28 febbraio 2010

Putin e la messinscena della centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja

Putin comanda manualmente gli elementi



Il premier ha rianimato la centrale idroelettrica Sajano- Šušenskaja. Delle conclusioni della commissione statale si sono infischiati con successo


Premuto un simbolico bottone rosso alla centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja, Vladimir Putin ha avviato a ritmo industriale l'impianto idrico n. 6 (G-6) – il primo dei dieci ad essere ristabilito dopo il disastro di agosto. Si programma di avviare il G-5 a marzo ed è già chiaro che la tabella di marcia non sarà violata e i lavori di avvio e rimessa in ordine saranno portati avanti. Una novità di importanza vitale per tutti gli abitanti delle valli e dei terrazzamenti dello Enisej. L'avvio di due impianti idrici e la messa in ordine per il 1 giugno della prima linea di scarichi sulla riva, come si ritiene, garantisce il passaggio delle acque primaverili senza distruzioni catastrofiche.

Di neve sull'altro corso dello Enisej ne è caduta molta. Prognosi in qualche modo affidabili riguardanti la piena appariranno solo ad aprile.

Una precisazione indispensabile. Oltre agli altri suoi talenti Vladimir Putin possiede il dono di sdoppiare la realtà. Non appena preme un pulsante o taglia un nastro da qualche parte – sia su un ponte sull'Amur [1] o su un ponte sullo Enisej – il reale si divide nettamente in ciò di cui ci informano e in ciò che è dato percepire. I ponti poi vengono chiusi per essere completati, l'autostrada federale, “che finalmente lega con la comunicazione automobilistica le rive dell'oceano Atlantico e del Baltico”, per ora non c'è. Perciò bisogna chiarire la situazione con il bottone rosso alla centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja e con il flusso che lentamente e solennemente è corso per le condutture. I meno danneggiati G-6 e G-5 a ritmo ridotto funzionavano già dal 30 dicembre. Il G-6 era stato provato a tutti i regimi di funzionamento e, a quanto dicono i tecnici della centrale idroelettrica, dal 16 febbraio è in rete, dal 19 produce stabilmente energia. Non si tratta di test, ma di funzionamento continuo. Ma naturalmente, per non violare le gloriose tradizioni del nostro paese (da parte dei capi un regime di comando manuale del paese, da parte dei sottoposti servilismo, villaggi di Potëmkin [2], ecc.), è stato prodotto un avvio solenne con la partecipazione del premier.

Fra l'altro è solo una coccarda e non cambia l'essenziale. L'avvio del G-6 è un grande avvenimento per la Russia. Non una gioia, certo, niente affatto – dopo tutto ciò che è successo, ma un'amara vittoria, la prima dopo la tragedia di agosto. La centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja sarà ristabilita, se la caverà con la piena e la catastrofe causata da un errore umano non dividerà la Russia a metà lungo il meridiano dello Enisej seppellendo centinaia di migliaia di persone – adesso la speranza in questo senso perfino per gli scettici incalliti diventa sensibile, si concretizza, acquista realtà. Il 24 febbraio sui teleschermi hanno chiamato eroi ragazze sugli sci con i fucili e ragazzi sui pattini, peccato che non abbiano notato gli sgobboni in tute da lavoro con i loghi di compagnie di tutta la Russia, che la Russia l'hanno stretta insieme, come una botte, con cerchi di ferro. Farò il nome di due soli vincitori – del ristabilimento del G-6 è stato responsabile Aleksej Bokov, designato direttore della centrale idroelettrica Votkinskaja [3] e il suo collega, responsabile del G-5, Sergej Bologov, direttore della centrale idroelettrica della Kama [4].

Per la fine di quest'anno è in programma anche l'avvio del G-3 e del G-4. I restanti sei impianti non saranno ristabiliti. Dopo l'installazione di nuove macchine al loro posto saranno sostituiti anche quei quattro impianti che adesso vengono avviati dopo la riparazione. Nel complesso si programma di portare a compimento la ricostruzione della centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja nel 2014. Come ha detto Putin, “la centrale sarà ristabilita tenendo conto delle più severe esigenze di sicurezza”.

E così ci saranno nuove turbine (ma fino ad allora funzioneranno le quattro vecchie), un nuovo sistema automatico già c'è, ai lavoratori della sala macchine sono stati dati giubbotti di salvataggio. Tra l'altro ricordo le conclusioni della commissione statale: questa raccomandò di non riparare la centrale idroelettrica, ma di elaborare un nuovo progetto, corrispondente al livello di pericolosità dell'oggetto. E inizialmente c'era speranza che, come dopo Černobyl', la reazione tecnologica e organizzativa alla catastrofe sarebbe stata più adeguata di tutti i discorsi ufficiali. Non so se si possa considerare la sostituzione delle turbine e i sistemi automatici alle chiuse un “nuovo progetto di centrale idroelettrica”. Ma è chiaro che la catastrofe ci ha messi in un vicolo cieco, tutte le decisioni sono forzate. Il corso dello Enisej non si può fermare.

Alla cerimonia di avvio Putin ha dichiarato: “Si riduce il peso sul sistema energetico, spero che anche sulle tariffe questo si rifletta nel senso di una riduzione”. Purtroppo il premier non ha chiarito in che modo le sue speranze possano realizzarsi. E la sua successiva rivelazione ha lasciato un brivido alla popolazione locale. Risulta che, tenendo qui una riunione dopo l'incidente, Putin considerasse il problema principale questo: “si tratta, certo, di non permettere la distruzione dello stesso corpo della diga, avendo in vista le complesse condizioni invernali della Siberia: gli scarichi e così via”. Ora il premier ha constatato: il problema è risolto. “Siamo venuti a capo di tutto questo”. Centinaia di migliaia di persone che vivono sotto la diga, non avrebbero dovuto sapere prima di questi problemi?

Ma tutto quello che il premier ha detto più tardi non ha suscitato domande – tutta quella reprimenda che ha fatto al grande business che ha preso parte allo smembramento della Spa EÈS [5] e che adesso non hanno adempiuto le loro obbligazioni di investimento. E' curioso che Putin abbia rammentato personalmente molti magnati dell'energia – Michail Prochorov, Leonid Lebedev, Viktor Veksel'berg. Ma non tutti. Così, parlando dei problemi della OGK-3 [6], Putin ha fatto rimostranze nei confronti di Vladimir Potanin. Fra l'altro la OGK-3 è controllata dalla “Nornikel'” [7], nel capitale di base della quale la quota di Potanin è pari alla quota della Rusal [8] (di Oleg Deripaska). Questi hanno circa il 25 %. Ma Deripaska non è stato rimproverato da Putin.

Il discorso del premier ha dimostrato il suo preciso controllo della situazione. Era la conversazione del capo con i sottoposti, costruito secondo le leggi del genere, con note concilianti conclusive. Quando la conversazione verte su progetti e soldi e non sulle persone, sulla loro vita e la loro morte, questo potere è molto convincente.

Aleksej Tarasov
nostro corrispondente, Krasnojarsk
[9]

26.02.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/020/04.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Fiume dell'estremo oriente della Siberia.

[2] Si dice che il favorito di Caterina II Grigorij Aleksandrovič Potëmkin avesse fatto costruire villaggi di cartapesta da mostrare alla sovrana come “colonie agricole”. Una leggenda, pare, ma qualcosa di emblematico.

[3] Centrale della Russia europea orientale.

[4] Fiume della Russia europea orientale.

[5] Edinaja Ènergetičeskaja Sistema (Sistema Energetico Unito), grande società energetica russa.

[6] Ob''edinënnaja Generirujuščaja Kompanija (Compagnia Riunita di Generazione di Energia).

