme nel 1999 e nel 2001. Un estratto interessante:

(...) Questi racconti allarmistici fanno leva sul nostro senso civico: noi siamo stati avvertiti e ora dobbiamo avvertire gli altri. Perciò ne parliamo con tutti quelli che conosciamo. E lo facciamo con piacere, dal momento che sono storie piacevoli da raccontare.

A volte, a spingerci a parlarne in giro è proprio il fatto che sono storie sorprendenti, fuori dell’ordinario, che spesso raccontano di scherzi divertentissimi, o contengono soluzioni ingegnose: una “furbata” ai danni di qualcuno evoca grande complicità tra narratore e ascoltatore (specialmente in Italia, terra di dritti o presunti tali). Altrettanto irresistibili sono i racconti sul sesso, che possono contare su un bacino d’utenza vasto, ed entusiasta. Insomma, storie che assolvono una importantissima funzione sociale: raccontarne – e ascoltarne – riempie da sempre uno spazio relazionale all’interno del quale si stringono legami e alleanze. E il gruppo si compatta.

L’utilità e la gradevolezza sono dunque qualità sufficienti a rendere una storia molto raccontabile. Ma può chiamarsi “leggenda metropolitana” solo se si verifica un fenomeno ben preciso: chi la racconta sostiene (falsamente) di conoscere molto bene un testimone oculare. O di esserlo stato lui stesso.

Per comportarsi così non è necessario essere bugiardi incalliti: in genere, i ripetitori di una leggenda sono persone normalissime, che non sono abituate a raccontare balle.

Lo fanno solo perché hanno incontrato una bella storia che conferma in pieno la loro visione del mondo.

Ma di fronte a una storia che accredita finalmente ciò che si è sempre pensato prova da sempre desiderata, come si potrebbe rimanere indifferenti?

Di verificarla non se ne parla neppure. Entusiasta, il ripetitore la racconterà subito a quanta più gente possibile: modificandone, se necessario, qualche particolare. Ma soprattutto, per evitare ogni dubbio, sosterrà di avere notizie di prima mano.

Proprio per scongiurare ogni possibile obiezione, il ripetitore si avvicina alla fonte dell’evento: “E’ accaduto a un mio carissimo amico”. Qualche volta arriva a dichiararsi testimone oculare del fatto, fino a spingersi, in casi estremi, a sostenere che è successo proprio a lui. Sa che le opinioni sono opinabili, ma un fatto è un fatto. E allora mette l’ascoltatore davanti al fatto accaduto.

Così facendo, mente. Sapendo di mentire. Non si sente però un bugiardo, e forse non lo è: è un bugiardoide. In buona fede riguardo al contenuto della storia che racconta (lui la ritiene vera), e in malafede solo per quanto riguarda la testimonianza: la sua è (secondo lui) solo una piccola bugia a fin di bene, che serve a dare maggior forza alla verità. Il ripetitore è infatti realmente convinto che quell’evento sia davvero accaduto a chi gliel’ha raccontato. Chi lo ascolta, se condivide a sua volta il sistema di credenze avallato da quella storia, si comporterà nello stesso modo. E’ così che una storia falsa (una leggenda metropolitana) si diffonde come vera.

Dieci anni fa [1], questa era solo un’ipotesi. Che aveva bisogno di essere confermata da una prova sperimentale. Dovevo riuscire a creare dal nulla – a tavolino – una leggenda metropolitana capace di diffondersi come tutte le altre attraverso il passaparola.

Inventai allora – e misi in circolazione con uno stratagemma – una storia divertente che conteneva una “soluzione geniale”: a Napoli sono in vendita delle magliette con una cintura dipinta sopra, per poter guidare senza allacciarsi le scomode cinture di sicurezza e in barba ai vigili. Storia che poteva essere presa per buona (cioè creduta vera) solo da coloro (e sono tanti!) che possiedono un pregiudizio (un sistema di credenze) ben radicato: i napoletani sono simpatici e creativi, ma un po’ imbroglioni.

L’esperimento riuscì. Per anni, in moltissimi hanno raccontato, mentendo, di conoscere delle persone che avevano visto a Napoli decine di automobilisti indossare le “magliette di sicurezza”. O di averne comprate!, personalmente.