[7] NORil'skij NIKEL' (Nichel di Noril'sk). Noril'sk è una città della Siberia settentrionale.

[8] RUSskij ALjuminij (Allumino Russo).


[9] Città della Siberia centrale.

Una bischerata divertente

THE STORY OF CAPPUCCETT RED

One mattin her mamma dissed:
"Dear Cappuccett, take this cest to the nonn, but attention to the lup that is very ma very kattiv! And torn prest! Good luck! And in bocc at the lup!”
Cappuccett didn't cap very well this ultim thing but went away, da sol, with the cest. Cammining cammining, in the cuor of the forest, at a cert punt she incontered the lup, who dissed:
"Hi! Piccula piezz'e girl! 'Ndove do you go?" "To the nonn with this little cest, which is little but it is full of a sacc of chocolate and biscots and panettons and more and mirtills" she dissed.
Ah, mannagg! "A Maruschella (maybe an statement com: what a cul that had)" dissed the lup, with a fium of saliv out of the bocc.
And so the lup dissed:
"Beh, now I dev andar because the telephonin is squilling, sorry." And the lup went away, but not very away, but to the nonn's House. Cappuccett Red, who was very ma very lent, lent un casin, continued for her sentier in the forest. The lup arrived at the house, suoned the campanel, entered, and, after saluting the nonn, magned her in a boccon. Then, after sputing the dentier, he indossed the ridicol night berret and fikked himself in the let. When Cappuccett Red came to the fint nonn's house, suoned and entered.
But when the little and stupid girl saw the nonn (non was the nonn, but the lup, ricord!) dissed: "But nonn, why do you stay in let?".
And the nonn-lup:
"Oh, I've stort my cavigl doing aerobics!".
"Oh, poor nonn!", said Cappuccett (she was more than stupid, I think, wasn't she?).
Then she dissed: "But...what big okks you have! Do you bisogn some collir?".
"Oh, no! It's for see you better, my dear (stupid) little girl" dissed the nonn-lup.
Then cappuccett, who was more dur than a block of marm: "But what big oreks you have! do you have the Orekkions?".
And the nonn-lup: "Oh, no! It is to ascolt you better".
And Cappuccett (that I think was now really rincoglionited) said: "But what big dents you have!".
And the lup, at this point dissed: "it is to magn you better! And magned really tutt quant the poor little girl".
But (ta dah!) out of the house a simpatic, curious and innocent cacciator of frod sented all and dissed:
"Accident! A lup! Its pellicc vals a sac of solds. And so, spinted only for the compassion for the little girl, butted a terr many kils of volps, fringuells and conigls that he had ammazzed till that moment, imbracced the fucil, entered in the stanz and killed the lup. Then squarced his panz (being attent not to rovin the pellicc) and tired fora the nonn (still viv) and Cappuccett (still rincoglionited). And so, at the end, the cacciator of frod vended the pellicc and guadagned honestly a sacc of solds. The nonn magned tutt the leccornies that were in the cest. And so, everybody lived felix and content (maybe not the lup!).

26 febbraio 2010

Il "meglio" delle chiavi di ricerca di gennaio 2010

giornata della memoria 2010: vedi qui

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a favore della lunezia
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auguri di buon 2010 da gianfranco ravasi: grazie

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cerco armi illegali
: ?

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: Kant...

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mi ero candidato per l'unitech
: buon per te...

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: la crocchetta???

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ricerca di persone ricercate, i cadaveri non identificati e persone indifese ignoti al registro dipartimentale di una banca dati centrale: mah...

riflessioni sulla strage del popolo ceceno
: c'è molto da riflettere

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romanov violentati: violentati?

sardo pestato in germania dai terroni negli anni 60-70: politicamente scorrettissimo

si può fare un reportage sul caffè?: perché no?

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ss rauff: vedi vera paggi e micaela nason

testi e poesie sulle deportazioni russe in siberia
: non ho materiale in proposito

tolstoj massone: anche lui?

una persona camaleontica: vedi qui

bloggatore matteo mazzoni
: eccomi qui

dey oleksandr deve morire: addirittura?

gli altri ti vedono come qualcuno da prendere con le molle
: vedi qui

teoria di popov sull'origine russa degli etruschi: non sono informato in proposito...

Il 23 febbraio come emblema della Russia di Putin

L'ombra del Difensore della Patria: per ceceni e ingusci il 23 febbraio resta una data tragica


Ivan SUCHOV, 25.02.2010 09:12


Alla fine di febbraio per molti cittadini lavoratori è stata messo da parte un'altra festività inattesa, dedicata al Giorno del Difensore della Patria, noto in passato come Giorno dell'Esercito e della Marina Militare Sovietici. In forza della tradizione questa data in generale aveva cessato di essere una festa professionale dei militari e si era trasformata in uno strano contrappeso di gender del “giorno della donna” dell'8 marzo. Tra l'altro la data del 23 febbraio è dubbia da tutti i punti di vista e talvolta pare che sarebbe più adeguato fare di questo giorno un giorno di lutto. Nessuna gloria militare della storia russa è legata a questo giorno e peraltro questo ogni anno coincide con il giorno della memoria della totale deportazione del popolo ceceno e di quello inguscio – un avvenimento tragico, che spiega molto della politica caucasica contemporanea e dei rapporti degli abitanti del Caucaso settentrionale con tutti gli altri russi.



Si ritiene pure che nel Caucaso la pace, la Cecenia e l'Inguscezia vivano l'ennesima sciagura. Subito prima della festività nel bosco al confine tra di esse un grande gruppo di poveri paesani che raccoglievano aglio orsino si è trovata in una zona di operazioni speciali delle forze federali. Secondo i comunicati ufficiali, alcuni civili sono caduti sotto il fuoco sotto il fuoco incrociato delle forze federali e dei militanti, ma un testimone sopravvissuto per miracolo, un ceceno di 19 anni, dice che non c'è stato un fuoco incrociato. Che i federali, evidentemente, hanno preso lui e I suoi amici per militanti, perché altrimenti è difficile spiegare perché li hanno fatti prigionieri e in seguito abbiano ucciso a colpi d'arma da fuoco alcuni di loro. I presidenti di entrambe le repubbliche Ramzan Kadyrov e Junus-Bek Evkurov hanno cercato di far luce sull'accaduto, ma ciò è sempre difficile quando si tratta delle strutture armate.



Su questo sfondo in Inguscezia è quasi successo uno scandalo: è venuto a conoscenza dell'opinione pubblica locale il piano delle iniziative del presidente Junus-Bek Evkurov, che, essendo egli stesso un militare, si preparava a festeggiare i colleghi. Al presidente è toccato invitare gli sconvolti abitanti della repubblica e spiegare che nel giorno di lutto non ci sarebbe stato e non avrebbe potuto esserci alcun festeggiamento. E, perché le date non si incrociassero, fare una visita formale di festeggiamento ai reparti militari alla vigilia, il 22 febbraio.



Fare gli auguri a un ceceno o a un inguscio per il Giorno del Difensore della Patria non è tanto un'offesa, quanto un'estrema mancanza di tatto. Tuttavia la televisione nella festività non ha fatto altro che fare gli auguri. E su un canale centrale hanno mostrato una dopo l'altra tutte le puntate di un serial sull'ultima guerra cecena, in cui ceceni erano indubbiamente il Male e i militari russi il Bene assoluto. Chissà perché a nessuno dei capi televisivi e politici del paese, che si considera multietnico, è venuto in mente come tutto questo “bene” appaia, per esempio, in un villaggio dove hanno appena sepolto dei raccoglitori di agli orsino uccisi, eppure i televisori funzionano anche là. E molti, se non tutti, considerano se stessi e le proprie famiglie vittime dei “difensori della Patria”.



Fra l'altro ieri, 24 febbraio, ha ricordato il giorno della propria indipendenza l'ex repubblica sovietica di Estonia. Nonostante l'ostentata preoccupazione delle autorità russe per le persone di etnia russa che 19 anni dopo la caduta dell'URSS costituiscono quasi un terzo della popolazione di questo piccolo paese, il giorno dell'indipendenza dell'Estonia in Russia non è entrato nella lista dei temi televisivi. Eppure le nostre feste non a caso si ricordano di seguito.



Il 24 febbraio 1918 a Revel' (così allora si chiamava Tallin) ebbe termine il potere dei bolscevichi, mantenutosi là assai poco, e il comitato di salvezza nazionale dichiarò l'Estonia repubblica democratica indipendente. Esattamente il giorno seguente i tedeschi entrarono a Revel'. Ma l'indipendenza proclamata da un giorno bastò perché le potenze europee la riconoscessero. Quando la stessa Germania del Kaiser cadde nel novembre 1918, il precedente del 24 febbraio divenne la base per la formazione di un paese indipendente. L'unione dei paesi baltici all'URSS nel 1940 non fu così riconosciuta legale dalla maggior parte dei paesi occidentali, finché l'URSS nella fase finale della propria esistenza, nel settembre 1991, non acconsentì alla sovranità di Estonia, Lettonia e Lituania.



Il 24 febbraio 1918 i bolscevichi si muovevano ardentemente verso la conclusione della pace di Brest-Litovsk con i tedeschi, pesantissima per la Russia. Alla firma dell'accordo mancavano solo un attacco tedesco e esattamente una settimana di tempo. L'attacco dei tedeschi, sferrato il 24 febbraio, si rivelò un po' più reale dei semi-mitici successi dell'appena creata Armata Rossa presso Pskov [1] e Narva: se anche ci furono, risultarono cancellate da Brest. Cosicché il senso di orgoglio militare russo nel giorno 23 febbraio sembra un po' stiracchiato.



Neanche con la deportazione di ceceni e ingusci è tutto semplice. Ceceni e ingusci certamente non furono gli unici a cadere sotto il rullo compressore delle repressioni staliniane in generale e delle deportazioni in particolare. Per primi nel volano della deportazione totale nell'agosto 1941 finirono i 367000 tedeschi del Volga [3]. Ad essi in parte seguirono ungheresi, bulgari e finlandesi – per il motivo che i loro paesi di origine combattevano dalla parte della Germania hitleriana. In seguito, in pratica totalmente, furono deportati calmucchi [4], carachi [5], balcari [6], tatari di Crimea, nogai [7], turchi della Moschia [8], greci del Ponto. In parte bulgari, zingari della Crimea, curdi.



Ceceni e ingusci si rivelarono semplicemente di voce più forte degli altri. Il giorno dell'operazione “Lenticchia” [9], il 23 febbraio 1944, quando gli agenti dello NKVD [10] portarono via dalle loro case 362000 ceceni e 134000 ingusci, li caricarono su vagoni non riscaldati e li inviarono nell'orribile gelo di febbraio nelle nude steppe del Kazakistan, è diventato più noto delle date delle deportazioni dei tedeschi del Volga o, mettiamo, dei carachi.



La Cecenia ebbe la sua Chatyn' [11] – Chajbach [12], i cui abitanti, che avevano rifiutato di trasferirsi, furono bruciati vivi. Un enorme numero di persone rimase congelato per la strada. Ma quelli che sopravvissero furono forgiati da molte comunità agrarie sparse e da tejp [13] arcaici in un'integrità etnica. Naturalmente nella loro carta del mondo l'odio aveva un posto enorme. Accumulato nelle relativamente recenti memorie della Grande Guerra Caucasica del XIX secolo, del generale Ermolov [14] e dell'imam Šamil' [15], fu rafforzato cento volte dalla deportazione.



Per chiarezza immaginate cosa sentireste nei confronti di uno stato che non passasse semplicemente le vostre città al pettine della repressione, ma un bel giorno trasformasse tutto il vostro popolo, senza differenze di sesso e di età, dai piccoli ai grandi, in prigionieri senza diritti. Che vi scaraventasse in vagoni merci congelati e vi portasse in una steppa lontana e straniera per 13 lunghi anni. E poi tra i denti vi permettesse di tornare, senza scusarsi di nulla, ma come continuando a guardarvi storto.



Il cronista del GULAG Aleksandr Solženicyn, visti i ceceni esiliati in Kazakistan, li pose a parte tra tutte le altre vittime per motivi etnici: “I ceceni... sono pesanti per gli abitanti dei dintorni... rozzi, sfacciati, non amano apertamente i russi. Ma meritava... mostrare l'indipendenza, il coraggio – e la condiscendenza dei ceceni era allora conquistata! Quando ci sembra che ci rispettino poco – bisogna verificare se viviamo così”.



E altrove: “C'era un'etnia che non si era affatto arresa alla psicologia della sottomissione. Non delle persone isolate, non dei rivoltosi, ma tutta l'etnia al completo. Si tratta dei ceceni... Dopo che una volta li avevano strappati ai loro luoghi con fare da traditori, questi ancor di più non credevano a nulla... in nessun posto cercarono di soddisfare o piacere ai capi – ma furono sempre orgogliosi davanti a loro e perfino apertamente ostili. Disprezzando le leggi dell'istruzione generale e quelle scienze scolastiche di Stato, non facevano andare a scuola le loro bambine, perché non si sciupassero là e non ci facevano andare neanche tutti i bambini. Non mandavano le loro donne al kolchoz. Ed essi stessi non si curvavano nei campi dei kolchoz. Più di tutto cercavano di diventare autisti: star dietro a un motore non è umiliante, nel continuo movimento dell'automobile trovavano la soddisfazione delle loro passioni da džigit [16], nelle possibilità degli autisti quella delle loro passioni ladresche. Fra l'altro quest'ultima passione la soddisfacevano anche immediatamente. Portarono nel pacifico, onesto, sonnacchioso Kazakistan un concetto: “hanno rubato”, “hanno ripulito”. Potevano trafugare bestiame, depredare una casa e talvolta anche semplicemente strappare qualcosa con la forza. Gli abitanti locali e quei deportati che così facilmente si sottomettevano ai capi, li valutavano quasi come della loro stessa natura. Rispettavano solo i rivoltosi”.



Non stupisce che questo rispetto per i rivoltosi sia esploso poi, 35 anni dopo l'“amorevole” concessione di tornare a casa, con due pesantissime guerre. In cui divennero comandanti quelli che erano nati in esilio e soldati i loro figli. E soffrirono tra gli altri i vecchi, che ricordavano la deportazione.



Io, persona di una famiglia in cui c'è a chi fare gli auguri il 23 febbraio per la festa dei militari di professione, non dimenticherò mai due vecchi caucasici piegati dall'età con un abisso assoluto di delusione negli occhi scoloriti. Un ceceno, che si era rifugiato in un freddo vagone cuccetta in mezzo a un campo innevato, in un treno dato come abitazione ai profughi della Groznyj distrutta. Come un telescopio si era tutto rannicchiato e si copriva la testa con le mani, quando sul pavimento del vagone spostavano uno sgabello – gli sembrava che di nuovo tuonasse una cannonata. E un inguscio, che aveva combattuto con i tedeschi nella Grande Guerra Patriottica [17] ed era stato ferito così gravemente presso Novorossijsk [18] che avevano comunicato alla sua famiglia che non sarebbe sopravvissuto. Quando tornò a casa dal fronte risultò che la sua famiglia, tutto il villaggio e tutto il popolo erano stati deportati in Kazakistan. E nel 1992 la sua famiglia si trovò nel pieno del conflitto osseto-inguscio nel distretto Prigorodnyj [19], il quale (conflitto) di per se è stata eredità diretta della deportazione degli ingusci. 15 anni dopo il conflitto nel distretto Prigorodnyj sedeva presso la sua roulotte da profugo e con gli occhi mezzi accecati guardava il suo vecchio giardino, che si trovava a 500 metri di distanza. Ma dall'altra parte della frontiera amministrativa impossibile da attraversare per lui tra due regioni russe – l'Inguscezia e l'Ossezia del Nord.