Un’ipotesi assurda: bisognerebbe mettersela e togliersela ogni volta che si sale in macchina, sopra i vestiti. E d’inverno, sopra il cappotto. E a parte la scomodità, quale vigile si farebbe ingannare da un guidatore in maglietta, in pieno inverno? In più, considerando il traffico di Napoli, sempre bloccato, i vigili avrebbero tutto il tempo di scoprire i portatori di maglietta di sicurezza. Specialmente dopo essere stati messi in allarme dalla voce circolante. Come dire: una storia che fa acqua da tutte le parti.

Ma al ripetitore la logica non interessa affatto: per lui, la maglietta di sicurezza è solo troppo bella per essere falsa. (…)


Nota
[1] Fine anni ’80 – inizio anni ’90.

19 giugno 2008

I ragazzi di Sipario

Ricevo da S.L. e pubblico ben volentieri:

'Volevo segnalare un nuovo 'particolare' ristorante è aperto da pochi mesi a Firenze 'I ragazzi di Sipario' una trattoria gestita da ragazzi diversamente abili. Si trova in Via dei Serragli 104, all'interno del Circolo MCL ed è aperta dal lunedì al venerdì, a pranzo, dalle 12,00 alle 14,00.

Un pranzo completo costa intorno ai 10 Euro. La trattoria ha 40 coperti e ci lavorano 17 ragazzi coordinati da una cuoca professionista.

A volte anche mangiando si può fare un'opera buona, anche se questo non è più molto di moda. Se potete, fate girare la notizia, a Firenze quasi nessuno ne ha parlato. Certo non si tratta di un nuovo fusion bar, non si mangia sushi e non si preparano cocktail alla moda ma anche queste realtà sono Firenze e penso valga la pena farle conoscere.

Grazie per far circolare la notizia!'

"Don't worry, be happy"???

Spero che tra chi legge non ci sia chi crede ancora alla storiella del suicidio di "Mr. Don't-Worry-Be-Happy" Bobby McFerrin, che, com'è noto, è ancora vivo, vegeto e ottimista. Però su questa "leggenda metropolitana" si può leggere qualcosa di interessante scritta di una notissima "debunker", Barbara Mikkelson di Snopes (la traduzione e le note sono anche stavolta opera mia):

L’inno allo star bene del 1988 “Don't Worry, Be Happy” trasformò un artista di talento in un nome familiare, collezionando premi Grammy come “canzone dell’anno” e “disco dell’anno” e ottenendo il riconoscimento come “miglior voce maschile pop” a Bobby McFerrin. Servì anche a spargere una voce destinata a vivere a lungo: verso il 1992 girava voce che l’uomo che aveva composto e cantato questa canzoncina saltellante aveva mancato di seguire il proprio consiglio e si era invece ucciso.

In genere queste voci non specificavano, asserivano senza dettagli che “si era suicidato”, ma qualche volta veniva fornito il dettaglio aggiuntivo che si era sparato. La storia era soltanto ironica e perciò molto amata: l’uomo che aveva canticchiato “In every life we have some trouble, but when you worry you make it double” [1] alla fine non aveva potuto reggere ciò che aveva rifilato agli altri. Quelli che avevano sentito quel motivo troppo spesso durante periodi difficili delle loro vite trovarono un certo conforto in questo, perché, come chiunque soffra di depressione può dirvi, superarla richiede ben di più della mera adozione di un atteggiamento alla Pollyanna.

Eppure la storia non era vera. Per quanto sia sceso dalle vette musicali che raggiunse nel 1988, Bobby McFerrin è del tutto con noi e si esibisce regolarmente sia come solista sia come direttore d’orchestra. Le voci sul suo suicidio si adattano a un modello stabilito di celebrità che sono divenute icone della cultura tanto per i loro personaggi gentili e allegri quanto per le loro capacità e che hanno nascosto furtivamente odiosi segreti totalmente in contrasto con queste facce sorridenti o sono morte in conseguenza di questi. In questa categoria troviamo Steve di Blue's Clues [2] e il Jared Fogel di quegli interminabili spot di Subway [3], che si sarebbero uccisi in svariati modi, ma anche il cantante John Denver e il presentatore di uno show per bambini Mr. Rogers [4], di cui si dice che siano stati per un tempo tiratori scelti [5]. Ci piace cercare il lato oscuto e godiamo nel trovarlo, fino al punto di aggrapparsi allegramente a voci completamente su persone percepite come Goody Two-Shoes [6].

Comunque la falsa voce sul “suicidio di Bobby McFerrin” ha veramente una corrispondenza nella realtà. Il 10 febbraio 1942 l’uomo che nel 1915 scrisse la musica di “Pack Up Your Troubles in Your Old Kit Bag and Smile, Smile, Smile” [7] si tolse la vita. Indossando l’uniforme della milizia volontaria di Peacehaven [8], l’ex sergente dell’esercito britannico Felix Powell si sparò nel cuore con il proprio fucile.

Barbara “canto del cigno” Mikkelson


Note

[1] “In ogni vita abbiamo problemi, ma se ti preoccupi li raddoppi”.

[2] “Blue’s Clues” (qualcosa come “Le pensate di Blue”) era un programma televisivo per bambini del canale televisivo via cavo americano “Nickelodeon” condotto dall’intrattenitore Steve Burns.

[3] L’uomo immagine della catena di fast food americana Subway era tal Jared Fogle, che sosteneva di essere dimagrito di oltre 100 chili grazie a una dieta a base di panini Subway.

[4] Fred Rogers, che condusse per oltre trent’anni un famoso programma televisivo americano per bambini.

[5] Sottintendendo che dopo il congedo dall’esercito si sarebbero “messi in proprio” facendo i killer.

[6] Goody Two Shoes (qualcosa come “Donna Due Scarpe”) è un personaggio di un racconto popolare americano analogo a “Cenerentola”. L’espressione Goody Two Shoes designa però persone buone in modo affettato e fastidioso e può essere anche sinonimo di “ipocrita”.

[7] “Impacchetta i tuoi guai nella tua vecchia borsa per gli attrezzi e sorridi, sorridi, sorridi”, canzone di tono estremamente ottimista molto popolare al tempo della I Guerra Mondiale.

[8] Piccolo insediamento sulla costa meridionale inglese.

18 giugno 2008

Magdi Cristiano Allam

Associazione Amici della Badia di Settimo

e

Libreria La Cometa


Magdi Cristiano Allam


presenta il suo ultimo libro


grazie gesù

la mia conversione dall'Islam al cattolicesimo



Lunedì 30 giugno 2008

ore 17.30



Abbazia di S. Salvatore a Settimo – Scandicci - Firenze


Ingresso libero - bus 26 da p.za S.Maria Novella – Firenze

16 giugno 2008

Russia: verso una "democrazia" sempre più sovrana?

Parlament light [1]

L’amministrazione presidenziale ha proposto di fare della Duma di Stato [2] un “organo applaudente”

Che lo spostamento di Putin sulla poltrona del premier avesse avviato un processo di spostamento dei poteri verso la Casa Bianca [3] era evidente quantunque Medvedev e Putin assicurassero il contrario e giurassero fedeltà alla costituzione, promettendo di non mutarla.

Ed ecco che il processo si è avviato: il capo dell’amministrazione presidenziale Sergej Naryškin ha invitato senza mezzi termini a mutare la costituzione per rafforzare il ruolo del governo. Finora gli alti funzionari non avevano osato nulla di simile.

Secondo Naryškin è opportuno ridurre il numero di “soggetti di diritto con iniziativa legislativa” – di coloro che hanno il diritto di presentare disegni di legge alla Duma di Stato. Adesso hanno tale diritto, secondo l’articolo 104 della costituzione, il presidente, il governo, il Consiglio della Federazione [4], i singoli membri del Consiglio della Federazione, i deputati della Duma di Stato, i parlamenti regionali e anche la Corte Costituzionale, la Corte Suprema e l’Alta Corte Arbitrale [5] “su questioni di loro competenza” [6]. In tutto, contando 450 deputati della Duma di Stato, 168 membri del Consiglio della Federazione e 84 dei parlamenti regionali, ci sono oltre settecento “soggetti di diritto”. Questo in teoria. In pratica non certo tutti presentano disegni di legge.