Alcuni storici ossequenti della “civiltà sovietica” ricordano che le deportazioni staliniane, in primo luogo, non furono un “esperimento” unico: il governo zarista negli anni 1860-1870 inizialmente esiliò in pianura i montanari del Caucaso settentrionale, proponendo ai dissenzienti di andare nella confinante Turchia, e poi deportò gli inaffidabili dei distretti presso il fronte in una guerra imperialistica. E in secondo luogo, le deportazioni erano effettivamente ritenute “deportazioni di vendetta”. Il cavallo di razza Akhal-Teke [20], che sarebbe stato donato a Hitler dai ceceni, è probabilmente un mito, ma pochi ricordano che agli inizi degli anni '40, fra l'altro nel momento in cui la Wehrmacht tedesca sferrava l'attacco al Caucaso settentrionale, sui monti della Cecenia divampavano insurrezioni antisovietiche, per schiacciare le quali toccò, quasi come negli anni '90 e 2000, usare l'aviazione militare.



Ma anche in questo sta il problema, che nessuno in Russia vuol fare luce su come sono andate le cose in realtà. Dove sono motivi di incrudelimento reciproco. Lo si può superare e se sì, come? Il giorno del lutto e della memoria del 23 febbraio potrebbe diventare il giorno del riconoscimento e della riconciliazione. Ma non lo diventerà, finché preferiremo festeggiare mentre parte dei nostri concittadini si addolora. Finché ci sembrerà che il pentimento tedesco per il nazismo sia un goffo e complessato tributo a una stupida correttezza politica e non l'unico modo per la società di riabilitarsi, fra l'altro non nel senso giuridico, ma piuttosto nel senso medico della parola.



Ceceni e ingusci in Russia sono circa 1,5 milioni – qualcosa di più dell'1% della popolazione del paese. Qualcuno dirà che è troppo poco per farci attenzione, ma qualcuno, al contrario, che è troppo, in particolare dopo tutte le deportazioni, le guerre e in generale le spiacevolezze causate alla “maggioranza etnica”. Ma dove si può sputare sull'1%, di regola, è facile sputare anche sul restante 99%.



Ivan SUCHOV, 25.02.2010 09:12


Alla fine di febbraio per molti cittadini lavoratori è stata messo da parte un'altra festività inattesa, dedicata al Giorno del Difensore della Patria, noto in passato come Giorno dell'Esercito e della Marina Militare Sovietici. In forza della tradizione questa data in generale aveva cessato di essere una festa professionale dei militari e si era trasformata in uno strano contrappeso di gender del “giorno della donna” dell'8 marzo. Tra l'altro la data del 23 febbraio è dubbia da tutti i punti di vista e talvolta pare che sarebbe più adeguato fare di questo giorno un giorno di lutto. Nessuna gloria militare della storia russa è legata a questo giorno e peraltro questo ogni anno coincide con il giorno della memoria della totale deportazione del popolo ceceno e di quello inguscio – un avvenimento tragico, che spiega molto della politica caucasica contemporanea e dei rapporti degli abitanti del Caucaso settentrionale con tutti gli altri russi.



Si ritiene pure che nel Caucaso la pace, la Cecenia e l'Inguscezia vivano l'ennesima sciagura. Subito prima della festività nel bosco al confine tra di esse un grande gruppo di poveri paesani che raccoglievano aglio orsino si è trovata in una zona di operazioni speciali delle forze federali. Secondo i comunicati ufficiali, alcuni civili sono caduti sotto il fuoco sotto il fuoco incrociato delle forze federali e dei militanti, ma un testimone sopravvissuto per miracolo, un ceceno di 19 anni, dice che non c'è stato un fuoco incrociato. Che i federali, evidentemente, hanno preso lui e I suoi amici per militanti, perché altrimenti è difficile spiegare perché li hanno fatti prigionieri e in seguito abbiano ucciso a colpi d'arma da fuoco alcuni di loro. I presidenti di entrambe le repubbliche Ramzan Kadyrov e Junus-Bek Evkurov hanno cercato di far luce sull'accaduto, ma ciò è sempre difficile quando si tratta delle strutture armate.



Su questo sfondo in Inguscezia è quasi successo uno scandalo: è venuto a conoscenza dell'opinione pubblica locale il piano delle iniziative del presidente Junus-Bek Evkurov, che, essendo egli stesso un militare, si preparava a festeggiare i colleghi. Al presidente è toccato invitare gli sconvolti abitanti della repubblica e spiegare che nel giorno di lutto non ci sarebbe stato e non avrebbe potuto esserci alcun festeggiamento. E, perché le date non si incrociassero, fare una visita formale di festeggiamento ai reparti militari alla vigilia, il 22 febbraio.



Fare gli auguri a un ceceno o a un inguscio per il Giorno del Difensore della Patria non è tanto un'offesa, quanto un'estrema mancanza di tatto. Tuttavia la televisione nella festività non ha fatto altro che fare gli auguri. E su un canale centrale hanno mostrato una dopo l'altra tutte le puntate di un serial sull'ultima guerra cecena, in cui ceceni erano indubbiamente il Male e i militari russi il Bene assoluto. Chissà perché a nessuno dei capi televisivi e politici del paese, che si considera multietnico, è venuto in mente come tutto questo “bene” appaia, per esempio, in un villaggio dove hanno appena sepolto dei raccoglitori di agli orsino uccisi, eppure i televisori funzionano anche là. E molti, se non tutti, considerano se stessi e le proprie famiglie vittime dei “difensori della Patria”.



Fra l'altro ieri, 24 febbraio, ha ricordato il giorno della propria indipendenza l'ex repubblica sovietica di Estonia. Nonostante l'ostentata preoccupazione delle autorità russe per le persone di etnia russa che 19 anni dopo la caduta dell'URSS costituiscono quasi un terzo della popolazione di questo piccolo paese, il giorno dell'indipendenza dell'Estonia in Russia non è entrato nella lista dei temi televisivi. Eppure le nostre feste non a caso si ricordano di seguito.



Il 24 febbraio 1918 a Revel' (così allora si chiamava Tallin) ebbe termine il potere dei bolscevichi, mantenutosi là assai poco, e il comitato di salvezza nazionale dichiarò l'Estonia repubblica democratica indipendente. Esattamente il giorno seguente i tedeschi entrarono a Revel'. Ma l'indipendenza proclamata da un giorno bastò perché le potenze europee la riconoscessero. Quando la stessa Germania del Kaiser cadde nel novembre 1918, il precedente del 24 febbraio divenne la base per la formazione di un paese indipendente. L'unione dei paesi baltici all'URSS nel 1940 non fu così riconosciuta legale dalla maggior parte dei paesi occidentali, finché l'URSS nella fase finale della propria esistenza, nel settembre 1991, non acconsentì alla sovranità di Estonia, Lettonia e Lituania.