Le iniziative delle regioni presentate alla Duma di Stato sono sempre state respinte – con rare eccezioni. Per quanto riguarda le iniziative di deputati e senatori, nei primi mandati della Duma si poteva ancora contare sull’iter di disegni di legge “individuali”, che venivano portati avanti con l’autorità e l’energia personali degli autori. Negli ultimi mandati, quando la maggioranza costituzionale ha cominciato ad appartenere a “Russia Unita” [7], hanno avuto la chance di un iter solo le iniziative concordate in precedenza con il Cremlino.

Comunque i parlamenti regionali e singoli deputati propongono disegni di legge che passano per le commissioni della Duma, vengono dibattuti pubblicamente, provocano risonanza a livello sociale e in caso di insuccesso danno ai loro autori la possibilità di accusare la Duma di Stato di bloccare iniziative utili. Simili rimproveri risuonano perfino in una situazione in cui praticamente tutti gli organi legislativi sono controllati da “Russia Unita” – i “fratelli maggiori” fingono di non vedere i “minori”. Così l’assemblea legislativa di Piter [8] si lamenta regolarmente del fatto che la Duma di Stato respinga i suoi disegni di legge in campo sociale – per esempio quello sulla seconda pensione per i lavoratori delle retrovia e i veterani dell’ultima chiamata alle armi e sul riconoscimento dello status di veterani agli ex prigionieri dei fascisti [9] indipendentemente dalla loro età al momento della liberazione.

Il capo dell’amministrazione presidenziale propone di risolvere questi problemi in modo radicale: tagliando il numero dei “soggetti”. Dice “quando altri soggetti (non il governo) presentano disegni di legge, nella maggior parte dei casi esprimono preferenze locali a scopo elettorale e talvolta altri interessi privati e corporativi, interessi di mantenimento di un’immagine”. Ma invece il governo “dispone di maggiori risorse per attuare il diritto di iniziativa legale con grande efficacia pratica” e “per primo riceve segnali sulla necessità di elaborare disegni di legge”.

L’allusione è estremamente chiara: il diritto di presentare disegni di legge va lasciato solo al governo (sarebbe interessante sapere: e il presidente? O neanch’egli dispone delle risorse necessarie e non riceve i segnali per primo?). Certo, non cambieranno la costituzione proprio adesso, tranquillizza Naryškin (“l’incremento dell’efficienza dell’amministrazione statale e del suo strumento principale – l’iniziativa legale – non è compito di un solo anno”), ma “non bisogna” neanche “rimandare a domani” la soluzione di questo problema…

Fra l’altro la proposta indicata appare dubbia e gli argomenti di Naryškin poco convincenti. Davvero il governo “esprime interessi privati o corporativi” o “interessi di mantenimento di un’immagine” in misura minore dei deputati? No di certo: come valutare allora, tanto per dire, l’ultima decisione del governo prima dell’insediamento di Medvedev di accelerare i ritmi di crescita delle tariffe sui monopoli di risorse naturali? E i “segnali sulla necessità di elaborare disegni di legge” di solito vengono ricevuti per primi dai deputati, che hanno a che fare con gli elettori più spesso dei ministri.

Il governo, se qualcuno non lo ricorda, è il potere esecutivo. Il suo compito è applicare le leggi. Sì, in molti paesi d’Europa è proprio il governo a presentare la maggior parte dei disegni di legge. Ma il governo fra l’altro è formato dal parlamento [10] ed è sotto il suo controllo.

La funzione del governo russo, secondo lo stesso articolo 104 della costituzione, è dare responsi su disegni di legge in campo finanziario ed economico: senza il suo parere è proibito esaminarli (il che è un mezzo efficace per far sì che il governo blocchi disegni di legge inadeguati). Ma farne anche il monopolista della presentazione di disegni di legge? Perché allora il parlamento dovrebbe in generale fungere da “organo applaudente”?