Il 24 febbraio 1918 i bolscevichi si muovevano ardentemente verso la conclusione della pace di Brest-Litovsk con i tedeschi, pesantissima per la Russia. Alla firma dell'accordo mancavano solo un attacco tedesco e esattamente una settimana di tempo. L'attacco dei tedeschi, sferrato il 24 febbraio, si rivelò un po' più reale dei semi-mitici successi dell'appena creata Armata Rossa presso Pskov [1] e Narva: se anche ci furono, risultarono cancellate da Brest. Cosicché il senso di orgoglio militare russo nel giorno 23 febbraio sembra un po' stiracchiato.



Neanche con la deportazione di ceceni e ingusci è tutto semplice. Ceceni e ingusci certamente non furono gli unici a cadere sotto il rullo compressore delle repressioni staliniane in generale e delle deportazioni in particolare. Per primi nel volano della deportazione totale nell'agosto 1941 finirono i 367000 tedeschi del Volga [3]. Ad essi in parte seguirono ungheresi, bulgari e finlandesi – per il motivo che i loro paesi di origine combattevano dalla parte della Germania hitleriana. In seguito, in pratica totalmente, furono deportati calmucchi [4], carachi [5], balcari [6], tatari di Crimea, nogai [7], turchi della Moschia [8], greci del Ponto. In parte bulgari, zingari della Crimea, curdi.



Ceceni e ingusci si rivelarono semplicemente di voce più forte degli altri. Il giorno dell'operazione “Lenticchia” [9], il 23 febbraio 1944, quando gli agenti dello NKVD [10] portarono via dalle loro case 362000 ceceni e 134000 ingusci, li caricarono su vagoni non riscaldati e li inviarono nell'orribile gelo di febbraio nelle nude steppe del Kazakistan, è diventato più noto delle date delle deportazioni dei tedeschi del Volga o, mettiamo, dei carachi.



La Cecenia ebbe la sua Chatyn' [11] – Chajbach [12], i cui abitanti, che avevano rifiutato di trasferirsi, furono bruciati vivi. Un enorme numero di persone rimase congelato per la strada. Ma quelli che sopravvissero furono forgiati da molte comunità agrarie sparse e da tejp [13] arcaici in un'integrità etnica. Naturalmente nella loro carta del mondo l'odio aveva un posto enorme. Accumulato nelle relativamente recenti memorie della Grande Guerra Caucasica del XIX secolo, del generale Ermolov [14] e dell'imam Šamil' [15], fu rafforzato cento volte dalla deportazione.



Per chiarezza immaginate cosa sentireste nei confronti di uno stato che non passasse semplicemente le vostre città al pettine della repressione, ma un bel giorno trasformasse tutto il vostro popolo, senza differenze di sesso e di età, dai piccoli ai grandi, in prigionieri senza diritti. Che vi scaraventasse in vagoni merci congelati e vi portasse in una steppa lontana e straniera per 13 lunghi anni. E poi tra i denti vi permettesse di tornare, senza scusarsi di nulla, ma come continuando a guardarvi storto.



Il cronista del GULAG Aleksandr Solženicyn, visti i ceceni esiliati in Kazakistan, li pose a parte tra tutte le altre vittime per motivi etnici: “I ceceni... sono pesanti per gli abitanti dei dintorni... rozzi, sfacciati, non amano apertamente i russi. Ma meritava... mostrare l'indipendenza, il coraggio – e la condiscendenza dei ceceni era allora conquistata! Quando ci sembra che ci rispettino poco – bisogna verificare se viviamo così”.



E altrove: “C'era un'etnia che non si era affatto arresa alla psicologia della sottomissione. Non delle persone isolate, non dei rivoltosi, ma tutta l'etnia al completo. Si tratta dei ceceni... Dopo che una volta li avevano strappati ai loro luoghi con fare da traditori, questi ancor di più non credevano a nulla... in nessun posto cercarono di soddisfare o piacere ai capi – ma furono sempre orgogliosi davanti a loro e perfino apertamente ostili. Disprezzando le leggi dell'istruzione generale e quelle scienze scolastiche di Stato, non facevano andare a scuola le loro bambine, perché non si sciupassero là e non ci facevano andare neanche tutti i bambini. Non mandavano le loro donne al kolchoz. Ed essi stessi non si curvavano nei campi dei kolchoz. Più di tutto cercavano di diventare autisti: star dietro a un motore non è umiliante, nel continuo movimento dell'automobile trovavano la soddisfazione delle loro passioni da džigit [16], nelle possibilità degli autisti quella delle loro passioni ladresche. Fra l'altro quest'ultima passione la soddisfacevano anche immediatamente. Portarono nel pacifico, onesto, sonnacchioso Kazakistan un concetto: “hanno rubato”, “hanno ripulito”. Potevano trafugare bestiame, depredare una casa e talvolta anche semplicemente strappare qualcosa con la forza. Gli abitanti locali e quei deportati che così facilmente si sottomettevano ai capi, li valutavano quasi come della loro stessa natura. Rispettavano solo i rivoltosi”.



Non stupisce che questo rispetto per i rivoltosi sia esploso poi, 35 anni dopo l'“amorevole” concessione di tornare a casa, con due pesantissime guerre. In cui divennero comandanti quelli che erano nati in esilio e soldati i loro figli. E soffrirono tra gli altri i vecchi, che ricordavano la deportazione.



Io, persona di una famiglia in cui c'è a chi fare gli auguri il 23 febbraio per la festa dei militari di professione, non dimenticherò mai due vecchi caucasici piegati dall'età con un abisso assoluto di delusione negli occhi scoloriti. Un ceceno, che si era rifugiato in un freddo vagone cuccetta in mezzo a un campo innevato, in un treno dato come abitazione ai profughi della Groznyj distrutta. Come un telescopio si era tutto rannicchiato e si copriva la testa con le mani, quando sul pavimento del vagone spostavano uno sgabello – gli sembrava che di nuovo tuonasse una cannonata. E un inguscio, che aveva combattuto con i tedeschi nella Grande Guerra Patriottica [17] ed era stato ferito così gravemente presso Novorossijsk [18] che avevano comunicato alla sua famiglia che non sarebbe sopravvissuto. Quando tornò a casa dal fronte risultò che la sua famiglia, tutto il villaggio e tutto il popolo erano stati deportati in Kazakistan. E nel 1992 la sua famiglia si trovò nel pieno del conflitto osseto-inguscio nel distretto Prigorodnyj [19], il quale (conflitto) di per se è stata eredità diretta della deportazione degli ingusci. 15 anni dopo il conflitto nel distretto Prigorodnyj sedeva presso la sua roulotte da profugo e con gli occhi mezzi accecati guardava il suo vecchio giardino, che si trovava a 500 metri di distanza. Ma dall'altra parte della frontiera amministrativa impossibile da attraversare per lui tra due regioni russe – l'Inguscezia e l'Ossezia del Nord.



Alcuni storici ossequenti della “civiltà sovietica” ricordano che le deportazioni staliniane, in primo luogo, non furono un “esperimento” unico: il governo zarista negli anni 1860-1870 inizialmente esiliò in pianura i montanari del Caucaso settentrionale, proponendo ai dissenzienti di andare nella confinante Turchia, e poi deportò gli inaffidabili dei distretti presso il fronte in una guerra imperialistica. E in secondo luogo, le deportazioni erano effettivamente ritenute “deportazioni di vendetta”. Il cavallo di razza Akhal-Teke [20], che sarebbe stato donato a Hitler dai ceceni, è probabilmente un mito, ma pochi ricordano che agli inizi degli anni '40, fra l'altro nel momento in cui la Wehrmacht tedesca sferrava l'attacco al Caucaso settentrionale, sui monti della Cecenia divampavano insurrezioni antisovietiche, per schiacciare le quali toccò, quasi come negli anni '90 e 2000, usare l'aviazione militare.



Ma anche in questo sta il problema, che nessuno in Russia vuol fare luce su come sono andate le cose in realtà. Dove sono motivi di incrudelimento reciproco. Lo si può superare e se sì, come? Il giorno del lutto e della memoria del 23 febbraio potrebbe diventare il giorno del riconoscimento e della riconciliazione. Ma non lo diventerà, finché preferiremo festeggiare mentre parte dei nostri concittadini si addolora. Finché ci sembrerà che il pentimento tedesco per il nazismo sia un goffo e complessato tributo a una stupida correttezza politica e non l'unico modo per la società di riabilitarsi, fra l'altro non nel senso giuridico, ma piuttosto nel senso medico della parola.



Ceceni e ingusci in Russia sono circa 1,5 milioni – qualcosa di più dell'1% della popolazione del paese. Qualcuno dirà che è troppo poco per farci attenzione, ma qualcuno, al contrario, che è troppo, in particolare dopo tutte le deportazioni, le guerre e in generale le spiacevolezze causate alla “maggioranza etnica”. Ma dove si può sputare sull'1%, di regola, è facile sputare anche sul restante 99%.


http://www.ingushetia.org/news/21593.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Città russa non lontana dal confine con l'Estonia.


[2] Città estone ai confini con la Russia.


[3] Discendenti dei tedeschi entrati in Russia al seguito della tedesca Caterina II.


[4] Popolo caucasico di origine mongolica.


[5] Popolo caucasico di origine turca.


[6] Popolo caucasico di origine turca.


[7] Popolo caucasico di origine mongolica.

[8] Regione della Georgia sud-occidentale.

[9] In russo Čečevica, parola che suona simile a Čečenija, “Cecenia”.

[10] Nardonyj Komissariat Vnutrennich Del (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni), la terribile polizia segreta staliniana.

[11] Villaggio della Bielorussia centrale, i cui abitanti furono bruciati vivi dai nazisti.

[12] Villaggio della Cecenia orientale.

[13] Clan caucasici.

[14] Aleksej Petrovič Ermolov, condottiero della guerra per la sottomissione del Caucaso.

[15] L'imam che cercò di riunire il Caucaso in uno stato teocratico islamico.

[16] Cavallerizzi acrobatici.

[17] Così viene chiamata la guerra con i nazisti per esaltarla più della Guerra Patriottica contro Napoleone.

[18] Città della Russia meridionale.

[19] Il distretto Prigorodnyj (Periferico) prima della deportazione faceva parte della repubblica di Cecenia e Inguscezia, ma poi fu dato alla confinante Ossezia del Nord e non più restituito.

[20] Razza turkmena pregiatissima.

Giornata della Famiglia

Brochure Giornata Della Famiglia 2010 Def

22 febbraio 2010

La Giornata della Memoria della deportazione degli Ingusci

23 febbraio – giornata di lutto nazionale del popolo inguscio


Ingushetia.Org, 22.02.2010 09:55


Quest'anno il popolo inguscio ricorda il 66° anniversario della deportazione. Per ordine della leadership dell'URSS nel periodo dal 23 febbraio al 9 marzo 1944 fu effettuato la deportazione in massa di ingusci e ceceni in Asia centrale e nel Kazakistan.


Secondo la versione ufficiale il 31 gennaio 1944 fu approvata la disposizione del GKO [1] dell'URSS n. 5073 sulla soppressione della ASSR [2] ceceno-inguscia e la deportazione della sua popolazione “Per collaborazione con gli occupanti fascisti”. Il risultato dell'analisi accurata di tutta l'unica ricchezza degli archivi speciali sul tema del tradimento è univoco: in nessuno dei documenti declassificati, comprese le chiacchierate “Cartelle speciali” del Politbjuro, sono state trovate prove abbastanza serie della colpevolezza del popolo ceceno e di quello inguscio (vedi: Zen'kovič N., “Tajny ušedšego veka. Granicy. Spory. Obidy” [3], Мosca, Olma-Press, 2004, pagg. 569-570). Le ciniche accuse furono mosse contro l'intero popolo, nonostante che dai primi giorni della Grande Guerra Patriottica [4] migliaia di ingusci avessero combattuto eroicamente al fronte, difendendo la patria dagli invasori fascisti. Per giustificare queste azioni della macchina della deportazione la guerra divenne lo sfondo ideale “per la realizzazione della dottrina dell'inaffidabilità dei popoli”.


La Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Ceceno-Inguscia fu soppressa e il suo territorio fu diviso tra le regioni vicine – Daghestan, Ossezia del Nord e territorio di Stavropol' [5]. In conseguenza dell'operazione speciale condotta dalle forze dello NKVD [6] con il nome in codice “Čečevica[7], nel corso di alcuni giorni furono esiliati 134178 ingusci (GARF [8], Fondo Р-9479, documento 1, punto 925, foglio 125). Solo nel corso dell'operazione secondo i dati ufficiali furono uccise 780 persone e furono arrestati 2016 “elementi antisovietici”. Decine di migliaia di persone tra i deportati morirono già per la strada verso il luogo di deportazione, altre decine di migliaia persero la vita nei primi anni di esilio per il freddo, la fame e le malattie. Secondo questo stesso documento il 1 gennaio 1954 si contavano già solo 85000 ingusci.


La tragedia di un popolo represso è un duplice dolore, perché non c'è maggiore infelicità per una nazione che perdere la patria.


Con un decreto del Praesidium del Soviet Supremo dell'URSS del 9 gennaio 1957 la ASSR ceceno-inguscia fu ristabilita. Nel 1991 fu approvata la Legge “Sulla riabilitazione dei popoli repressi” [9], tuttavia l'applicazione pratica di questo documento è stata complicata da molti fattori, in particolare dalle discussioni protrattesi fino ad oggi sull'appartenenza amministrativa di una serie di territori.


In ricordo dei tragici avvenimenti del febbraio-marzo del 1944 ogni anno il 23 febbraio in Inguscezia si celebra il Giorno della memoria delle vittime della deportazione. In Inguscezia per il 23 febbraio di quest'anno è in programma una manifestazione di lutto presso il monumento alle vittime delle repressioni politiche a Nazran' [10], sono state organizzate serate della memoria nella Case della Cultura, mostre a tema nel museo IZO [11], nel museo etnografico, nella biblioteca nazionale. Nelle moschee della repubblica si svolgono riti religiosi in memoria dei morti in conseguenza della deportazione.


Che la luminosa memoria delle vittime della deportazione ci rammenti il nostro sacro dovere davanti alla Patria e alle future generazioni.


Dala gešt dolda vaj mechka ģioazot bajnačarna [12]!

[1] Gosudarstvennyj Komitet Oborony (Comitato Statale per la Difesa).

[2] Avtonomnaja Sovetskaja Socialističeskaja Respublika (Repubblica Socialista Sovietica Autonoma).

[3] “Segreti del secolo passato. Confini. Discussioni. Offese”.

[4] La guerra contro la Germania nazista e i suoi alleati.

[5] Città della Russia meridionale.

[6] Narodnyj Komissariat Vnutrennich Del (Commissariato Popolare per gli Affari Interni), la terribile polizia segreta di Stalin.

[7] “Lenticchia” (nome scelto perché simile a Čečenija, “Cecenia”).

[8] Gosudarstvennyj Archiv Rossijskoj Federacii (Archivio di Stato della Federazione Russa).

[9] Le leggi sovietiche e russe sono indicate con il titolo.

[10] Ex capitale della repubblica di Inguscezia.