Certo, ora che gli “orsi” [11] hanno la maggioranza costituzionale alla Duma, la proposta di Naryškin cambia poco le cose sul piano pratico: comunque non diventerà legge una sola proposta non approvata da Putin. Ma questo stato di cose non è eterno e prima o poi il nuovo parlamento avrà chiaro che potrà solo aspettare disegni di legge dal governo (come un fax programmato per la ricezione automatica), ma non avrà neanche il diritto di presentarli. E cambiare la costituzione sarà estremamente difficile

Fra l’altro, se si sono prefissi il compito di rafforzare quella branca del potere, alla guida della quale al momento presente si trova il “leader nazionale” [12], il processo andrà avanti. E’ forse invano che il più sicuro indicatore delle intenzioni del Cremlino – l’immutabile guida dei liberal-democratici [13], che per molti anni ha difeso strenuamente la forma presidenziale di governo – abbia preso a parlare di repubblica presidenziale?

Boris Višnevskij [14], osservatore della “Novaja gazeta”

05.06.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/40/12.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Gioco di parole. Parlament è “parlamento” in russo, “Parliament Light” un noto tipo di sigarette. Un parlamento light, cioè “leggero” è quello che vorrebbe l’amministrazione presidenziale russa…

[2] “Duma” è il nome dato a tutte le assemblee legislative russe…

[3] La sede del governo russo.

[4] Sorta di Senato russo composto da rappresentanti dei soggetti della Federazione Russa (repubbliche autonome, regioni, ecc.)

[5] Tribunale deputato a dirimere questioni economiche.

[6] Notare che in Russia non esiste l’istituto della legge di iniziativa popolare (perfino i referendum abrogativi sono diventati praticamente impossibili).

[7] Partito che ha il solo scopo di portare avanti la politica di Putin.

[8] Nome colloquiale di San Pietroburgo.

[9] Qualifica generica di Hitler e dei suoi alleati.

[10] O per meglio dire è espressione della maggioranza parlamentare.

[11] Medvedi (orsi) sono detti i sostenitori di Medvedev…

[12] Putin, ovviamente…

[13] Il nazionalista Vladimir Vol’fovič Žirinovskij, leader del cosiddetto Partito Liberal-Democratico.

[14] Boris Lazarevič Višnevskij, esponente del partito di orientamento liberale "Jabloko".

15 giugno 2008

Haiku? (IV)

"Musicali", ironici... Mica faccio sul serio... Però mi piacerebbe anche ispirare qualcuno...


"...Amico mio,
culattone, aspettami"?
Pareidolia!


"People from Ibiza"
o "Pippo fa la pizza"?
Ciao Sandy Marton...


A "In bocca al lupo!"
non si risponde "Grazie",
si dice "Crepi!"


Marco Masini
rifà "Nothing else matters"?
Chi se ne frega!


Se solo sapessi
scriver haiku veri,
li leggerebbero...


Per chi avesse perso le puntate precedenti: Haiku?, Haiku? (II), Haiku? (III)

Il "meglio" delle chiavi di ricerca di maggio del mio blog-CV

afanas'ev: vedi qui

communication is important and situations where teamwork is essential:
vedi qui

curriculum driving licence b:
vedi communication is important and situations where teamwork is essential

cv european 2008:
vedi qui

cv francese competences sociales:
vedi qui

cv italiana:
vedi qui e qui

cv matteo mazzoni:
vedi cv italiana

cv organisational skills and competences:
vedi communication is important and situations where teamwork is essential

degeree classification; cv: vedi communication is important and situations where teamwork is essential

manager personal skills and competences cv:
vedi communication is important and situations where teamwork is essential

matteo mazzoni curriculum:
vedi cv italiana

mazzoni matteo firenze traduttore:
vedi afanas'ev

organisation skills on cv:
vedi qui

principal subjects-occupational skills covered:
vedi communication is important and situations where teamwork is essential

russian language levels: vedi communication is important and situations where teamwork is essential

stage presso la sede rai di mosca:
magari...

13 giugno 2008

Se proprio non ci si può liberare dallo spam, lo si potrebbe riciclare come umorismo...

Ricordate questo? Nelle caselle di posta elettronica continuano ad arrivare perle notevoli:


Saluti da Virgin Finance
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