[11] IZObrazitel'nye Iskusstva (Arti Figurative).

[12] Frase in inguscio che non sono in grado di tradurre.

La Russia democratica e capitalista (e spendacciona) di Medvedev e Putin, dove nel 2010 si coniano medaglie con l'effigie di Stalin

Il compagno Stalin in 3D



I deputati hanno fatto un ordine a livello statale per la produzione di decorazioni e souvenir. Il totale è 45 milioni di rubli [1]. Sarà preparata una copia dell'“Ordine della Vittoria” con gli strass e la medaglia “Stalin Iosif Vissarionovič” (con tecnologia 3D)


Alla fine dello scorso anno la “Novaja gazeta” insieme ai giovani di “Jabloko” [2] di Piter [3] ha fatto i conti del premio mirato “Scovolo d'oro-2009”*.

Continuiamo a seguire gli acquisti insensati con denaro pubblico, che non si fermano per un minuto**. La scorsa settimana la Duma regionale di Mosca ha in programma di siglare un contratto statale per la produzione di decorazioni e souvenir (per 15 e 30 milioni di rubli [9] rispettivamente). Tra l'altro sarà preparato la targa d'onore “Per il contributo allo sviluppo della legislazione”, una copia dell'“Ordine della Vittoria” con gli strass e una medaglia con l'immagine di Stalin con tecnologia 3D.

Per il 26 febbraio 2010 è stata indetta la resa dei conti del concorso annunciato dalla Duma regionale di Mosca. Oggetto dell'acquisto: “Fornitura di prodotti per decorazioni e souvenir”. Lotto n. 1 – prodotti per decorazioni: 900 pezzi per 15 milioni di rubli. Lotto n. 2 – prodotti per souvenir per 30 milioni di rubli, 21740 pezzi.

Il lotto n. 1 include tra l'altro (qui e in seguito l'ortografia e la punteggiatura della fonte sono conservati):

“La targa d'onore del Presidente della Duma regionale di Mosca “PER IL LAVORO”. La base della targa… rappresenta una croce a otto punte dorata e smaltata e una stella a quattro punte… Nei bracci della croce è steso uno smalto trasparente di gioielleria (caldo) di colore azzurro… Alle punte dei bracci sono fissati 8 pezzi di zirconia cubica di colore bianco… Il pendaglio in forma ovale di dimensioni non superiori a 24 mm х 14 mm è creato con la tecnica degli smalti caldi di gioielleria di colore azzurro opaco con la scritta “PER IL LAVORO” senza virgolette. Nella cornice dell'ovale sono inseriti pezzi di zirconia cubica. Non meno di 30 pezzi.

Tutti i dettagli della targa hanno una copertura galvanica in oro non inferiore a 5 micron”.

Nell'ordine c'è anche la “Targa d'onore “Per il contributo allo sviluppo della legislazione” di I grado – “…una croce greca rossa a quattro punte con le punte arrotondate …Al centro della croce è disposto un medaglione ovale bianco con un nastro azzurro… La croce è posta su un basamento ovale, creato in forma di nastro stilizzato dell'Ordine di Lenin decorato con zirconi. Tutti gli elementi della targa sono creati in lega di rame con ulteriore copertura di smalti di gioielleria e con una copertura galvanica decorativa (doratura, argentatura)”.

Ma particolarmente interessante nell'ordine è il completo da decorazione “Condottieri della Vittoria”, che consta di 18 medaglie e di una copia dell'“Ordine della Vittoria”. Tra le decorazioni c'è la medaglia “Stalin Iosif Vissarionovič”… di diametro non inferiore a 40 mm, di spessore base non inferiore a 4 mm”. Su richiesta del committente la medaglia dev'essere preparata “con il metodo del conio chiuso a freddo di alta qualità. La medaglia è preparata in lega di tombacco (L90) con la seguente applicazione di una copertura protettiva con argentatura e ossidazione. Argento di marca SP [10] 99,99, di spessore non inferiore a 0,012 mm… Sulla faccia (verso) della medaglia – nella parte centrale un immagine in rilievo del busto del comandante supremo in uniforme militare con i segni distintivi e le decorazioni importanti, preso dai materiali fotografici d'archivio dell'Amministrazione centrale dei quadri del ministero della Difesa russo, incorniciata da un bordo sottile. Nella parte superiore la scritta tondeggiante che mostra il testo “Stalin I.V.” senza virgolette… Ai lati – foglie d'alloro, che simboleggiano la gloria e il valore militare… Ogni lato della medaglia è creato con tecnologia 3-D, gli altorilievi (le sculture) di base dei ritratti, lo stemma, le corone sono preparate con il metodo della modellatura manuale con un ulteriore accurato complemento di incisione a mano”.

Se alla medaglia in 3D saranno allegati gli occhiali tridimensionali non viene comunicato.

Nel completo oltre a Stalin ci sono le medaglie “Žukov Georgij Konstantinovič[11], “Vasilevskij Aleksandr Michajlovič” [12], “Konev Ivan Stepanovič[13], “Govorov Leonid Aleksandrovič[14], “Rokossovskij Konstantin Konstantinovič” [15] e altri.

Chiude il completo una copia della decorazione “Ordine della Vittoria” in forma di stella a cinque punte con un medaglione al centro… La stella di dimensioni non inferiori a 70 mm è fusa in alpacca con seguente argentatura. Argento di marca SP 99,99… La parte centrale è fusa in ottone (L85) con seguente doratura. Oro di marca Zl. [16] 99,99 Gost [17] 6835-2002. Sulla stella e sulle incorniciature sono disposte pietre di strass di dimensioni a 1,5 mm a 2,5 mm in quantità non inferiore a 60 pezzi…”. Per l'ordine è stato ordinato un astuccio da regalo… “di legno prezioso (ciliegio nano malese, mogano, noce)”.

A chi toccheranno tutte queste grandi cose? Al numero di telefono indicato nell'ordine non hanno potuto rispondere. AVILOV Vladimir Jur'evič (amministrazione degli affari della Duma regionale di Mosca, capo della sezione degli acquisti di Stato ), come si è chiarito, risponde solo “della disposizione dell'ordine e della conduzione delle trattative”, ma poi si rifiuta di commentare. Il sig. Avilov ha indirizzato la “Novaja gazeta” all'ufficio stampa della Duma regionale di Mosca. Nell'ufficio stampa hanno precisato che l'addetto a rispondere è proprio il signor Avilov.

Nel lotto n. 2 (da 30 milioni) non risultano medaglie. Sono stati ordinati calendari e “completi VIP” (cartolina, biglietto e busta stampati con “utilizzo di bronzo e argento”), “vasi di cristallo di colore verde, rosso e bianco”, insalatiere e contenitori per caramelle, pendagli e penne a sfera con i simboli della Duma regionale di Mosca e molto altro.

Nella casella “manufatto da souvenir n. 25” si elenca il “completo per i veterani della VOV [18] in confezione blisterata”, in cui… no, non c'è uno Stalin a tre dimensioni e neanche un ordine, ma ecco quale completo, costituito da:

– “libretto dell'Armata Rossa (analogo al modello d'anteguerra, consegnato ad ogni soldato dell'Armata Rossa al momento dell'entrata in servizio). Il materiale della copertina è cartone di color oliva. Nell'ultima pagina del libretto c'è il testo del giuramento militare;

– penna a sfera automatica completa di ricarica. Il corpo della penna è a forma di cartuccia di metallo di colore dorato;

– targhetta di forma ovale in corpo unico in ottone lucido con copertura in resina trasparente;

– confezione blisterata con base di materiale di colore bordeaux “simil velluto” e coperchio superiore trasparente”.

La “Novaja gazeta” seguirà il corso degli acquisti.



Sotto testo

Iosif Vissarionovič viene affisso a Mosca

Per i 65 anni della Vittoria le autorità di Mosca installeranno degli stand informativi, che racconteranno il ruolo di Stalin nella Grande Guerra Patriottica con ritratti dell'efficace manager [19]. Questi stand appariranno già verso il 15 aprile, li porranno là, dove nella capitale si formarono i reparti popolari. Con tale richiesta si è rivolto alle autorità Vladimir Dolgich (presidente del consiglio cittadino dei veterani di guerra, del lavoro e degli organi di tutela dell'ordine di Mosca), noto per lo scandalo del cambiamento di nome della tavola calda “Antisovetskaja” [20].

A Volgograd si programma di erigere un monumento a Stalin, Roosevelt e Churchill (opera di Zurab Ceriteli [21]).

Nella città di Rasskazovo nella regione di Tambov [22] i deputati locali programmano di erigere un busto della Guida [23]. Il 5 febbraio gli abitanti della città hanno svolto una manifestazione di protesta.

Notizie sul desiderio di “gruppi di iniziativa” di erigere monumenti alla Guida giungono nell'anno del 65° anniversario della vittoria da altre regioni del paese.

Dossier della “Novaja gazeta”

Foglie sane e pulite, di color verde brillante, splendente…”

Breve osservazione di acquisti di Stato freschi

GOU [24] VPO [25] “Università Statale della Cecenia” propone per l'organizzazione e la conduzione di “iniziative culturali di massa dedicate alla Giornata Internazionale della Donna dell'8 marzo” una spesa di 499000 rubli [26].

L'università vuole ricevere: “regali, bouquet da regalo (fiori freschi), un concerto festivo con la partecipazione di artisti della musica leggera cecena e un buffet”.

Lo stesso istituto di istruzione superiore in quel giorno (15 febbraio) fa un altro ordine:

“Servizi per la preparazione di sale e facciate dell'Università Statale della Cecenia per la conduzione delle iniziative festive dedicate alla Giornata Internazionale della Donna”. Costo del contratto 492000 rubli [27].

L'“Università Statale di Ingegneria Economica di San Pietroburgo” non resta indietro nelle richieste. Il 9 febbraio l'istituto di istruzione superiore ha indetto un concorso per l'acquisto di “bouquet di fiori freschi” per 422000 rubli [28]. Nell'ordinazione tecnica c'è la precisazione – non sono necessari semplicemente fiori, ma “rose di fresco taglio. Paese d'origine: Olanda, Colombia, Ecuador. Steli diritti. Lunghezza dello stelo – 90, grandezza del bocciolo – non meno di 9 cm. Petali di colori brillanti, vivaci e forti. Gamma di colori: bianco, crema, rosa, verde, giallo, arancione, lillà, rosso, terracotta, bordeaux, azzurro, bicolore. Foglie bianche e pulite, di colore verde brillante, splendente, per tutta la lunghezza dello stelo. Tipo super-premium… exotic [29]…”.

“Il diritto di siglare un contratto di Stato per la consegna di un'automobile del “parco automobilistico” per le necessità dell'Università Stata della regione di Vologda [30] costa, secondo il committente, 4200000 rubli [31]. Il concorso è stato indetto nel dicembre 2009 nel sito degli ordini di Stato della regione di Vologda. E' richiesta un'automobile “nuova, non utilizzata, non rimessa a nuovo”. Più 75 punti nel settore del completo:

– sound system con 19 casse;
– abitacolo rivestito in pelle;
– rivestimento dell'abitacolo in legno di kewazingo”, ecc.

Un altro concorso automobilistico è stato trovato dai visitatori del sito: http://zakupki-news.livejournal.com/41285.html

“L'esecuzione del restauro del divano dell'ufficio della cattedra di Matematica della GOU “Università politecnica di Stato di San Pietroburgo” (notizia numero 100215/001388/738 del 15.02.10) costa, secondo il concorso, 345159 rubli e 88 copechi [32]. Nella notizia è detto che il divano si trova in uno “stato insoddisfacente”.

* Per i migliori acquisti fatti con mezzi finanziari pubblici consegniamo lo strumento per la pulizia del water (in onore degli scovoli da 13000 rubli [4], che nel 2008 furono acquistati dai funzionari di Piter). L'“oro” del 2009 fu preso dal capo del ministero degli Interni russo Rašid Nurgaliev per l'acquisto di mobili per il ministero per un totale di 25 milioni di rubli [5]. L'“argento” è stato dato al presidente del Comitato per l'amministrazione del patrimonio cittadino di San Pietroburgo Igor' Metel'skij per manipolazioni mediche ai collaboratori del comitato per 9 milioni e 290000 rubli. Lo “Scopetto di bronzo” è spettato a Jurij Čajka per l'acquisto da parte della Procura Generale di samovar, apparecchi per il whisky e altri souvenir per un totale di 19 milioni di rubli [6]. Più dettagliatamente qui: http://www.novayagazeta.ru/data/2009/144/03.html La premiazione ufficiale dei vincitori avrà luogo a marzo.

** Una notifica di acquisto è stata esposta anche alle 0.00 del 01.01.10. Nella notte di Capodanno è stata richiesta esattamente la “ristrutturazione generale dei laboratori” dello NII [7] per vaccini e sieri “I.I. Mečnikov” della RAMN [8]. Ora l'asta è stata sospesa.

Julija Balašova

19.02.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/018/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Quasi 1,08 milioni di euro.

[2] Partito di orientamento il cui nome (“Mela” in russo) si basa sui cognomi dei fondatori: JAvlinskij, Boldyrev e Lukin.

[3] Nome colloquiale di San Pietroburgo.

[4] Oltre 310 euro.

[5] Quasi 600000 euro.

[6] Oltre 455000 euro.

[7] Naučno-Issledovatel'skij Institut (Istituto di Ricerca Scientifica).

[8] Rossijskaja Akademija Medicinskich Nauk (Accademia Russa delle Scienze Mediche).

[9] Quasi 360000 e 720000 euro.

[10] Special'noe Podgotovlenie (Preparazione Speciale).

[11] Uno tra i principali artefici della vittoria sui nazisti.

[12] Capo di Stato Maggiore durante la II guerra mondiale.

[13] Maresciallo dell'Unione Sovietica.

[14] Maresciallo ed Eroe dell'Unione Sovietica.

[15] Generale caduto in disgrazia e liberato dal campo di prigionia per contribuire alla vittoria sui nazisti.

[16] Probabilmente sta per zoloto, “oro”.

[17] Gosudarstvennyj STandart (Standard di Stato).

[18] Velikaja Otečestvennaja Vojna (Grande Guerra Patriottica), la guerra contro i nazisti.

[19] Così viene definito Stalin nei manuali di storia.

[20] Dolgich protestò ufficialmente perché alla tavola calda “Antisovetskaja” (Antisovietica) di Mosca venisse fatto cambiar nome.

[21] In realtà Cereteli. Zurab Konstantinovič Cereteli è presidente dell'Accademia delle Belle Arti Russa.

[22] Città della Russia centro-meridionale.

[23] Vožd', termine analogo a Duce.

[24] Gosudarstvennoe Obrazovatel'noe Učreždenie (Istituto Statale di Istruzione).

[25] Vysšee Professional'noe Obrazovanie (Istruzione Professionale Superiore).

[26] Quasi 12000 euro.

[27] Circa 11800 euro.

[28] Oltre 10100 euro.

[29] Così nell'originale.

[30] Città della Russia settentrionale.

[31] Oltre 100700 rubli.

[32] Oltre 8270 euro.